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Ecco i farmaci anti Covid che funzionano (e quelli che non funzionano)

Covid-19: terapie consigliate, sperimentazioni in corso e farmaci non raccomandati. Il rapporto “Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale”, a cura del ministero della Salute e dell'Istituto Superiore di Sanità

Come curare Covid-19? Quali farmaci si usano contro Sars-Cov-2?

Ancora oggi non c’è un farmaco ufficiale e dedicato, seppur la gestione clinica dei pazienti si è evoluta nel tempo.

Ora la pandemia sembra essere più gestibile, ma resta la preoccupazione per i mesi invernali.

Ecco come l’Italia ha trattato e curato la malattia da Covid-19, le evidenze che sono emerse in questi mesi e i piani futuri, secondo un rapporto a cura del ministero della Salute.

NESSUN FARMACO DEDICATO

Partiamo da un dato di fatto: non abbiamo una cura certa e dedicata contro il Covid e tante ancora sono le incertezze sulle evidenze.

“Va opportunamente ricordato che, ancora oggi, esistono larghi margini d’incertezza rispetto all’efficacia di alcuni dei cardini terapeutici sopramenzionati e l’uso delle differenti terapie piuttosto che l’assenza d’impiego delle stesse dipendono dalla severità delle manifestazioni cliniche presentate dai malati. Non casualmente, vi è forte raccomandazione che soprattutto i malati che presentano la sintomatologia più grave (pazienti ospedalizzati) vengano inclusi in clinical trial la cui conduzione è mirata a definire in maniera conclusiva il ruolo delle diverse opzioni di trattamento”, si legge nel rapporto “Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale”, a firma del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità.

GLI STADI CLINICI DELLA MALATTIA

L’approccio medico e le terapie sono state scelte in base alla classificazione del Sars-Cov-2: infezione asintomatica, malattia lieve, malattia moderata, malattia severa e malattia critica.

LE TERAPIE EFFICACI (E QUELLE NO)

Tra i farmaci ritenuti efficaci c’è il Remdesivir, il Desametasone e le Eparine a basso peso molecolare. In fase di sperimentazione clinica c’è il plasma da convalescente e la terapia con immunomodulatori.

I CORTICOSTEROIDI

Consigliati, per il trattamento da Covid-19, sono i corticosteroidi, raccomandati dalle principali linee guida internazionali per la cura dei soggetti ospedalizzati con malattia COVID-19 severa che necessitano di supplementazione di ossigeno (inclusi i soggetti in ventilazione meccanica invasiva e non invasiva).

“I glucocorticoidi rappresentano l’unica classe di farmaci che ha dimostrato un beneficio in termini di riduzione della mortalità”, si legge nel rapporto, in cui si specifica che “principali evidenze a supporto dell’utilizzo del desametasone nel Covid-19 derivano dallo studio RECOVERY (Randomized Evaluation of Covid-19 Therapy), studio randomizzato controllato in aperto, condotto in UK sotto l’egida del Randomized Evaluation of Covid-19 Therapy, che confrontava differenti trattamenti in soggetti ospedalizzati con Covid-19. L’analisi dei 6.425 soggetti randomizzati (2.104 nel braccio con desametasone e 4.321 nel braccio usual care) ha dimostrato, nella popolazione generale, una mortalità statisticamente inferiore nel braccio in trattamento con desametasone rispetto al braccio di controllo (22,9% vs 25,7%; RR 0,83; IC95% 0,75-0,93; p<0,001)”.

REMDESIVIR

L’utilizzo di remdesivir, farmaco messo a punto dall’americana Gilead, è raccomandato “nei soggetti ospedalizzati con malattia Covid-19 severa, che necessitano di supplementazione standard di ossigeno, ma che non richiedono ossigeno ad alti flussi e ventilazione meccanica”, specifica il rapporto. La durata totale del trattamento deve essere di almeno 5 giorni e non deve eccedere i 10 giorni.

L’efficacia del trattamento è stata testimoniata, principalmente, dallo studio ACTT-1, un trial clinico randomizzato, in doppio-cieco, multinazionale, sponsorizzato dai National Health Institutes.

“I dati ottenuti hanno evidenziato, nella popolazione generale di pazienti ospedalizzati con Covid-19, una superiorità statisticamente significativa del remdesivir rispetto al placebo di 4 giorni nel tempo di recupero clinico nei pazienti del gruppo remdesivir rispetto a quelli nel gruppo placebo (11 vs 15 giorni HR: 1,32; IC95% 1,12-1,55; p<0,001). Nello strato di popolazione che presentava polmonite e necessità di ossigeno supplementare la differenza nel tempo mediano di recupero è stata di 12 giorni nel gruppo remdesivir contro i 18 del gruppo placebo (RR 1,36; IC95% 1,143-1,623; p<0,001)”, specifica il rapporto, che aggiunge: “Nella popolazione generale in trattamento con remdesivir è stato osservato un andamento più favorevole in termini di mortalità a 14 rispetto al gruppo placebo senza raggiungere la significatività statistica; HR 0,70; IC95% 0,47-1,04)”.

