Leggiamo con interesse la Carta di Solfagnano, il documento epocale partorito dal G7 della disabilità, che riprende la narrazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Tuttavia, l’Italia ha drammaticamente quasi totalmente disatteso questa convenzione nella sua attuazione pratica, nonostante i due corposi documenti recanti il primo e il secondo “Piano di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità”. È in arrivo il terzo piano, addirittura triennale, ma ci dicono che non sia un granché. Lo leggeremo con interesse. E nonostante le riforme epocali introdotte dalla legge delega sulla disabilità, varata frettolosamente quel 22 dicembre del 2021, sol perché l’Europa doveva staccare il primo assegno del Pnrr.
Torniamo a Solfagnano. Al punto 2 della Carta, con solennità, si afferma: “We also recognise the importance of making physical and digital spaces accessible for everyone, both in public and private sector. This includes buildings, roads, transportation and other indoor and outdoor facilities and services, as well as telecommunications, the Web and mobile device-based services, including but not limited to schools, housing, medical facilities, and workplaces.” (Riconosciamo inoltre l’importanza di rendere gli spazi fisici e digitali accessibili a tutti, sia nel settore pubblico che in quello privato. Ciò include edifici, strade, trasporti e altre strutture e servizi interni ed esterni, nonché telecomunicazioni, Web e servizi basati su dispositivi mobili, inclusi ma non limitati a scuole, alloggi, strutture mediche e luoghi di lavoro).
Tutto bene? No! Perché nella legge di bilancio per il prossimo triennio, si tagliano drasticamente i fondi agli oltre 9700 enti pubblici, tra cui i Comuni, tutti obbligati dallo scorso 13 gennaio all’attuazione del dlgs 222/2023, per garantire la piena accessibilità fisica e digitale alle persone con disabilità. Misura che in un certo senso dava già atto alla Carta di Solfagnano, ma che non è attuabile perché richiederebbe molte risorse economiche che il decreto legislativo colpevolmente non prevede. Però si tagliano i fondi ai Comuni che saranno sempre più lacerati dalla scelta tra il ridurre i servizi e garantire alcune forme di accessibilità o il sopravvivere fino alla prossima Legge di Bilancio.
Ed allora cerchiamo nella Legge di Bilancio se vi siano tracce per l’attuazione della Carta di Solfagnano. Poi la doccia fredda. Si legge nel corposo documento, il cui esame inizia lunedì 4 novembre presso la Commissione Bilancio della Camera con la parata (non militare) di soggetti chiamati in audizione, che vi sono solo due articoli dedicati alla disabilità, ma non riguardano neppure di striscio la Carta di Solfagnano.
Infatti, all’articolo 37, che reca misure fondamentali ma già esistenti, si riconosce il diritto di farsi accompagnare sui mezzi di trasporto pubblico senza dover pagare alcun biglietto o sovrattassa per l’animale e si prevede di allargare la platea dei beneficiari, rimandando l’individuazione degli stessi a un futuro decreto, mettendo in campo uno stanziamento di un milione di euro all’anno. Altri 400 mila euro annui sono destinati per lo svolgimento delle attività degli enti con funzioni di controllo e monitoraggio deputati al riconoscimento dei soggetti abilitati alla formazione dei cani, da individuare con il decreto interministeriale. Certo sarebbe bene che quel decreto potesse servire per adeguarsi alla normativa europea, ove sono gli Enti pubblici ad addestrare i cani di assistenza e a provvedere all’esame finale di idoneità.
Tuttavia, a parte il dettaglio sull’addestramento che potrebbe destare non poche perplessità e che allo stato attuale sembra necessario ad un settore abbastanza deregolamentato almeno per quanto riguarda la garanzia dell’utente finale e dell’animale stesso, la norma sembra positiva, perché estende la platea dei soggetti beneficiari della Legge n. 37 del 14 febbraio 1974, integrata dalla Legge n. 60 dell’8 febbraio 2006, garantendo il diritto non più solo alle persone cieche di essere accompagnate dal proprio cane guida sui mezzi di trasporto pubblico e all’interno di esercizi aperti al pubblico, al fine di assicurare loro pari opportunità, facilitare la mobilità e l’accesso ai servizi pubblici e privati. Altro aspetto che in ogni caso va ponderato, anche per l’impatto sul mercato degli animali da assistenza ed il loro addestramento che ne potrebbe derivare, è l’impatto dell’intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie di assistenza, per la mobilità ed il controllo medico ad esempio, che certamente agevoleranno con maggiore efficacia la vita delle persone ma favoriranno la riduzione degli animali destinati all’assistenza, anche in considerazione dei costi per il mantenimento ed il benessere degli stessi.
