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Asintomatici Schillaci Ecig

Ha senso la guerra di Schillaci contro le eCig?

Il ministro della Salute, Schillaci, prepara una nuova stretta che equiparerà le sigarette tradizionali alle eCig. Tuttavia, come emerge dal paper Costi del non decidere, i dati dicono che le nuove tecnologie diminuiscono le ospedalizzazioni e sono utili alleati per i governi che intendono diminuire ospedalizzazioni e spesa sanitaria   È una vera e propria…

 

È una vera e propria guerra al fumo quella che intende avviare il ministro della Salute, Orazio Schillaci. Una guerra imponente che rischia però ancora una volta di appiattire le numerose e rilevanti differenze tra la sigaretta tradizionale, i cui effetti nocivi sono comprovati da tempo, e le eCig, le sigarette elettroniche, che, come emerge nel paper sui Costi del non decidere, non solo da un punto di vista scientifico non possono essere paragonate al fumo per combustione, ma vengono sempre più utilmente usate da molti ordinamenti come exit strategy per convincere i tabagisti irriducibili. Andiamo con ordine.

COSA HA DETTO SCHILLACI SU SIGARETTE ED ECIG

«Il costo annuale delle cure per i tumori da fumo è circa il doppio di quanto incassiamo dalle accise sul tabacco, 14,40 miliardi nel 2021», ha detto il ministro della Salute Orazio Schillaci per motivare la controffensiva a sigarette e sigari annunciata in Parlamento.  «Stiamo verificando quale sia lo strumento più idoneo per inasprire i divieti, anche all’aperto». E in effetti il numero di fumatori ha smesso di diminuire.

Nel mondo ci sono ancora più di un miliardo di fumatori. Secondo i dati forniti dall’Organizzazione mondiale della sanità (da qui in poi, OMS), ogni anno muoiono nel mondo circa otto milioni di persone per malattie legate al fumo, di queste l’80% sono fumatori attivi. Venedo ai dati relativi all’Italia, annualmente vengono attribuite al tabagismo oltre 93.000 vittime.

TANTI INASPRIMENTI, IN POCHI SMETTONO DI FUMARE

Secondo gli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità, divulgati in occasione della Giornata mondiale senza tabacco del 31 maggio 2022, nel nostro Paese i tabagisti sono perfino aumentati. Quasi un italiano su quattro (il 24,2% della popolazione) fuma: “Dopo un lungo periodo di stagnazione – si legge nel report – si assiste quest’anno a un incremento di 2 punti percentuali: i fumatori infatti erano il 22% nel 2019, ultimo anno di rilevazione pre-pandemica. Il trend rilevato nel triennio 2017-2019”. Un aumento dovuto principalmente al periodo di stress legato alla pandemia Covid.

Basterebbe osservare questi dati per comprendere che le strategie tradizionali per contrastare il “vizio” messe in campo finora non abbiano dato i risultati sperati. Dato lo stallo, da un lato si potrebbe agire maggiormente rispetto a quanto si è fatto sul versante della prevenzione – per esempio con campagne educative efficaci come quelle messe in campo durante l’emergenza Coronavirus – e in termini di cessazione, potenziando i Centri antifumo, mentre dall’altro lato si potrebbe ragionare anche sul ruolo che la tecnologia può svolgere per coloro che, nonostante tutto, non smettono.

In particolare, il settore sta vivendo un processo di profonda trasformazione per via dell’ingresso sul mercato di prodotti tecnologici in grado di eliminare la combustione, ritenuta la principale fonte si sostanze tossiche causa di molte delle malattie-fumo correlate.

L’ITALIA IGNORA ANCORA IL PRINCIPIO DI RIDUZIONE DEL DANNO?

Da diversi anni molti medici e scienziati chiedono che le legislazioni si adeguino alle mutate condizioni rese possibili dall’evoluzione tecnologica e scientifica per integrare, al fianco delle politiche di prevenzione e contrasto al fumo, il principio di riduzione del danno.

Il principio di riduzione del danno in ambito medico fa specifico riferimento al contributo che l’innovazione può dare ai fini del miglioramento degli stili di vita dei cittadini rendendo disponibili produzioni, processi e prodotti in grado di modificare abitudini dannose per la salute. Il concetto di riduzione del danno, o harm reduction, applicato al settore del tabacco comincia a farsi strada all’interno della comunità scientifica a partire dalla fine degli anni ’70.

Con il passare degli anni un numero crescente di esperti ha via via iniziato a sostenere che le alternative per la riduzione del danno funzionano, anche perché ci sono diversi studi che lo dimostrano. O comunque, come ha fatto recentemente notare Konstantinos Farsalinos, research fellow al Centro Onassis per la chirurgia cardiaca, nel suo intervento al Global Tobacco and Nicotine Forum (Gtnf) di Washington 2022, “è sicuramente importante conoscere meglio gli effetti a lungo termine di questi prodotti, ma sappiamo già che per avere dati certi a riguardo ci vorranno decenni: fino ad allora, però, occorre prendere le giuste decisioni per la salute pubblica”.

