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Cosa è la scienza

La scienza è libera da ogni principio di autorità, dall’ipse dixit. Dati, verifica, modelli, pubblicazione, riproducibilità, analisi, critica sono le sue parole chiave da tenere a mente per rispondere correttamente alle critiche contro la retorica sugli “esperti”. L’intervento di Giuseppe Biamonti

 

Si intensificano sui social, sui media e anche in alcuni settori politici, in tutto il mondo occidentale, le prese di posizioni contro la scienza. Il modo più corretto per rispondere non è certo farla diventare un dogma, come un articolo di Startmag teme, ma ribadire cosa sia la conoscenza scientifica, fornire una corretta informazione, gli strumenti per esprimere un’opinione ragionata. Secondo la Treccani “la Scienza è l’insieme delle discipline fondate essenzialmente sull’osservazione, l’esperienza, il calcolo, o che hanno per oggetto la natura e gli esseri viventi, e che si avvalgono di linguaggi formalizzati”.

La scienza moderna inizia con la rivoluzione del 17° secolo, con Copernico, Newton e Galileo, come alternativa al modello aristotelico-tolemaico, basata sulla sintesi di esperienza e ragione, conoscenze verificabili da discutere pubblicamente. Proprio per questo la scienza è libera da ogni principio di autorità, dall’ipse dixit. Dati, verifica, modelli, pubblicazione, riproducibilità, analisi, critica sono le sue parole chiave da tenere a mente per rispondere correttamente alle critiche contro la retorica sugli “esperti”.

Esiste una notevole letteratura al riguardo e non è certo questo il luogo dove aprire un dibattito filosofico. Esistono, però, alcuni punti da ribadire. Il primo punto è che la conoscenza scientifica non è di destra né di sinistra e tutti dobbiamo salvaguardare quest’autonomia da ogni forma di condizionamento. Tristi, infatti, sono gli effetti quando la scienza è assoggettata al potere politico o economico. Ovviamente i ricercatori, come tutti, portano con sé loro le proprie convinzioni politiche ma la Scienza con la S maiuscola non è quella del singolo ricercatore, bensì quella che si stabilisce dopo confronti e verifiche sperimentali nei vari laboratori in giro per il mondo.

Tutti utilizziamo oggetti che applicano conoscenze scientifiche: utilizziamo computer, internet, telefonino, frigorifero, automobile, che fanno parte della nostra vita quotidiana, anche se non capiamo come funzionano, perché abbiamo fiducia nei tecnici che li hanno sviluppati. Si basano su principi che derivano da un gran numero di osservazioni e sperimentazioni. In altre parole, ci fidiamo della scienza che è alla loro base. Ma tutta la scienza è degna di fiducia? Costantemente leggiamo notizie di nuove ricerche e scoperte. Sono tutte valide? Come capire di cosa fidarci e di cosa no, se non siamo esperti? Per approfondire questi argomenti è utile il recente saggio “Why trust Science?” di tre biologi molecolari americani: Bruce Alberts, già direttore di Science, Karen Hopkin e Keith Roberts.

Il secondo punto è: l’attività di ricerca è valutata costantemente; in modo molto semplificato, segue tre elementi: le attività sono sostenute da finanziamenti pubblici e privati assegnati su base competitiva, per accedere ai finanziamenti si valuta la affidabilità del ricercatore che deriva dalla qualità delle sue pubblicazioni. I risultati di ricerca, infatti, per venir pubblicati su riviste specializzate devono valutati in modo anonimo da altri scienziati internazionali che operano in organizzazioni differenti, alcune ricerche non vengono pubblicate proprio perché non raggiungono un livello sufficiente.

Questa valutazione anonima (peer review) giudica sia i lavori presentati per la pubblicazione che le richieste di finanziamento. Anche la progressione di carriera viene ripetutamente valutata. Non credo esista un’altra attività umana così sottoposta a valutazione.

