Solo tre settimane fa il governo annunciava lo stanziamento di 2,9 milioni di euro per sostenere l’itticoltura messa in pericolo dall’invasione del granchio blu nel Mar Adriatico, non solo nemico degli allevamenti di cozze, vongole, ostriche e orate ma anche in grado di tagliare le reti da pesca con le sue chele aguzze.
Si trattava della specie Callinectes sapidus, crostaceo originario dell’Atlantico del Nord, ma ora un team di ricerca dell’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irbim) di Ancona ha dimostrato la presenza nelle stesse acque, di una seconda specie, il Portunus segnis, di cui Ernesto Azzurro, biologo marino e dirigente di ricerca dell’Istituto aveva già parlato a Startmag.
LA SCOPERTA DEL CNR
Dopo il granchio blu Callinectes sapidus, che ha recentemente invaso le principali aree di produzione dei molluschi bivalvi dell’Adriatico con severi impatti ecologici ed economici nelle regioni del Veneto e dell’Emilia-Romagna, il team di ricerca del Cnr-Irbim ha pubblicato uno studio su BioInvasion Records in cui dimostra la presenza nel Mar Adriatico di una seconda specie di granchio blu, il Portunus segnis, originario del Mar Rosso e dell’Oceano Indiano occidentale.
Il loro lavoro fornisce la prima evidenza della presenza del Portunus segnis nel nostro mare. La specie, oggi segnalata nella regione Marche, ad Ancona, grazie alla cattura di un singolo esemplare, era stata già osservata in Sicilia.
“Questo importante risultato è stato possibile grazie alla preziosa collaborazione con i pescatori locali, che hanno catturato la specie e prontamente avvertito il nostro Istituto”, ha dichiarato Fabio Grati, primo ricercatore del Cnr-Irbim e primo autore dello studio.
NON DOVREBBE DIVENTARE UNA NUOVA INVASIONE
“Questo arrivo – ha precisato Azzurro – è con tutta probabilità una nuova introduzione attribuibile al trasporto navale, verosimilmente alle acque di zavorra. Considerate le caratteristiche ecologiche del granchio blu del Mar Rosso e il suo range di tolleranza termica, pensiamo che il nord Adriatico non sia ancora un ecosistema ospitale per questa specie e questo dovrebbe al momento scongiurare il rischio di una doppia invasione di granchi blu in Adriatico”.
“Il cambiamento climatico – prosegue – sta tuttavia aumentando la vulnerabilità del nostro mare a questo tipo di colonizzazioni, quindi il fenomeno va monitorato attentamente, attraverso una strategia nazionale”.
DA DISGRAZIA A FONTE DI SOSTENTAMENTO, IL CASO DELLA TUNISIA
“Anche il granchio blu del Mar Rosso, come il granchio blu americano – ha spiegato Azzurro -, trova il suo habitat ideale tra gli ambienti lagunari e il mare aperto e può sviluppare popolazioni con altissime abbondanze”.
Come già suggerito dall’esperto nel podcast di Startmag, entrambe le specie di granchio blu possiedono altissime proprietà nutritive e gastronomiche e, infatti, l’impiego di questi crostacei come nuove risorse di pesca è la strategia adottata da molti Paesi del Mediterraneo per gestire la problematica sul lungo termine.
“Il granchio blu del Mar Rosso, morfologicamente ed ecologicamente simile al granchio blu Atlantico C. sapidus, ha già colonizzato, attraverso il Canale di Suez, i settori più orientali del Mediterraneo, con conseguenze inizialmente drammatiche per la pesca tunisina. Questa specie – ha aggiunto – è oggi una delle risorse di pesca più importanti per la Tunisia, trasformata e commercializzata nei mercati esteri”.