L’integrazione dell’AI nei sistemi sanitari è diventata un elemento strutturale e non più una sperimentazione d’avanguardia. Ospedali, ambulatori e servizi territoriali impiegano strumenti capaci di analizzare rapidamente grandi quantità di dati clinici, rilevare segnali deboli nelle immagini diagnostiche e prevedere il rischio di complicanze nelle malattie croniche.
La medicina di oggi si avvale di algoritmi che rilevano noduli polmonari in pochi secondi, interpretano tracciati cardiaci con elevata sensibilità e automatizzano procedure organizzative che richiederebbero ore di lavoro.
Questo cambiamento, tuttavia, corre molto più veloce delle regole che dovrebbero governarlo. Il nuovo rapporto dell’OMS/Europa evidenzia come la rivoluzione dell’AI sia già in corso, ma senza un’adeguata infrastruttura legale ed etica che tuteli pazienti e operatori.
PAESI EUROPEI A VELOCITÀ DIVERSE NELL’ADOZIONE DELL’AI
La maggior parte dei Paesi europei riconosce il potenziale dell’AI nel migliorare l’assistenza clinica, snellire i processi e rendere più sostenibile la spesa.
Ma la consapevolezza non si traduce automaticamente in pianificazione.
Soltanto quattro Stati dispongono di una strategia nazionale organica dedicata all’AI in sanità, mentre sette sono nella fase iniziale di elaborazione.
La maggior parte dei governi procede in modo frammentato, sostenendo progetti pilota isolati senza una visione unitaria.
Hans Henri Kluge, Direttore Regionale dell’OMS per l’Europa, mette in guardia dal rischio di creare un’Europa sanitaria a diverse velocità: alcuni Paesi avanzano con decisione, altri restano indietro, e senza un coordinamento il divario potrebbe ampliarsi.
LE BUONE PRATICHE CHE INDICANO UNA DIREZIONE POSSIBILE
Sebbene l’approccio generale sia disomogeneo, esistono casi emblematici che mostrano come una governance solida dell’AI sia realizzabile.
L’Estonia si distingue per l’integrazione dei suoi dati sanitari, assicurativi e demografici in un’unica piattaforma che facilita lo sviluppo di strumenti di AI affidabili.
La Finlandia investe nella formazione del personale, riconoscendo che la capacità di usare consapevolmente l’AI è tanto importante quanto la tecnologia stessa.
La Spagna, invece, sta impiegando l’AI nella diagnosi precoce nell’assistenza primaria, introducendo sistemi capaci di individuare patologie prima che compaiano i sintomi più evidenti.
Questi esempi dimostrano che, se accompagnata da infrastrutture adeguate e investimenti mirati, l’AI può rafforzare la sanità pubblica e rendere più efficiente il lavoro dei professionisti.
RESPONSABILITÀ GIURIDICA: IL GRANDE VUOTO NORMATIVO
La questione più urgente riguarda la responsabilità. Chi risponde quando un algoritmo sbaglia una diagnosi o suggerisce un trattamento inadeguato?
Secondo il rapporto, l’87% dei Paesi considera l’incertezza normativa il principale freno all’adozione dell’AI.
La responsabilità professionale non è stata ridefinita alla luce degli strumenti intelligenti, i meccanismi di risarcimento non sono stati adeguati e la trasparenza decisionale degli algoritmi rimane una sfida.
Meno di un Paese su dieci ha definito standard chiari che stabiliscano cosa accade in caso di danno provocato da un sistema basato su AI.
Gli operatori sanitari temono di essere lasciati soli in un territorio legale inesplorato, e questa paura rallenta l’integrazione delle tecnologie. Senza leggi chiare, il rischio è che i professionisti adottino un atteggiamento difensivo che limita il potenziale della tecnologia.
RISORSE INSUFFICIENTI PER UNA RIVOLUZIONE ANNUNCIATA
Oltre ai vuoti normativi, pesa la mancanza di investimenti. Quasi otto Paesi su dieci dichiarano che i vincoli finanziari frenano l’adozione dell’AI.
