Sulle origini dell’hamburger sono state raccontate tante versioni. Una delle più recenti e, forse, la più suggestiva è che non sarebbe affatto vero che sia stato inventato ad Amburgo e nemmeno dai marinai americani. Secondo uno studio dell’università dello Iowa il primo hamburger compare addirittura nelle cucine dell’antica Roma. Si chiamava “isicia omentata” ed era un tortino di carne macinata impastata con bacche di ginepro e condita con una raccapricciante salsetta di pesce, una di quelle che venivano indicate con l’equivoco nome di liquamen. Ma, qualche secolo dopo, l’hamburger alla romana sparisce dalla tavola. E questo probabilmente è l’aspetto più interessante perché fa pensare subito a quanto sta avvenendo in questi anni. Progressivamente nell’alimentazione degli antichi si riducono le proteine animali e aumenta il consumo di quelle vegetali. Per motivi ovviamente diversi da quelli di allora è quello che sta avvenendo oggi.
Marco Panara, firma storica di Repubblica degli anni migliori, descrive in maniera efficace il cambiamento in atto con “La rivoluzione dell’hamburger. Dalla carne al vegetale. Il caso Kioene” (Post Editori, 192 pagine, 22 euro). Per sgombrare il campo da possibili equivoci sembra opportuno precisare che il libro non si appiattisce sulle tendenze di moda più o meno improntate a un malinteso politically correct. Non c’è il diktat animalista dei vegetariani. Né tanto meno il furore iconoclasta dei vegani. È invece il racconto di un’evoluzione che ha come obiettivo un migliore equilibrio sia nell’alimentazione sia nello sfruttamento delle risorse. Con un approccio giornalistico Panara ricostruisce il percorso di un’azienda che nasce come macelleria e diventa un gruppo imprenditoriale diversificandosi nello sviluppo delle proteine vegetali. La storia è quella della famiglia Tonazzo e delle sue nuove attività che vanno in parallelo con il ricambio generazionale negli ultimi cento anni ed è una storia in cui, oltre ai successi, ci sono state anche delusioni e sconfitte. Ma è soprattutto la descrizione di un caso emblematico che può essere considerato un esempio per le intuizioni e per l’interesse che gli imprenditori hanno verso il rinnovamento pur avendo alle spalle una consolidata attività tradizionale.
“La rivoluzione dell’hamburger” è però innanzitutto una lettura per comprendere come siano cambiate e ancor di più cambieranno le abitudini dei consumatori. Di fatto è un viaggio in quelle che Braudel definiva le strutture del quotidiano. La carne non è più il simbolo di ostentato benessere quale era diventato negli anni del boom. Non la si mette all’indice ma c’è maggiore consapevolezza. E grazie al libro di Panara si scoprono altri segreti dell’industria alimentare. È poco noto, per esempio, che i gelati che si mangiano in estate vengono prodotti già in marzo sulla base delle ordinazioni acquisite in gennaio. E, alla fine della storia, resta un interrogativo: come reagiscono alla diffusione delle proteine vegetali le grandi imprese della carne e dei latticini? Sono colossi che fatturano migliaia di miliardi e faranno di tutto ma la rivoluzione, ovvero il progresso, come il vento, non si può fermare con le mani.