EPARINE A BASSO PESO MOLECOLARE

L’uso delle eparine a basso peso molecolare è consigliato “nella profilassi degli eventi trombo-embolici nel paziente con infezione respiratoria acuta e ridotta mobilità”, che presentano “livelli di D-dimero molto superiori alla norma (4-6 volte) e/o un punteggio elevato in una scala di “coagulopatia indotta da sepsi”.

Un’analisi retrospettiva su 415 casi consecutivi di polmonite grave in corso di Covid-19 ricoverati nell’ospedale cinese di Wuhan ha dimostrato che “la somministrazione di eparina (non frazionata o EBPM) per almeno 7 giorni poteva determinare un vantaggio in termini di sopravvivenza”.

IMMUNOMODULATORI

Non sembrano avere efficacia dimostrata gli immunomodulatori, anticorpi monoclonali anti-IL-6, anti-IL-1, inibitori della tirosin-kinasi.

Ancora non ci sono evidenze della loro efficacia. “Rimane ancora controverso in letteratura il ruolo degli immunomodulatori”, si legge sul report.

“Report preliminari di due studi relativi rispettivamente all’utilizzo di Tocilizumab e Sarilumab sembrano indicare una mancanza di beneficio del trattamento nelle popolazioni studiate”, sostiene il rapporto, in cui si legge anche che “sono stati recentemente comunicati i dati dello studio di fase III EMPACTA che dimostrerebbe un vantaggio del Tocilizumab rispetto allo standard di cura in termini di progressione alla ventilazione meccanica o decesso”.

PLASMA DA CONVALESCENTE

Efficacia scarsa anche per le terapie da plasma convalescente, dati di letteratura disponibili al momento non consentono di supportare raccomandazioni in merito all’uso del prodotto.

“Un trial clinico condotto in Cina nel periodo febbraio-aprile 2020, ma terminato precocemente a causa delle difficoltà di arruolamento per l’evoluzione epidemiologica dell’epidemia, in cui sono stati arruolati 103 soggetti con COVID di stadio severo o critico, ha dimostrato un beneficio del plasma da convalescente rispetto allo standard of care in termini di tempo al miglioramento clinico nel sottogruppo di soggetti con malattia severa. Al contrario, non vi era efficacia correlabile all’infusione di plasma nei soggetti con manifestazioni meno gravi attribuibili a Covid-19 così come nei pazienti in una situazione critica/avanzata”.

ANTICORPI MONOCLONALI: LO SVILUPPO CLINICO

In fase di sperimentazione è l’utilizzo di anticorpi monoclonali che potrebbero neutralizzare il virus e rappresentare un’opzione terapeutica importante nei pazienti Cpvid-19. La terapia è stata somministrata, tra gli altri, a Donald Trump che tifa per l’autorizzazione da parte della Fda ad un loro utilizzo emergenziale.

I FARMACI NON RACCOMANDATI

Diversi i farmaci per cui l’Aifa ha sospeso l’utilizzo off-label per la clorochina e l’idrossiclorochina (29 maggio 2020), lopinavir/ritonavir e darunavir/cobicistat (17 luglio 2020), il cui impiego è al momento previsto solo all’interno di studi clinici. la clorochina e l’idrossiclorochina (29 maggio 2020), lopinavir/ritonavir e darunavir/cobicistat (17 luglio 2020), il cui impiego è al momento previsto solo all’interno di studi clinici”.

OSSIGENOTERAPIA E POSIZIONE PRONA

E ancora, il rapporto del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità precisa: “Come tutte le ARDS trattate sino ad ora, anche l’insufficienza respiratoria grave da Covid-19 ha visto applicare le tradizionali tecniche di ossigenoterapia ad alti flussi umidificati e riscaldati (HFOT), di ventilazione non-invasiva e invasiva protettiva (bassi Volumi correnti, livelli moderati di Pressione di fine Espirazione (PEEP) tarati in ragione della risposta respiratoria, nonché l’utilizzo di farmaci con azione bloccante neuromuscolari nelle prime 24-48 ore, di tecniche di pronazione fino al ricorso all’ ECMO ossigenazione extracorporea) (103). In ottemperanza alle raccomandazioni, il ricorso alle varie tecniche è stato modulato, come di norma, in base alla gravità del quadro respiratorio”.

POSTI LETTO E VENTILATORI

Accanto all’uso e alla sperimentazione di farmaci, l’Italia ha risposto alla pandemia da Covid-19 aumentando i posti letto nelle terapie intensive: “si è arrivati a stabilire un aumento fino a 8679 PL, tradottosi in un ampliamento dei posti di TI da 12 a 14 ogni 100.000 abitanti, in questo modo andando a rispondere agli standard raccomandati dalle società internazionali di settore”, si legge nel report.

Aumentata anche la fornitura dei ventilatori meccanici: “La struttura commissariale delegata al contrasto dell’emergenza da COVID-19 si è fatta carico di recuperare i ventilatori necessari all’emergenza, ora parte dell’armamentario consolidato delle TI. Nel solo mese di marzo la struttura commissariale ha consegnato 1.231 ventilatori e 6.831 caschi per CPAP”.

COME IL GOVERNO SI PREPARA AD AFFRONTARE LA PANDEMIA PER L’AUTUNNO-INVERNO 2020-2021

 

Qui il rapporto “Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale”. 

 

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