La Cina sta vivendo una profonda trasformazione nel settore biofarmaceutico, caratterizzata da una crescita senza precedenti, da un’accelerazione dei tempi di sviluppo dei farmaci e da un aumento delle partnership con le multinazionali.
Aziende come BiBo Pharma, Innovent e Sichuan Biokin stanno attirando capitali, competenze e accordi multimiliardari, mentre analisti e operatori del settore osservano un riequilibrio globale della capacità innovativa. In questo scenario, le tensioni geopolitiche e la necessità di sviluppare infrastrutture globali rappresentano i principali punti di attenzione.
UN NUOVO POLO BIOFARMACEUTICO A SHANGHAI
Nel distretto industriale di Lingang, a Shanghai, il Financial Times riferisce che BiBo Pharma sta completando uno stabilimento dedicato ai biologici, dotato di vasche da 50.000 litri e costruito con il supporto diretto delle autorità locali. La struttura è stata autorizzata in soli 9 giorni, una tempistica che illustra l’impatto delle politiche cinesi nel favorire una rapida espansione industriale. La rapidità dei processi autorizzativi e la disponibilità di una forza lavoro altamente specializzata hanno consentito all’azienda di anticipare di un mese il cronoprogramma.
L’ACCELERAZIONE NEI TEMPI DI R&S
La Cina corre più veloce della luce, infatti, secondo McKinsey, le biotech cinesi avanzano da una molecola target alle prime fasi cliniche da due a tre volte più velocemente rispetto alla media globale. L’arruolamento dei pazienti nei trial procede inoltre da due a cinque volte più rapidamente, grazie a un grande bacino di pazienti con bisogni medici non soddisfatti.
“Negli ultimi tre o quattro anni la Cina ha davvero accelerato – ha detto Peng Jiao, fondatore e Ceo di BiBo -. È una delle fonti di innovazione più importanti”. A suo avviso lo sviluppo di nuove formulazioni è “più come un puzzle, che richiede una mentalità ingegneristica piuttosto che scientifica”.
IL CONFRONTO CON GLI USA
La Cina ha consolidato un ecosistema di Organizzazioni di ricerca clinica (Cro) e Organizzazioni di produzione a contratto (Cmo) – tra cui WuXi AppTec e GenScript – diventati cardini della ricerca globale. Ashoka Rajendra osserva che ormai nell’industria statunitense si dice: “Se vuoi condurre uno studio, ‘fallo fare a WuXi’”. Anche imprenditori americani come Egan Peltan mettono in rilievo l’efficienza dei partner cinesi: “Un progetto che richiede a una Cro statunitense da sei a otto settimane, a una azienda cinese ne richiede circa tre”.
DA FORNITORE A INVENTORE
L’esperienza accumulata nei servizi conto terzi, spiega il Ft, è stata progressivamente indirizzata a favore del mercato domestico, trasformando la Cina da centro di produzione a lungo dominante a generatore di proprietà intellettuale. Zhang Fangning di McKinsey attribuisce la crescita alla combinazione di capitale, talento, politiche favorevoli e una robusta supply chain. Le riforme regolatorie introdotte nella metà degli anni 2010 e l’apertura della Borsa di Hong Kong alle biotech pre-revenue nel 2018 hanno accelerato l’afflusso di investimenti.
SU QUALI CURE PUNTA LA CINA
Stando a McKinsey la Cina detiene il 54% degli asset anticorpi-coniugati (Adc) in fase 1 e 2 e il 48% degli anticorpi multispecifici. Sichuan Biokin, con 17 programmi Adc, ritiene che la sfida sia un problema essenzialmente ingegneristico. Altro campo in cui si sta muovendo il Paese sono le nuove terapie.
Rona Therapeutics, per esempio, fondata nel 2021 e specializzata in RNA interference (un meccanismo mediante il quale alcuni frammenti di RNA sono in grado di interferire l’espressione genica), ha già 15 candidati, tre dei quali in fase clinica. Secondo la Ceo Stella Shi “poiché il costo di sviluppare un farmaco è così più basso in Cina, le aziende possono permettersi pipeline più ampie”. La quota cinese nei farmaci innovativi in sperimentazione clinica è salita dall’8% del 2018 al 30% di quest’anno.
Per Alex Schweisgut, responsabile dell’investment banking sanitario APAC di BofA, le aree a maggiore attrattiva per gli investitori globali sono oncologia, immunologia, obesità, sistema nervoso e cardiovascolare.
PARTNERSHIP GLOBALI E LIMITI ATTUALI
La Cina rappresenta ormai il 20% degli accordi di out-licensing verso Stati Uniti ed Europa. L’avvocato Aaron Gu segnala la crescente presenza di asset cinesi venduti a gruppi multinazionali. Tuttavia, Chen Chen di UBS evidenzia che lo sviluppo avanzato e la commercializzazione globale restano ambiti in cui le aziende cinesi hanno “ancora molta strada da fare”, pur riconoscendo che “non sarà sempre così”. Inoltre, la pressione verso la localizzazione produttiva nei Paesi occidentali complica ulteriormente l’espansione.
Ecco, dunque, che per colmare il divario, molte biotech stanno stringendo alleanze internazionali. Per esempio, nel 2023 Sichuan Biokin ha firmato un accordo con Bristol Myers Squibb per co-sviluppare un Adc per tumori solidi e la quota cinese nei nuovi farmaci approvati dalla Food and Drug Administration (Fda) è cresciuta dall’1% del 2018 al 6% del 2025.
Intanto, come ricorda Bloomberg, Innovent Biologics ha visto approvato in Cina il farmaco dimagrante Mazdutide, posizionandosi come competitor di colossi globali. L’azienda ha siglato un’intesa con Takeda che può raggiungere 11,4 miliardi di dollari. Pfizer ha pagato quasi 1,3 miliardi per un farmaco oncologico di 3SBio, mentre AstraZeneca ha stipulato un accordo da 5,3 miliardi con CSPC Pharmaceuticals.




