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Educazione

L’educazione affettiva nelle scuole non ha senso. Parola di prof

Il post di Cesare Natoli, professore di Storia e Filosofia presso il Liceo Emilio Ainis di Messina, tratto dal suo profilo Facebook.

 

Si possono accettare tante cose. Ma se si chiede di introdurre l’educazione affettiva nelle scuole vuol dire che non si ha la minima idea di cosa sia la Scuola.

Ed è singolare notare che, spesso, coloro che chiedono questa idiozia siano gli stessi che hanno benedetto l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro e di altre cose simili nelle istituzioni scolastiche. Magari perché ce lo chiedeva il mercato, o l’Europa, o l’ultimo degli editorialisti progressisti de noantri. Quelli, cioè, a cui se gli si diceva che la Scuola deve formare Persone e non lavoratori o consumatori, ti rispondevano – e ti rispondono – “eh sì, certo, bella la poesia, bella la letteratura, ma poi il lavoro come lo trovi? Con Leopardi, con Kant, con Quasimodo! Con Montale?”

Ecco, gli stessi soggetti, magari, chiedono ora l’educazione affettiva… E secondo loro, Leopardi, Kant, Quasimodo, Montale a cosa caspita “servivano”, e servono?!

La Scuola, se lasciata nelle mani giuste, fa educazione affettiva, cognitiva, critica e formativa. E forma le Persone. Persone a 360 gradi. Che conoscano la sconfitta, il negativo, il rifiuto, l’abbandono, lo struggimento (perché glielo hanno insegnato la poesia, l’arte, la filosofia…), senza pensare a uccidere chi ne sarebbe responsabile. Che conoscano la dimensione tragica della vita e ne siano immuni, grazie ai greci e all’immenso patrimonio della cultura occidentale.

Si faccia di tutto per farla lavorare serenamente, la Scuola, senza partorire altre bestialità politically correct, buone solo a soddisfare pancia, richiesta di consenso ed emotività mediatica… E basta.

(Tratto dal profilo Facebook di Cesare Natoli)

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