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Sanità

Quanto spende l’Italia in sanità. Report Corte dei Conti

La spesa pubblica italiana per la sanità è salita a 131,1 miliardi di euro nel 2022, dai 127,5 del 2021, contro però i 427 della Germania, i 271 della Francia e i 230 del Regno Unito. Tutti i dati della relazione elaborata dalla Corte dei conti

La sanità italiana ancora (incredibilmente) regge. A dirlo è la relazione al Parlamento sulla gestione dei servizi sanitari regionali effettuata dalla sezione Autonomie della Corte dei conti. Ma non sono tutte rose e fiori, ovviamente.

L’Italia infatti si distingue dai principali Paesi dell’Unione europea per i miseri finanziamenti pubblici di cui il sistema sanitario beneficia. “I principali indicatori macroeconomici Ocse evidenziano, anche per il 2022, una spesa sanitaria pubblica italiana nettamente inferiore a quella dei principali partner europei, sia in valore pro capite che in percentuale di Pil”, affermano i magistrati contabili.

“Se l’Italia destinasse alla spesa sanitaria risorse, in termini di Pil, simili a quelle di Francia, Germania o Regno Unito, date le minori dimensioni della sua economia, avrebbe una spesa pro capite inferiore a quella di tali Paesi, ma maggiore di quella attuale”, prosegue la relazione, ricordando però che il nostro livello di spesa è inevitabilmente “condizionato dal vincolo di finanza pubblica”.

La spesa pubblica italiana per la sanità è salita a 131,1 miliardi di euro nel 2022, dai 127,5 del 2021, contro però i 427 della Germania, i 271 della Francia e i 230 del Regno Unito.

LA SPESA PRO CAPITE E IN TERMINI DI PIL

Nel 2022, la spesa pro capite a parità di potere d’acquisto, in Italia è stata pari a 3.255 dollari, superiore alla spesa di Spagna (3.113), Portogallo (2.640), Grecia (1.785) ma inferiore del 53% a quella della Germania (6.930 dollari), del 42% rispetto a quella della Francia (5.622 dollari), e del 27,3% all’analoga spesa del Regno Unito.

Nel 2020/2021 (il biennio di maggiore intensità della pandemia), la spesa sanitaria pubblica è aumentata, in valore cumulato, del 15,5% in Italia, un incremento rilevante rispetto a quello medio anteriore alla pandemia, ma assai inferiore a quello avutosi in Francia (+19,2%), Germania (18,4%), e Regno Unito (+28,6%).

Anche nel 2022, l’incremento pro capite in Italia, pari al 6,7%, è stato inferiore a quello di Germania (+7,9%) e Francia (+8,6%), mentre il Regno Unito, che ha conosciuto la variazione percentuale più rilevante nel precedente biennio (2020/2021), nel 2022 riduce la spesa dell’1,3%.

Riguardo al secondo indicatore, l’incidenza della spesa italiana sul Pil è stata pari al 6,8%, superiore di un decimo di punto a quella del Portogallo (6,7%) e di 1,7 punti rispetto alla Grecia (5,1%), ma inferiore di ben 4,1 punti percentuali a quella tedesca (10,9%), 3,5 punti a quella francese (10,3%), 2,5 punti rispetto al Regno Unito (9,3%), e inferiore di mezzo punto anche a quella spagnola (7,3%).

COME (NON) È CAMBIATA IN ITALIA LA SPESA PER LA SANITÀ

Confrontando l’andamento delle due grandezze nell’arco temporale 2016-2022, la variazione cumulata complessiva della spesa sanitaria italiana risulta inferiore di un punto percentuale a quella del Pil (6,6% a fronte di 7,7%).

Andamenti ben diversi si riscontrano, invece, in Francia e Germania, dove la spesa sanitaria pubblica è incrementata ad un tasso circa triplo rispetto a quello del Pil, e nel Regno Unito, nel quale la crescita percentuale è stata oltre il doppio della variazione del prodotto interno lordo (+25,4% a fronte di +10,2%).

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TUTTO AL CONTRARIO

La relazione osserva poi che i dati Ocse sulla spesa sanitaria pubblica in termini reali, al netto dell’inflazione, indicano che, nel triennio 2015-2017, tra i Paesi considerati, solo quella italiana (assieme a quella portoghese) è stata sostanzialmente statica, per poi intraprendere un moderato percorso di crescita nel biennio 2018-2019, acceleratosi durante la pandemia, fino al 2021.

Viceversa, nel 2022 in Italia la spesa sanitaria in termini reali si riduce del 3,7% rispetto all’anno precedente, mentre Francia, Germania e Portogallo la incrementano, seppure in misura marginale, e il Regno Unito, che ha conosciuto, durante l’emergenza da Covid-19, la variazione più elevata (+13,9% nel 2020), la riduce del 7%.

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