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Quota 100

I fini fasulli dei sindacati su green pass e vaccini

Perché i sindacati sbagliano sul green pass secondo l'editorialista Giuliano Cazzola

Che i dirigenti sindacali delle confederazioni storiche si siano bevuti il cervello è un nuovo dramma nazionale a cui assistiamo sbigottiti da giorni; tanto che è in preparazione un viaggio spaziale sulla Luna per andare a riprendere quella materia grigia all’ammasso, alla stregua di quanto fece il paladino Astolfo per Orlando che aveva smarrito il senno.

Si vede però che la follia anti green pass è una variante molto contagiosa del Covid-19 perché – a quanto si dice – vi sarebbe nel governo (ma anche tra gli scienziati) una corrente di pensiero che vorrebbe fare propria l’idea più stramba messa in circolazione da Maurizio Landini e subito ripetuta dagli ascari delle altre organizzazioni: rendere la vaccinazione obbligatoria per legge per dare un alibi ai sindacati.

Mi auguro che Mario Draghi non cada nella trappola e capisca che questa scelta è un tentativo di rimandare – a babbo morto – quelle misure precauzionali che sarebbero indispensabili dal 1° settembre: garantire la riapertura delle aziende e la ripresa del lavoro in relativa sicurezza senza dover creare cluster di conflittualità per l’accesso alle mense.

In sostanza, in azienda come nelle altre comunità si entra solo dimostrando la certificazione dell’avvenuta somministrazione del vaccino o le attestazioni della negatività di un tampone effettuato nelle 48 ore precedenti.

Certo, anche una norma siffatta ha bisogno di un supporto normativo; ma intanto sarebbero le imprese che, seguendo le direttive impartite dalle loro associazioni, agirebbero di conseguenza.

Questa sarebbe una soluzione più flessibile e certamente rispettosa anche delle incertezze dei bohvax, in quanto il green pass sarebbe un requisito necessario per compiere determinate azioni e attività che, tuttavia, potrebbero anche non fare parte della quotidianità di diverse persone, magari un po’ ostinate e disposte nei pochi casi di vita sociale a presentarsi con l’esito del tampone.

Pensare ad un disegno di legge che imponga la vaccinazione obbligatoria, in primo luogo non risolverebbe il problema della certificazione, perché non sarebbe sufficiente ‘’presumere’’ che all’obbligo si sia adempiuto, come previsto dalla legge; dovrebbe poi esserci delle sanzioni per la violazione dell’obbligo che non potrebbero non incidere anche sulla continuità del rapporto di lavoro.

Il sillogismo sarebbe persino banale: la pandemia continua ad essere pericolosa al punto da costringere lo Stato ad obbligare tutti i cittadini a vaccinarsi; vi sono però persone tenute a mettere in sicurezza se stessi e la comunità di appartenenza che non vogliono farlo senza alcun valido motivo; di conseguenza costoro vanno isolati e sanzionati, anche sul posto di lavoro.

Se anche il governo provvedesse per decreto legge, ci sarebbero sempre i 60 giorni per la conversione. Pertanto si rischierebbe di finire nel mezzo della sessione di bilancio, che monopolizza l’attività parlamentare fino all’approvazione della legge relativa.

I sindacati – Astolfo non sarebbe ancora tornato a riportare i cervelli di leader – avrebbero buon gioco per bloccare tutto in attesa delle norme. E la stessa cosa farebbero tante persone che fino ad ora sono rimaste a cuocere nel brodo delle fake news.

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