Alla fine, in attesa di una normativa organica per il settore degli animali di assistenza, non sarebbe stato meglio con questi fondi aumentare quelli per l’Assistenza scolastica agli studenti con disabilità le cui ore sono sempre decurtate dai Comuni per le endemiche carenze di bilancio, evitando così ai genitori degli studenti di dover ricorrere, quasi sempre, al Giudice che alla fine, in ossequio al dettato costituzionale gli da ragione? Si forse si poteva.
Magari la norma in questione sarà cambiata dal Parlamento che, con l’occasione, potrebbe rimuovere, in ossequio ai principi generali della Carta di Solfagnano, la previsione dei limiti di bilancio da ogni norma che si rivolge alle persone con disabilità e che, ove non rimossa continuerà a far prevalere le esigenze del bilancio sul diritto incomprimibile e costituzionalmente tutelato delle persone con disabilità.
Poi vi è l’articolo 38, che apre bene il rubinetto dell’acqua ghiacciata della doccia, e reca misure in materia di sperimentazione della riforma sulla disabilità. Come si legge nella relazione bollinata dalla nuova Ragioniera Generale dello Stato, si “autorizza l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (Inps) a conferire incarichi, anche su base convenzionale con altre pubbliche amministrazioni, per prestazioni professionali a medici e figure professionali appartenenti alle aree psicologiche e sociali e per il reperimento del personale amministrativo e sanitario nel limite di spesa di 16 milioni di euro per l’anno 2025, in attesa del completamento delle procedure di reclutamento previste dall’articolo 9, comma 6, del decreto legislativo n. 62 del 2024, che sono state avviate nel secondo semestre del 2024 e si concluderanno presumibilmente nello stesso 2025”.
Ecco, premesso che le medesime pubbliche amministrazioni dovranno adeguarsi al dettato del decreto legislativo 222/2023 in materia di piena accessibilità fisica e digitale, prima di offrire detti servizi in convenzione e che poi, terminati gli stessi, a quel personale aggiuntivo si dovrà decidere che sorte dare, è quel “presumibilmente” che ci preoccupa. Infatti, la parola sembra proprio voler contraddire l’ottimismo della Ministra Locatelli sulla sua “riforma epocale”, manifestato all’indomani dell’annuncio di un pronto avvio dal primo gennaio 2025 della sperimentazione e della sua entrata a regime dal 1 gennaio 2026, posto che la parola inserita dalla Ragioneria Generale dello Stato, certifica l’incertezza della partenza della sperimentazione, tanto più che i fondi stanziati saranno disponibili solo dopo l’entrata in vigore della Legge e l’emanazione dei relativi e necessari decreti ministeriali di attuazione che dovranno determinare le procedure che l’Inps dovrà attuare per individuare, attraverso l’indizione di gare pubbliche, i soggetti e i prestatori dei servizi.
Ecco tutto qua, null’altro nella Legge di Bilancio in materia di disabilità. Le altre misure qua e là previste, sono rifinanziamenti per l’attuazione o il rinnovo di misure già esistenti da tempo, oppure di misure i cui fondi erano stati destinati nello scorso anno ad altre esigenze perché non spesi per le disabilità. Quindi nulla di effettivamente innovativo, nulla per l’attuazione della Carta di Solfagnano che così sembra già essere carta straccia. Un buon inizio dunque, considerato quanto ci è costato il G7 di Assisi, svolto in uno dei luoghi più affascinanti e simbolici del Bel Paese ma che, nonostante tutti gli sforzi compiuti, resta sostanzialmente per lo più inaccessibile alle persone con disabilità. Ma la photo opportunity con la Carta è già stata fatta.
Adesso però si lavori seriamente per emendare la Legge di Bilancio e dare dignità economica alle persone con disabilità e alle loro famiglie con misure di sostegno vere, attuabili e stabili, a cominciare da un dignitoso aumento delle pensioni di invalidità e delle indennità più basse e, ovviamente, un concreto sostegno ai caregiver familiari di cui sembra ci si ricordi solo in prossimità del voto politico, perché senza dignità economica gli oltre 7,5 milioni di persone con disabilità del nostro Paese, poco ci fanno con un cane magari bene addestrato ma che non possono mantenere, anche se sui mezzi pubblici non paga il biglietto.