Soprattutto 20 nei Paesi europei, ha continuato, l’approccio delle autorità regolamentari nei confronti di questi prodotti è “quasi farmacologico, e non ha senso visto che processi analoghi non sono previsti, ad esempio, per i dolcificanti artificiali, i cui benefici a lungo termine per i casi di diabete sono tutt’altro che confermati”.

Come ha spiegato l’oncologo (ed ex Ministro della Salute) Umberto Veronesi in una lettera all’Organizzazione Mondiale della Sanità del 2014: “Quando facciamo riferimento alla ‘riduzione del danno nel tabagismo’, esprimiamo il concetto secondo cui gli 1,3 miliardi di persone che attualmente fumano potrebbero causare molti meno danni alla loro salute se consumassero nicotina con modalità a basso rischio e senza combustione.”

IL CONTRIBUTO DELLE ECIG SULLA DIMINUZIONE DELLE OSPEDALIZZAZIONI

Non è però la strada che Schillaci vuole percorrere, dato che ha già dichiarato: «Aspetto di raccogliere evidenze certe sui danni causati da sigarette elettroniche e prodotti senza combustione». Eppure, le evidenze attuali dicono l’opposto. In Giappone è stato osservato, attraverso l’analisi dei dati contenuti nel database delle richieste di risarcimento assicurativo del Japan Medical Data Center (JMDC25), un cambiamento nella traiettoria dei tassi di ospedalizzazione per malattie legate al fumo in seguito all’introduzione sul mercato dei prodotti a base di tabacco riscaldato (HTP).

In particolare, successivamente alla commercializzazione dei prodotti a tabacco riscaldato, è stata rilevata una riduzione significativa del numero di ricoveri per broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), malattia dell’apparato respiratorio caratterizzata da un’ostruzione irreversibile delle vie aeree e una flessione dei ricoveri dovuti a esacerbazione della BPCO. Questo studio dà indicazioni ulteriori sul potenziale impatto della commercializzazione dei prodotti a base di tabacco riscaldato sulle ospedalizzazioni associate a BPCO e cardiopatia ischemica cronica.

CON LE ECIG DIMINUISCONO I FUMATORI

Del resto, contrariamente a quanto esposto da Schillaci, le eCig contribuiscono a ridurre il numero di fumatori tradizionali: secondo quanto riporta un articolo pubblicato dai ricercatori della Medical University of South Carolina, nel Sol Levante, con l’introduzione dei prodotti a tabacco riscaldato nel mercato giapponese alla fine del 2015, si è assistito, nel periodo preso in esame – tra il 2011 e il 2019 -, a una diminuzione delle vendite delle sigarette del 38% mentre le vendite totali di tabacco (cioè, combinando sigarette e HTP) sono diminuite del 19%.

In seguito all’introduzione di HTP nel mercato giapponese tra il 2016 e il 2019, la variazione percentuale annuale (APC) per le vendite di tabacco è stata del -4,77% tra il 2011 e il 2019 (un APC negativo significa che le vendite sono diminuite nel corso del tempo). Tuttavia, separando le vendite di sole sigarette da quelle di HTP ha rivelato un andamento diverso. L’APC per le vendite di sigarette è stato del -3,10% tra il 2011 e il 2015, e del -16,38% tra il 2016 e il 2019, un calo significativo dopo l’introduzione del THS nel Paese, a livello nazionale.

L’ESEMPIO DEGLI ALTRI PAESI

Sulla base di tali dati si spiega perché un numero crescente di Paesi sfrutta le eCig come exit strategy dal fumo tradizionale: il Regno Unito, per esempio, è diventato nell’ultimo decennio un caso scuola nell’utilizzo dei nuovi dispositivi come le sigarette elettroniche. Il Public Health England ha dichiarato che le sigarette elettroniche sono del 95% meno dannose rispetto alle sigarette tradizionali.

Sulla base di ciò, il Ministero della Salute Inglese nel 2017 ha lanciato una campagna contro il fumo dandosi l’obiettivo di ridurre entro il 2030 il numero dei fumatori al di sotto del 5% della popolazione anche grazie ai nuovi prodotti. Negli ultimi anni, secondo i dati dell’Ufficio per le statistiche nazionali, le sigarette elettroniche hanno contribuito in modo significativo alla riduzione dei tassi di fumo.

Il National Health Service inglese riferisce che “sempre più persone si rivolgono al vaping per smettere di fumare. Le sigarette elettroniche sono molto meno dannose delle sigarette e possono aiutare a smettere di fumare definitivamente. Molte migliaia di persone nel Regno Unito hanno già smesso di fumare con l’aiuto di una sigaretta elettronica”. Molti altri esempi, numeri e report venivano riportati nel paper.

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