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Persone Non Autosufficienti

Pari opportunità e dignità per le persone non autosufficienti

L’intervento di Alessandra Servidori

Il 21 marzo il Parlamento ha approvato definitivamente il Disegno di Legge Delega sulla non autosufficienza.

Nella storia del nostro Paese questa è la prima riforma del settore ed è attesa dagli anni 90, quando si cominciò a discuterne in sede tecnica e politica. Nel frattempo, analoghe riforme si sono avute in numerosi Stati, ovunque con il medesimo scopo: modificare strutturalmente i sistemi di welfare, ideati quando gli anziani non autosufficienti erano ben pochi, per metterli in condizione di rispondere alla loro sempre più diffusa presenza. Il Governo incluse la riforma nella versione definitiva del Pnrr (Aprile 2021).

Ad inizio 2022 il Governo Draghi avviò la predisposizione del Disegno di Legge Delega e ad ottobre quel Governo approvò il Disegno di Legge Delega. A gennaio 2023 il Governo Meloni ha approvato a sua volta il Ddl Delega, confermando sostanzialmente quello della legislatura precedente con ulteriori contributi. Nel dicembre 2023 verrà licenziata la Legge di Bilancio per il 2024: il Governo sarà chiamato a decidere se e quante risorse economiche dedicare alla riforma, che al momento non ne è dotata, poiché la Legge Delega contiene  l’impianto complessivo della riforma e la traduzione in indicazioni puntuali dovrà essere realizzata dal Governo nei Decreti Legislativi, da promulgare entro gennaio 2024.

La Delega persegue due macro obiettivi che considerati congiuntamente dovrebbero affrontare le criticità di fondo di questo ambito del welfare. Si tratta  infatti di costruire un settore unitario e specifico del welfare, per superare l’attuale caotica frammentazione delle misure e di riconoscere l’importanza di questo ambito per la società italiana; definire nuovi modelli di intervento, progettati a partire dalle condizioni di anziani e famiglie e, tra il settore socio sanitario assistenziale e quindi, in grado di rispondere opportunamente alle loro complesse e mutevoli esigenze.

Gli obiettivi sono importanti per l’intero Paese, mentre il loro rilievo cambia tra le diverse realtà locali. Per ognuno degli interventi previsti, di conseguenza, lo Stato indica solo pochi elementi qualificanti e ogni territorio compie i passi necessari per adeguarsi. In tal modo non vengono chiesti cambiamenti ai contesti che, in tutto o in parte, già possiedono i requisiti richiesti.

A livello complessivo, con l’introduzione del Sistema Nazionale Assistenza Anziani-SNAA, si prevede un’azione condivisa dei diversi enti di governo coinvolti  Stato, Regioni, Comuni nel rispetto delle diverse competenze e a livello di anziani e famiglie, semplificando il quadro delle valutazioni da compiere per ricevere le risposte pubbliche e rendendo il percorso da svolgere continuo e non spezzettato come oggi.

Lo SNAA ha come obiettivo di costruire un sistema: tutte le misure a titolarità pubblica per l’assistenza degli anziani non autosufficienti vengono governate e attuate in modo congiunto dai diversi enti responsabili. Oggi invece prevale la frammentazione. Stato, Regioni e Comuni programmano e gestiscono unitariamente gli interventi ma mantengono le rispettive titolarità. Prevedere la modifica delle competenze sarebbe irrealistico e conflittuale.

A livello centrale, regionale e locale l’insieme dei diversi servizi e degli interventi rivolti alla popolazione anziana non autosufficiente dovrà essere  programmato in modo integrato e semplificato con il passaggio dalle attuali 5-6 valutazioni delle condizioni dell’anziano richieste per definire gli interventi da erogare a due, una statale e una regionale. Le due valutazioni previste sono collegate tra loro, contrariamente a quanto avviene oggi. Vi è la previsione di un nuovo strumento nazionale di valutazione, assai più completo e preciso di quelli attuali. Si migliora così, la capacità di comprendere la situazione dell’anziano e, quindi, di determinare le risposte opportune.Vengono introdotti servizi domiciliari pubblici appositamente ideati per gli anziani non autosufficienti. Oggi quelli esistenti in Italia non sono progettati per loro. Per questo sarà necessario organizzare servizi di durata adeguata alla condizione di non autosufficienza, che può estendersi per anni. Attualmente vengono erogati perlopiù per 2-3 mesi.

