Fosse per Trump, gli Stati Uniti non importerebbero più alcuna auto straniera. L’inquilino della Casa Bianca minaccia l’introduzione di tariffe pari al 20-25% per il settore automobilistico.
Non importa se le case di settore come Bmw, Mercedes e Volkswagen abbiano investito miliardi di dollari in impianti americani e che i loro dipendenti costruiscano ogni anno centinaia di migliaia di automobili nel Paese a stelle e strisce (molte delle quali destinate all’esportazione), Trump vorrebbe che ogni singola auto destinata al mercato americano fosse costruita sul territorio nazionale.
Certo è che le minacce tariffarie ora minano un modello di business (quello tedesco in particolare) e rallentano l’evoluzione di settore (addio al diesel, introduzione sul mercato delle auto elettriche): il problema è molto più esteso di quello che si pensi. E se Bmw e Mercedes sarebbero colpiti in particolar modo dall’introduzione dei dazi, tra le vittime si possono citare anche Hyundai e Magna International Inc., costruttore canadese di ricambi auto, che in queste ultime ore hanno chiesto al segretario al Commercio americano, Wilbur Ross, un intervento decisivo ed urgente per frenare i piani di Trump.
BMW CHIEDE A TRUMP DI BLOCCARE LE TARIFFE
L’appello a Donald Trump è chiaro: niente nuove tariffe per il settore automobilistico. Nelle ultime ore, a chiederlo, sono state anche BMW e Hyundai.
“Sembra che la minaccia di imporre queste sanzioni sia finalizzata a raggiungere determinati obiettivi”, di legge, secondo quanto riferito dal quotidiano tedesco Welt am Sonntag, nella lettera della BMW indirizzata al segretario al Commercio Wilbur Ross.
La casa automobilistica di lusso con sede a Monaco di Baviera ha anche ricordato, nella lettera, che il suo investimento di quasi 9 miliardi di dollari nello stabilimento di Spartanburg, in Carolina del Sud, contribuisce alla creazione di oltre 120.000 posti di lavoro negli Stati Uniti.
Un eventuale guerra commerciale, infatti, farebbe trovare Bmw e Mercedes davanti ad un problema davvero grande, come ha sottolineato anche il mercato che, subito dopo l’annuncio del presidente Donald Trump, ha castigato in Borsa solo Bmw e Mercedes. Sul mercato americano infatti arriva la maggior parte delle auto di fascia alta dei due marchi tedeschi che a colpi di S-Class e Serie 7 fanno affari d’oro. In America, invece, vengono prodotti modelli chiave, come la GLE e la X5.
SI METTE MALE ANCHE PER HYUNDAI
Anche Hyundai Motor Co. si è unita al coro per bloccare l’introduzione delle tariffe, che avrebbero conseguenze “devastanti” per la casa automobilistica coreana e per le sue operazioni negli Stati Uniti.
Le tariffe “non solo danneggerebbero le attività commerciali di Hyundai Motor negli Stati Uniti e i lavoratori e le comunità americane supportate dall’azienda, ma metterebbero a repentaglio anche i piani di Hyundai Motor per ulteriori investimenti statunitensi”, ha dichiarato Hyundai Motor nella lettera al Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, datata 29 giugno.
La casa automobilistica di Seoul ha insistito sul fatto che le sue importazioni di automobili e componenti automobilistici negli Stati Uniti non costituiscono una minaccia alla sicurezza, aggiungendo che gli Stati Uniti e la Corea del Sud “condividono un interesse di sicurezza nazionale comune per fermare le ambizioni nucleari della Corea del Nord.”
Ad oggi, Hyundai ha investito circa 8,3 miliardi di dollari negli Stati Uniti e impiega direttamente 25.000 lavoratori. Un eventuale introduzione delle tariffe farebbe aumentare il costo di produzione del 10%.
COLPITI ANCHE I COSTRUTTORI DI RICAMBI
A fare appello al Presidente Donal Trump anche la canadese Magna International Inc., produttore di ricambi per auto, che sostiene che i dazi influenzerebbero negativamente sia gli Stati Uniti sia il Canada, tagliarebbero posti di lavoro e aumenterebbero i prezzi per i consumatori.
“Le tariffe o altre barriere commerciali sulle automobili e / o sulle parti automobilistiche importate indebolirebbero l’economia statunitense e minaccerebbero di minare l’intera industria automobilistica statunitense”, ha scritto James Tobin, chief marketing officer di Magna, nella lettera al Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti.
ANCHE GENERAL MOTORS CONTRO TRUMP
Ad alzare la voce contro l’introduzione della tariffe è stata anche la principale casa automobilistica americana, General Motors, che ha avvertito i dazi sulle vetture e la componentistica d’importazione, in aggiunta alle sanzioni già entrate in vigore su acciaio e alluminio, avrebbero un effetto boomerang, danneggiando occupazione e espansione dell’azienda e del settore, portando “meno investimenti, meno posti di lavoro e salari più bassi”.
L’azienda ha sottolineato che le auto più colpite dai dazi saranno quelle destinate ai consumatori meno abbienti, provocando una forte riduzione della domanda e, ovviamente, una brusca frenata della produzione.