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Riforma Facoltà Medicina

Cosa cambia per chi vuole iscriversi a Medicina e perché c’è polemica?

Fine del numero chiuso e addio al test d’ingresso sono le affermazioni che vanno per la maggiore dopo il via libera al disegno di legge delega per la riforma dell’accesso alla facoltà di Medicina, ma non è proprio così. Tutti i dettagli e i pareri dei professionisti (secondo cui non è vero che in Italia mancano i medici)

 

La commissione Istruzione del Senato ha dato il via libera al disegno di legge delega per la riforma dell’accesso alla facoltà di Medicina. Il numero chiuso resta mentre il test d’ingresso viene sostituito da una “graduatoria nazionale” che verrà stilata in base ai risultati ottenuti dopo un primo semestre aperto a tutti.

La novità riguarda anche i corsi di laurea in Odontoiatria e protesi dentaria e in Medicina veterinaria.

COME CAMBIA L’ACCESSO ALLA FACOLTÀ DI MEDICINA

Chi aspira a diventare medico non dovrà più affrontare il tanto temuto test d’ingresso, potrà seguire i corsi del primo semestre e, dopo aver sostenuto gli esami, uniformi per tutti, dovrà sperare di rientrare nel numero chiuso (che potrebbe passare dagli attuali 20mila a 25mila) di coloro che attraverso una “graduatoria nazionale” saranno ritenuti idonei a continuare il percorso.

Gli insegnamenti, inizialmente aperti a tutti, saranno individuati dal ministero dell’Università ma si tratterà di materie comuni anche ad altre facoltà di area “biomedica, sanitaria, farmaceutica e veterinaria” in modo che chi non dovesse rientrare nella graduatoria potrà sfruttare i crediti formativi degli esami superati per iscriversi a un altro corso affine. Anche questi saranno stabiliti con un decreto della ministra Anna Maria Bernini.

Resta invece da capire cosa potrà fare chi non ha intenzione di demordere e tentare di nuovo l’anno seguente. Altri decreti stabiliranno se gli esami conseguiti con esito positivo andranno comunque ripetuti.

TEMPI E ALTRE QUESTIONI DUBBIE

Bernini vorrebbe introdurre il nuovo sistema già dal prossimo anno ma non è sicuro che i tempi per far approvare i decreti attuativi ci siano. In tal caso, per l’anno accademico 2025-2026 gli studenti affronterebbero il concorsone a crocette come quest’anno.

Non è chiaro poi come potrà esserci una valutazione omogenea degli studenti nei diversi atenei. Si vocifera di un “sistema di equalizzazione dei punteggi d’esame, che verrebbero moltiplicati secondo un coefficiente diverso per ogni corso” e resta da definire anche se una università può lasciar iscrivere al primo semestre un numero potenzialmente indefinito di studenti.

COSA NON CONVINCE ROBERTA VILLA

Proprio su questi interrogativi ancora aperti è intervenuta la divulgatrice scientifica Roberta Villa, che in un thread su X ha scritto: “Non ci sarebbero aule, strutture, docenti, laboratori per accogliere i 60.000 che fanno richiesta ogni anno, col rischio di peggiorare notevolmente la preparazione dei futuri medici, di cui – ricordo – in Italia non c’è carenza”.

“Mancano alcuni specialisti – spiega – che hanno minori possibilità di integrare lo stipendio con attività privata. Anche in questo senso si sta prendendo qualche provvedimento. PURTROPPO, però, la soluzione decisa ieri non mi convince del tutto”

“Dove si troveranno aule, docenti ecc. per quei primi sei mesi aperti a tutti? Questa in fondo è un’obiezione poco grave. Io seguivo anatomia in un cinema, loro hanno anche l’opzione online. Mi preoccupa di più la valutazione, affidata ai voti dei primi esami – afferma Villa -. Sappiamo benissimo quanto questi possano essere variabili da ateneo ad ateneo e da docente a docente. Così facendo si apre la possibilità a sedi meno appetibili di attirare studenti usando una manica più larga o ai soliti raccomandati di ricevere trattamenti di favore”.

COSA DICE LA FEDERAZIONE DI MEDICI E ODONTOIATRI

D’accordo sul mantenimento del numero chiuso anche la Federazione degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO): “L’abolizione del test di accesso a Medicina non toglierà il numero programmato: questa è sicuramente una buona notizia perché abbiamo bisogno di programmare il fabbisogno dei futuri medici”, ha detto Filippo Anelli, presidente della Federazione.

Non solo. Anche per la FNOMCeO c’è un cortocircuito riguardo alle notizie relative alla carenza di medici: “I numeri che in questo momento circolano – prosegue Anelli – non sono coerenti con il numero dei medici che andrà in pensione. Forse dovremmo fare tutti una maggiore riflessione per evitare domani la pletora medica e dovremmo tutti quanti provare a riflettere sul valore che dieci anni di formazione hanno per un giovane medico. Tra dieci anni andranno in pensione meno di 7.000 medici e oggi noi consentiamo un accesso a medicina a oltre 20.000 ragazzi: una parte di questi probabilmente non avrà occupazione”.

CONTRARI A UNA PLETORA MEDICA ANCHE I GIOVANI PROFESSIONISTI

Preoccupati da un eventuale aumento fuori controllo del numero di neolaureati anche i giovani medici riuniti sotto le sigle Anaao Giovani, ALS e GMI: “Senza alcun meccanismo volto a programmare rigorosamente il numero annuale di laureati in medicina si contribuisce concretamente a creare la cosiddetta pletora medica poiché “aprire” la facoltà di medicina a 70.000 giovani e “richiuderla” dopo 6 mesi con ingresso effettivo di 20.000 di essi significa spendere miliardi di soldi degli italiani per formare un numero di medici quadruplo rispetto a coloro che andranno in pensione”.

Giusto invece sostituire il test a crocette – “salito puntualmente agli onori della cronaca per domande sbagliate da parte dei funzionari ministeriali”.

E tornando su quanto scritto anche da Villa i giovani medici si chiedono: “Come faranno le università, che hanno problemi di organico non molto differenti da quelli del Ssn visto che già oggi lamentano una carenza di docenti e infrastrutture, a soddisfare le esigenze formative di un corso di studi fondamentalmente pratico? Si insegnerà attraverso il metaverso? O sorgeranno ologrammi di docenti che si agiteranno in cinema e palazzetti dello sport reclutati alla occorrenza?”.

“Il problema – concludono – non è solo di chi oggi sta, male, dentro il sistema, ma di chi ci dovrà entrare prossimamente per garantire il disposto dell’articolo 32 della Costituzione. Ci auguriamo che i giovani non si facciano illudere da una proposta che mira solo a distogliere l’attenzione dai reali problemi del mondo del lavoro nella sanità pubblica di oggi, uno specchietto per le allodole che prepara per loro un futuro da sottooccupati se non disoccupati”.

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