Per rispondere alle molteplici esigenze della non autosufficienza, deve esserci la possibilità di fruire di una pluralità di interventi medico-infermieristico-riabilitativi, di sostegno nelle attività fondamentali della vita quotidiana dell’anziano e di affiancamento ai familiari. L’indennità viene trasformata nella Prestazione Universale per la Non Autosufficienza (l’attuale assegno di accompagnamento). La possibilità di riceverla continua a dipendere esclusivamente dal bisogno di assistenza dell’anziano, indipendentemente dalle sue condizioni economiche.

Oggi tutti i percettori dell’indennità ricevono la stessa cifra (527 euro mensili) che rappresenterà il livello minimo della Prestazione. Il suo ammontare, infatti, sarà graduato in modo da risultare superiore per chi ha maggior bisogno di assistenza. I beneficiari potranno scegliere tra due opzioni: a) un contributo economico senza vincoli d’uso, b) la fruizione di servizi alla persona (forniti da gestori privati, enti pubblici o da badanti regolarmente assunte).

Sui servizi residenziali, ma non solo su di loro, la Legge Delega sconta una certa genericità di intenti e sfiora appena un tema cruciale: lo sforzo di  dotare le strutture a livello territoriale, che oggi vede differenze abissali tra una regione e l’altra che peraltro è legata all’attuazione del Pnrr. La norma prefigura una adeguata dotazione di personale commisurata alle esigenze degli anziani residenti: oggi, al contrario, nelle strutture residenziali italiane è evidente un insufficiente numero di operatori.

Vi è poi il tema delle competenze, ossia la presenza professionalità con competenze adatte ai profili degli anziani ospitati. La popolazione residente, infatti, è sempre più problematica, sia per la compromissione funzionale, sia (in particolare) per l’elevato numero di ospiti con demenza.Si punta alla garanzia della qualità degli ambienti di vita, grazie a strutture con ambienti amichevoli, familiari, sicuri, che facilitino le normali relazioni di vita e garantiscano la privacy e la continuità delle relazioni dei residenti con la comunità locale.

Si va verso la definizione di standard formativi per le badanti attraverso apposite linee guida nazionali, specificando le competenze richieste e indicano le modalità per il riconoscimento delle competenze pregresse, comunque maturate.Il riordino delle agevolazioni fiscali e contributive concernenti il lavoro delle assistenti familiari, è fondamentale  per sostenere la regolarizzazione e la qualità del lavoro di cura svolto a domicilio.

Ovvio che vi sono delle criticità evidenti. Infatti per emanare tutti i decreti legislativi che questa Legge Delega prefigura, non ci sono neanche 8 mesi di tempo.

La Delega tocca nel complesso tutte le questioni problematiche dell’assistenza agli anziani. Le strade per rendere concrete le indicazioni della Delega possono contare su analisi  e numeri realizzati ed esperti del settore. Ma certamente richiedono ancora molto lavoro, perché è evidente  che ci vuole un grosso lavoro di elaborazione interdisciplinare e interministeriale  delle indicazioni della Delega, in molti punti piuttosto generiche e solo accennate. Senza consistenti risorse dedicate si riuscirà  a realizzare poco.

La spesa pubblica per l’assistenza agli anziani rimane decisamente inadeguata nel nostro Paese.

Lo dimostrano studi e  dati che analizzano i bisogni insoddisfatti presenti in Italia e come le comparazioni con gli altri Paesi dimostra. Per tradurre la riforma in pratica, dunque, è necessario aumentare sensibilmente i finanziamenti, altrimenti rimarrà solo una serie di buone intenzioni sulla carta ma la verità è che non prevede nuovi stanziamenti.

Le regole del PNRR  e le sue riforme non possono avere incrementi strutturali di spesa corrente e la riforma inizialmente dovrebbe partire razionalizzando le attuali voci di spesa e senza fondi aggiuntivi. Sappiamo che è un settore molto debole politicamente, e fino ad ora le forze politiche hanno dedicato un’attenzione politica esigua alla riforma. Ma c’è anche un altro motivo di preoccupazione la non autosufficienza. Non è solo prerogativa degli anziani e su questo la Legge scopre tutti i suoi limiti.

