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Organizzazione Mondiale Della Sanità Oms

Tutti gli errori dell’Italia contro la pandemia. Parla il generale Lunelli

Che cosa hanno sbagliato le istituzioni nel contrastare la pandemia secondo Pier Paolo Lunelli, un generale dell'esercito in pensione che nella sua carriera è stato autore di protocolli per piani pandemici in diversi Stati europei

“Tra il 2007 e il 2012 dovevamo sviluppare le capacità necessarie per gestire una pandemia. Ci sono molti indizi che ci dicono che questo aspetto è stato sottovalutato”. Queste sono le parole di Pier Paolo Lunelli, un generale dell’esercito in pensione che nella sua carriera è stato autore di protocolli per piani pandemici in diversi Stati europei, responsabile della Scuola interforze per la difesa Nbc, la struttura che forma il personale militare e quello ministeriale al contrasto delle minacce di tipo biologico, radiologico e chimico ed ha lavorato anche per la Nato.

Il generale da mesi analizza gli errori dell’Italia nella risposta al coronavirus ed ha prodotto un rapporto di 131 pagine che entrerà tra gli atti della causa civile dei familiari delle vittime contro il Governo e la Regione e nell’indagine della Procura di Bergamo, che indaga per il reato di epidemia colposa. 

Le inadempienze dell’Italia secondo Lunelli

Una ricerca accurata che accusa l’Italia di non aver preparato per tempo un piano pandemico che la mettesse a riparo dall’eventualità di pandemia come quella da Covid-19 che, fino a oggi, ha infettato 2,4 milioni di persone e ha mietuto più di 84mila vittime. “Un piano deve indicare chi fa cosa e deve anche assegnare le risorse per poterlo eseguire – ha detto Lunelli a La7 –  se queste risorse non sono state sviluppate nel periodo dei 5 anni intercorsi tra il 2007 e il 2012 è chiaro che non ci siamo fatti trovare pronti”.

Secondo il rapporto di Lunelli nella finestra 2012-14 l’Italia avrebbe dovuto procedere non solo “all’elaborazione ex novo del piano pandemico nazionale, come chiedevano le linee guida dell’Oms nel 2013, il Parlamento europeo e la Commissione europea ma anche il completamento delle otto capacità previste dal RSI senza le quali i piani sono soltanto libri dei sogni”, si legge nel piano. Oltre a queste sarebbe stato necessario “sviluppare scenari e condurre la valutazione del rischio, come richiesto dall’Oms. Il primo documento ufficiale che delinea scenari e rischi è stato pubblicato solo nell’autunno del 2020”.

L’Italia avrebbe risparmiato 10mila vittime secondo Lunelli

Se il nostro Paese avesse aggiornato il proprio piano pandemico seguendo le linee guida indicate negli anni scorsi dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) avrebbe potuto risparmiare almeno diecimila morti.

Le core capacity: l’assenza di investimenti secondo Lunelli

Nel suo duro atto di accusa l’ex generale Lunelli imputa all’Italia di aver trascurato di sviluppare le “8 capacità fondamentali per fronteggiare una pandemia” come sarebbe stata obbligata a fare dal Regolamento sanitario internazionale (RSI) dell’Oms. Il dossier del generale afferma che il primo documento italiano sulle “core capacity” sarebbe stato pubblicato “nell’autunno 2020 dal Ministero della Sanità e dall’Istituto Superiore della Sanità, il primo corso di contact tracing è partito a ottobre 2020 e i relativi protocolli erano stati diramati soltanto qualche mese prima”. Oltre a questo, continua Lunelli facendo riferimento a quanto prescritto dal Regolamento, si sarebbe dovuto “investire sull’efficienza della sanità, sul suo dispositivo di sorveglianza e individuazione precoce delle malattie infettive, sulle strutture ospedaliere per gestire le epidemie (posti letto, terapie intensive) e sul personale necessario per la gestione di emergenze, compresa la sua formazione”. Tutte attività che, come abbiamo imparato a nostre spese,  sono state disattese.

L’assenza di coordinamento tra Regioni e Ministeri 

Altre capacità che non sono state sviluppate riguardano il “coordinamento interministeriale sia nelle attività di preparazione, sia in quelle di emergenza”. In Italia, soprattutto nelle prime fasi dell’emergenza, le comunicazioni delle regioni sono state difformi l’una dall’altra, “e molti degli attori in gioco si muovevano per conto proprio senza condividere in maniera integrata le risorse per la crisi”. Tali strategie comunicative si pongono in netto contrasto con la richiesta di dare luogo a un “National Focal Point (NFP) di coordinamento”, capacità disattesa sino al 2020. Nelle linee guida del 2015 dell’Oms, infatti, si chiedeva di dar vita a “un centro di comando e controllo per le emergenze sanitarie” ma “il Ministero della Salute non lo aveva realizzato e il ‘cerino’ e’ passato alla protezione civile che tuttavia possiede competenze in questo ambito”. 

L’Italia non era pronta secondo Lunelli

Il report del generale Lunelli evidenza che per 5 anni su 10, nel 2012, 2013, 2014, 2015 e nel 2017, l’Italia non risulta avere risposto “al dettagliato questionario di autovalutazione proposto dall’Oms” sulle proprie capacità in chiave di gestione di una possibile pandemia. In definitiva, per Lunelli “l’Italia non era pronta”. Alla stessa conclusione era arrivato il Rapporto del 13 maggio 2020 dell’OMS, pubblicato e poi sparito. A dimostrazione dell’approccio dilettantistico dell’Italia c’è il tasso di mortalità. “Siamo i primi al mondo tra i Paesi più grandi – scrive Lunelli – con un tasso di mortalità pari a 120 decessi ogni 100mila abitanti, mentre tra quelli piccoli ci supera solo il Belgio. Non e’ un caso che Belgio, Spagna ed Italia avevano piani pandemici aggiornati al 2006″.

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