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rapporto istat 2025

Ecco cosa dice l’impietoso Rapporto Istat 2025

L'Italia invecchia, le riforme arrancano e i diritti sociali rischiano la frammentazione. L'intervento di Francesco Alberto Comellini, Componente del Comitato Tecnico Scientifico dell'Osservatorio Permanente sulla Disabilità - OSPERDI ETS, sul Rapporto Istat 2025

 

Il Rapporto Istat 2025, nella sua limpida e impietosa rappresentazione dello stato del Paese, propone numeri che non lasciano spazio a letture rassicuranti. L’Italia è un Paese sempre più anziano, segnato da una denatalità strutturale, da un saldo migratorio insufficiente a riequilibrare la curva demografica, e da un aumento progressivo delle condizioni di disabilità e non autosufficienza. A fronte di questi dati, la piena attuazione delle riforme sociali già approvate costituisce oggi una sfida tanto prioritaria quanto impegnativa.

Tra i decreti legislativi emanati in attuazione della legge delega 227/2021 in materia di disabilità, il n. 62 del 2024 è attualmente in fase di progressiva attuazione sperimentale. Il suo impianto — che introduce la definizione giuridica unitaria della condizione di disabilità, la valutazione multidimensionale e i progetti di vita personalizzati — è oggetto di una prima applicazione su scala territoriale limitata, finalizzata a testare l’efficacia operativa delle nuove procedure e a validare modelli integrati di presa in carico. Si tratta di un passaggio delicato ma essenziale, che potrà fungere da base per la piena generalizzazione del sistema a partire dal 2027, a condizione che siano garantiti strumenti stabili di governance, formazione, accompagnamento e, soprattutto, per il monitoraggio dell’efficacia delle misure adottate in termini di risultato sociale e di effettiva inclusione delle persone con disabilità o non autosufficienti.

Il successo della riforma non dipenderà solo dalla qualità normativa o dalle coperture finanziarie, ma dalla capacità delle istituzioni pubbliche, a tutti i livelli, di mantenere coerenza e continuità politica. Su questo versante, non possono essere ignorate le tensioni emerse all’interno della maggioranza di governo, che hanno messo in risalto, anche pubblicamente, posizioni che alludono a una possibile rimodulazione dei rapporti di coalizione. È comprensibile ma meno condivisibile, che su specifici temi di interesse regionale o su scelte interpretative in materia di prerogative locali si possano registrare divergenze; tuttavia, ogni forzatura o rottura dell’equilibrio di governo rischia di compromettere la solidità istituzionale necessaria alla realizzazione di riforme così complesse e attese. In particolare, proprio nel settore della disabilità, dove la responsabilità ministeriale è attualmente attribuita a uno dei partner della maggioranza di governo, occorre richiamare tutti i soggetti istituzionali a una coerenza piena con il mandato ricevuto, nella consapevolezza che le cittadine e i cittadini destinatari delle riforme valuteranno nel merito l’effettiva messa a terra delle promesse elettorali.

La legge delega n. 33/2021 sulla non autosufficienza, insieme al decreto legislativo n. 29/2024, ha tentato di costruire un primo impianto sistemico per la presa in carico integrata delle persone anziane fragili, promuovendo l’assistenza domiciliare e superando l’attuale frammentazione tra sanitario e sociale. Ma anche qui, le considerazioni appena dette sulla stabilità necessaria, rischiano di incidere sui tempi di piena attuazione che già sembrano incerti, mentre la pressione demografica cresce. Il Rapporto ISTAT 2025 stima che nei prossimi quindici anni oltre sei milioni di persone ultra65enni vivranno in condizioni di solitudine. Tale dato, già di per sé drammatico, assume una rilevanza ancora maggiore se posto in relazione al rischio di perdita dell’autosufficienza e all’insufficiente offerta di cure formali accessibili su tutto il territorio.

In questo scenario, OSPERDI ETS propone una riflessione di fondo: occorre un cambiamento strutturale nel modo in cui lo Stato alloca e valorizza la spesa pubblica. La centralità del benessere e della salute della persona — come diritto sociale, come condizione di libertà individuale e come leva per la partecipazione economica — deve diventare il perno di un nuovo paradigma redistributivo. Non si tratta soltanto di destinare più risorse o di destinare quelle ritenute adeguate a soddisfare i bisogni della platea dei destinatari, che deve essere puntualmente individuata, ma di farlo in modo coerente con un disegno strategico che riconosca il valore economico della cura. Investire in salute, domiciliarità, accessibilità, inclusione e non autosufficienza significa liberare risorse oggi vincolate al risparmio forzato delle famiglie, invertire la curva del consumo privato, e generare nuova occupazione nei settori dell’assistenza, dell’educazione, della mediazione e della tecnologia assistiva. Si tratta, in sintesi, di attivare un circuito virtuoso tra investimento sociale e ripresa economica, spostando il baricentro della spesa da misure residuali a politiche strutturali.

I dati del documento “Analisi e tendenze della finanza pubblica” confermano quanto questa transizione sia oggi necessaria. Le voci di spesa in ambito socioassistenziale e sanitario, se ben coordinate e rese strutturali, possono divenire un asse di sostenibilità per il sistema economico, specie se accompagnate da una razionalizzazione della spesa fiscale improduttiva e da un’effettiva attuazione dei LEP in ambito sociale. Tuttavia, proprio il disegno di legge sui LEP, approvato il 19 maggio scorso dal Consiglio dei Ministri, pur rappresentando un passaggio tecnico rilevante, dovrà essere valutato sulla base della sua effettiva applicabilità. È auspicabile che l’estensione del processo di definizione dei livelli essenziali sia coerente anche con le aree qui analizzate — disabilità, non autosufficienza, politiche e servizi di comunità — evitando ogni riduzione frammentaria e settoriale dei diritti sociali.

Il Rapporto ISTAT 2025 rappresenta non solo un allarme, ma anche un’opportunità: quella di scegliere la direzione del cambiamento. La sfida che ci pone innanzi l’ISTAT non è più rinviabile e impone una visione che tenga insieme demografia e sviluppo, diritti e sostenibilità, prossimità e innovazione. I dati, le norme, le risorse ci sono. Le riforme, ancorché sperimentali e migliorabile, sono avviate. Serve adesso la forza politica di costruire un’alleanza istituzionale ampia, coesa e stabile, capace di preservare la fiducia dei cittadini, anche dei più fragili e, con essa, nuova vitalità all’intero Paese.

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