La non autosufficienza è sempre conseguente alla perdita di salute a causa di malattie croniche invalidanti irreversibili o da loro esiti. Quindi, la valutazione della persona malata cronica non autosufficiente deve essere necessariamente «sanitaria e clinico sanitaria», competenza che rientra pienamente nella titolarità del SSN e del diritto esigibile alle cure sanitarie e socio sanitarie garantite dalla legge 833/1978 e s. m. i. e dai Lea del dpcm 12 gennaio 2017. Il ddl, al contrario, sposta la competenza delle cure socio-sanitarie di lunga durata sul settore socio-assistenziale. Questo solo per gli anziani malati non autosufficienti: le risorse del SSN saranno quindi quelle limitate all’Assistenza domiciliare integrata (Adi, medico e infermiere) del tutto insufficienti per soddisfare le prestazioni di tutela loro necessarie 24 ore su 24.

È certamente di estrema importanza considerare le cosiddette «esigenze sociali» delle persone non autosufficienti (qualificandole più precisamente come «relazionali», «economiche», «abitative»…), ma è opportuno che di esse si tenga conto nella formulazione dei piani individualizzati, non per selezionare gli utenti nell’accesso alla valutazione e nella fruizione di contributi o prestazioni previdenziali, sanitarie e socio sanitarie (domiciliari, semi residenziali e residenziali) di livello essenziale, che sono diritti soggettivi incondizionati.

Chi assicura che le risorse nell’ambito del ddl ci sono, sa anche che nel testo per ben nove volte venne ribadito che le prestazioni sono erogate con le risorse previste «a legislazione vigente». Se il riferimento è ai fondi Inps dell’Indennità di accompagnamento che il ddl propone di utilizzare come «prestazione universale graduata», è necessario precisare che per la sua erogazione verranno applicati i criteri dei servizi sociali e quindi la valutazione del nucleo familiare, oltre che dell’anziano malato non autosufficiente.

Con questi presupposti, sarà definito nei decreti attuativi o, peggio, nelle delibere regionali in materia di valutazione multidimensionale un sistema di selezione che intaccherà l’indennità a chi supera una certa soglia di Isee.

Le risorse previste dal ddl in esame non bastano, se si vuole contrastare l’istituzionalizzazione, pur tenendo come riferimento il modello di compartecipazione sanitaria previsto dai Lea per le prestazioni residenziali, e prendere in carico a domicilio gli anziani malati non autosufficienti. Non viene infatti prevista – come sarebbe invece doveroso e come è chiesto dalle famiglie dei malati – l’erogazione di un contributo universalistico per le prestazioni di cura domiciliare per i malati non autosufficienti e le persone con disabilità ed autonomia limitatissima, da parte del SSN. Il contributo dovrebbe essere riconosciuto affinché l’interessato o chi lo rappresenta (familiare, amministratore di sostegno, tutore) sia messo nelle condizioni di potersi avvalere dell’aiuto di «assistenti personali» e/o di «operatori socio-sanitari» (assunti direttamente e/o messi a disposizione da fornitori accreditati dalle Aziende sanitarie) per assicurare, 24 ore su 24, le prestazioni necessarie e indifferibili di tutela, nel senso più ampio, della salute. Il finanziamento senza vincolo Isee dell’assegno di cura per queste prestazioni potrebbe essere quantificato nel doppio dell’indennità di accompagnamento (che verrebbe invece salvaguardata così com’è), somma di cui dovrebbe farsi carico il Fondo sanitario nazionale, quindi il Ministero della Salute, con trasferimenti corrispondenti alle Regioni e alle Asl.

A queste ultime verrebbe richiesto di predisporre, in collaborazione con il Medico di medicina generale preposto a coordinarlo, un progetto individualizzato di cura e assistenza sanitaria e socio sanitaria, sottoscritto dall’interessato o da chi lo rappresenta e a fronte della disponibilità e dell’idoneità dei congiunti a svolgere la funzione di accudimento con il supporto di operatori inquadrati con regolare rapporto di lavoro.

Infine, la questione del riconoscimento giuridico dei Caregiver familiari. Noi come nazione Italia siamo stati soggetto di sanzione da parte della Commissione ONU per i diritti umani poiché il Fondo istituito nel 2017, con la legge 205, non ha una corrispondenza giuridica di profilo del caregiver familiare e le risorse non vanno distribuite (90 milioni)  genericamente sui bilanci territoriali.

Noi come gruppo interministeriale e associativo abbiamo predisposto una traccia di DDL che alleghiamo in PDF e ci auguriamo che il Parlamento saggiamente ne tenga in debita attenzione.

 

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