Con la pubblicazione del decreto legislativo 62 del 3/5/2024 in Gazzetta Ufficiale, ultimo in ordine di tempo per dare attuazione alla legge delega sulla disabilità (227/2021) e che entrerà in vigore il prossimo 30 giugno 2024, si avvia, forse, una rivoluzione nel mondo della disabilità ma si concretizzano anche i tanti timori che non sia proprio tutto oro quel che riluce.
Tra le criticità rilevate nel testo dello schema di decreto legislativo nel corso dell’iter per il parere parlamentare, sia dalla Conferenza Stato Regioni che dal Consiglio di Stato ma anche dalle Organizzazioni di categoria ascoltate in Commissione, che hanno sollecitato modifiche poi non riportate nel testo del decreto pubblicato in Gazzetta ufficiale, spicca quanto si legge all’articolo 28 “Budget di progetto”, destinato all’attuazione del progetto di vita di cui all’articolo 27, che potrebbe incidere sui finanziamenti destinati alle università italiane.
L’articolo 28, al comma 4 del decreto legislativo 62, recita: “Alla formazione del budget di progetto concorrono, in modo integrato e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, gli interventi pubblici, inclusi quelli di cui al comma 5 e quelli derivanti dal Fondo di cui all’articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dal Fondo di cui all’articolo 3 della legge 22 giugno 2016, n. 112, dalle risorse del Fondo di cui all’articolo 1, comma 254, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, confluite nel fondo di cui all’articolo 1, comma 210, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, dal Fondo di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537.”
La prima anomalia che salta agli occhi in questa norma e quindi ci si domanda è: per quale ragione, per alimentare il “budget di progetto”, si attinga anche al fondo della legge 24 dicembre 1993, n. 537 che è destinato al finanziamento ordinario (FFO) delle università?
Quel fondo è relativo alla quota a carico del bilancio statale per le spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, ivi comprese le spese per il personale docente, ricercatore e non docente, per l’ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e per la ricerca scientifica.
Il budget destinato al progetto di vita, secondo quanto si legge nel decreto, si fonderebbe così non più solo sul Fondo unico per l’inclusione delle persone con disabilità che, riunendo diversi fondi raggiunge una dotazione di 552.177.454 euro per l’anno 2024 e di 231.807.485 euro annui a decorrere dall’anno 2025, al netto degli oltre 400 milioni di tagli subiti con la legge di bilancio 2024, ma sul ben più ricco fondo per il finanziamento ordinario delle università che, per il solo 2024, vale poco più di 9 miliardi. La dotazione complessiva delle somme destinate al budget di progetto arriverebbe così addirittura a sfiorare i 10 miliardi di euro annui. Insomma, quel “concorrono, in modo integrato e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente” sembra parlare chiaro e il FFO, che vale oltre 9 miliardi, passerebbe alla disabilità, lasciando a secco le Università.
Ma andiamo oltre. Al successivo comma 8, dell’articolo 28 del dlgs 62, troviamo poi, nero su bianco, “La persona con disabilità può anche autogestire il budget con l’obbligo di rendicontare secondo quanto preventivamente previsto nel progetto, nel rispetto delle modalità, dei tempi, dei criteri e degli obblighi di comunicazione definiti con regolamento dell’Autorità politica delegata in materia di disabilità, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, della salute, del lavoro e delle politiche sociali”.
Ciò non è chiaro, è “il come” tali fondi, ed in particolare quelli destinati alle Università potranno essere valorizzati e destinati “in soldoni sonanti”, alla singola persona con disabilità che fruisce del proprio “budget di progetto” individuale e che li potrà rendicontare, ma soprattutto “il come” sarà possibile rendicontare dei fondi che non possono, per la loro natura e destinazione, essere monetizzati dal singolo, in quanto sono somme destinate come prescrive la legge “per le spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, ivi comprese le spese per il personale docente, ricercatore e non docente, per l’ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e per la ricerca scientifica”.
Sperando di esserci veramente sbagliati, e prima che le Università italiane a causa di quel comma 4, corrano il rischio di ritrovarsi senza risorse per andare avanti, piombando d’un tratto in un mondo al contrario dove tutto va controvento, occorrerebbe fare chiarezza anche, se necessario, stralciando dall’articolo 28, comma 8 del decreto legislativo 62, la parte relativa al FFO.