Il terzo punto è che la scienza si autocorregge. Ovviamente i singoli scienziati, come tutti, possono commettere errori, tuttavia la critica, la collaborazione e la competizione permettono col tempo di arrivare a un consenso che è la migliore spiegazione possibile per il problema affrontato. Una spiegazione che si basa su dati riproducibili e replicabili. Come sostiene Naomi Oreskes in Why Trust Science: “La fiducia non è nel singolo scienziato o esperto, bensì verso la scienza come prodotto di una comunità che esamina in modo rigoroso le affermazioni fatte”. La scienza per capire il mondo utilizza predizioni verificabili, i dati derivati da osservazioni ed esperimenti precedenti, modelli che possono essere validati, modificati o confutati dal ricercatore stesso o da altri laboratori. In questo modo, si produce un consensus continuamente ridefinito sulla base di nuovi dati, strumenti e tecniche. Un processo nel quale anche idee consolidate possono venir rivalutate con prospettive completamente nuove.

Il quarto punto è relativo al metodo scientifico. Uno degli obiettivi della scienza è eliminare risultati irriproducibili e interpretazioni errate. Attraverso una rigorosa verifica delle ipotesi si correggono gli errori e la comprensione è sempre più accurata e affidabile. Sono state sviluppate pratiche che facilitano la verifica costante delle conoscenze: l’esperimento deve essere descritto in modo da poter essere riproducibile ovunque; devono essere previsti appropriati controlli; bisogna prevedere procedure adeguate per evitare di interpretare in modo non corretto il risultato sulle base delle proprie aspettative; bisogna prevedere metodi di analisi statistica dei dati per escludere che un risultato sia solo un caso fortuito.

Il quinto punto è relativo alla frode scientifica. Gli scienziati sono uomini e, come tali, alcuni preferiscono non aderire alle regole per raggiungere i loro obiettivi. Per motivi di competizione, posizioni ideologiche o spinte economiche possono decidere di modificare i dati e pubblicare modelli non corretti. Questo oggi è diventato più facile grazie ad una serie di riviste scientifiche “predatorie” che, pagando, pubblicano qualsiasi lavoro. Ovviamente per un non addetto è difficile districarsi. Il consiglio è di guardare sempre in modo critico le affermazioni pubblicate sui social o sui media cercando di identificare quelle più consolidate in ambito scientifico anche se distanti dalle nostre opinioni personali. I media dovrebbero considerare che su argomenti scientifici non vale il principio democratico di dare egual spazio a tutte le opinioni.

Per disincentivare la pubblicazione di dati non corretti e garantire l’eticità nei comportamenti le istituzioni e le principali riviste scientifiche si sono dotate di commissioni che valutano manipolazioni e frodi. In caso, chiedono di ritrattate il lavoro o addirittura di sospendere il ricercatore che ha truffato. E questo può portare a sospendere il finanziamento. I media dovrebbero tenere conto di queste valutazioni per non dare spazio ad affermazioni fraudolente, cosa che ad esempio non avviene sempre nel caso dei vaccini.

Un ultimo commento è relativo alla velocità con cui procede la ricerca e all’impatto sulla società. Non è raro che le nuove scoperte cambino il nostro modo di vedere il mondo. Questo si verifica in tutte le discipline, basta pensare alla fisica nel secolo scorso. Oppure alla biomedicina dove siamo passati in 150 anni dalla scoperta dei batteri che causano la tubercolosi da parte di Koch, alla visualizzazione dei virus nel 1931, alla scoperta che il materiale genetico è il DNA nel 1953, alla capacità di sequenziare genomi, identificare le mutazioni che causano malattie, produrre vaccini a RNA come nel caso del Covid o all’editing dei genomi con i sistemi di CRISPR. Se è difficile tenere il passo per gli addetti ai lavori, è ovvio che l’impressionante velocità nel cambiamento crei paure e reazioni nell’opinione pubblica. E non stupisce che possano diffondersi idee di congiure ideate da una sorta di Spectre economica o politica contro l’umanità, cavalcate più o meno in buona fede. Riportare il confronto su toni pacati e riflessivi e trasparenti è l’unica soluzione per apprezzare quanto di buono l’ingegno umano può fare per tutti noi, superando credenze, magie e miti.

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