Molti governi identificano l’AI come prioritaria per il futuro del sistema sanitario, ma pochi destinano fondi adeguati per trasformare la teoria in realtà.
Questa discrepanza produce un paradosso evidente:
si conosce il beneficio dell’innovazione, ma non si investe nella sua realizzazione. Il risultato è un’adozione disomogenea, con Paesi che sperimentano soluzioni avanzate e altri che rimangono ancorati a sistemi digitali obsoleti.
L’AI IN CORSIA: COSA AVVIENE GIÀ OGGI
Nonostante le difficoltà, l’AI è entrata stabilmente nella pratica clinica. La diagnostica assistita è una realtà consolidata nel 64% dei Paesi europei.
Radiologie, cardiologie e reparti oncologici sono tra i più coinvolti, grazie a strumenti che analizzano immagini e segnali biologici con una precisione crescente.
Parallelamente, la metà degli Stati ha introdotto chatbot e sistemi di assistenza virtuale che rispondono a domande dei pazienti, orientano nel percorso clinico e alleggeriscono la pressione sulle strutture di triage.
In molti contesti, questi strumenti riducono i tempi di attesa, migliorano la qualità delle informazioni fornite ai cittadini e supportano il personale sanitario nell’organizzazione del lavoro.
TIMORI DEI CITTADINI: SICUREZZA, EQUITÀ E PRIVACY
La popolazione accoglie l’AI con un misto di entusiasmo e timore. Molti temono che un algoritmo possa commettere errori difficili da rilevare o da contestare, soprattutto quando si basa su dati incompleti o distorti.
Questa vulnerabilità rischia di tradursi in diagnosi errate o trattamenti inefficaci. Un altro timore riguarda l’equità: persone che vivono in aree rurali, minoranze etniche o gruppi socioeconomici svantaggiati potrebbero essere penalizzati da algoritmi addestrati su dati non rappresentativi.
Infine, la questione della privacy è cruciale. I sistemi di AI assorbono quantità enormi di dati personali e sanitari; senza un sistema rigoroso di protezione, esiste il rischio che tali informazioni possano essere utilizzate in modo improprio, vendute o sottratte attraverso violazioni informatiche.
LA VISIONE DELL’OMS: GOVERNARE L’AI PER PROTEGGERE LA SALUTE PUBBLICA
Il rapporto invita i governi europei a intervenire in modo coordinato. Una strategia efficace deve comprendere linee guida etiche, un quadro normativo chiaro, investimenti nella formazione e nella ricerca, e un coinvolgimento trasparente della popolazione. L’OMS sottolinea l’importanza di testare i sistemi di AI nel mondo reale, verificandone l’impatto clinico, la sicurezza e le performance in ambienti eterogenei. Occorre inoltre rafforzare la gestione dei dati transfrontalieri, garantire sistemi di supervisione indipendenti e prevedere meccanismi di compensazione rapidi ed equi per i pazienti che subiscono danni.
UN FUTURO IN CUI LA TECNOLOGIA DEVE SERVIRE LE PERSONE
Secondo Hans Kluge, il futuro dell’AI in sanità dipende dalle decisioni prese oggi.
• Se la tecnologia sarà sviluppata e implementata con responsabilità, potrà alleggerire il carico di lavoro degli operatori, rendere la sanità più efficiente, migliorare l’accuratezza diagnostica e favorire un accesso più equo alle cure. Ma un’adozione affrettata e senza adeguate garanzie rischia di creare nuove forme di disuguaglianza e di compromettere la fiducia dei cittadini nei sistemi sanitari.
La sfida è assicurare che l’AI rimanga uno strumento al servizio delle persone e non un fattore di esclusione.
Le scelte dei prossimi anni determineranno il modo in cui vivremo la cura e la salute nelle generazioni future.
Claudia Giulia Ferrauto, autrice della newsletter Tech & Privacy






