Caro direttore,
il 28 novembre si è svolta, in videoconferenza, l’Assemblea della Fondazione Enpam (Ente nazionale previdenza assistenza medici), in cui tra i temi all’ordine del giorno vi era la discussione dei compensi degli organi statutari. Chi scrive non è membro dell’Assemblea (ma lo è stato in altri tempi: 1995-2002) e quanto scrive è frutto di informazioni “tra amici”.
Ritengo doveroso ricordare che l’Assemblea nazionale Enpam è composta da: 106 Presidenti di Ordini e dai seguenti eletti (maggio 2020):
-25 eletti in rappresentanza della FIMMG
– 5 pediatri di libera scelta;
-7 specialisti ambulatoriali e medicina dei servizi;
-15 liberi professionisti;
-6 dipendenti di lavoro pubblico o privato;
-1 contribuente alla sola quota A fondo generale;
-11 rappresentanti della Commissione albo odontoiatri,
-1 presidente della consulta degli specialisti esterni.
In tutto 176 persone.
Un numero enorme, in cui — peraltro — la presenza dei medici ospedalieri risulta costantemente “ridicola” rispetto a quella della medicina territoriale di varia estrazione.
Il terzo punto dell’ordine del giorno era appunto relativo ai compensi degli Organi Statutari, su cui nei giorni scorsi si era riscontrato un certo interesse da parte di alcune Associazioni che avevano inviato ai Presidenti degli Ordini ed alla stampa documenti informativi particolarmente critici relativi alla entità degli attuali compensi del Presidente e dei membri del CdA (Consiglio di Amministrazione) e del Collegio dei Revisori dei conti della Fondazione Enpam.
A questo proposito in Assemblea il Presidente Oliveti ha ribadito che i costi degli organi di gestione della Fondazione Enpam sono fra i più bassi fra quelli delle varie Casse di Previdenza, se rapportati al patrimonio amministrato, e sono giustificati dai positivi risultati conseguiti, essendo il patrimonio dell’Enpam notevolmente aumentato negli ultimi anni (dai 12,5 miliardi del 2012 ai 22,8 miliardi del 2019).
Il presidente ha poi dato lettura di una mozione che proponeva una riduzione dei compensi del 10% ed un tetto massimo annuale di 3,16 milioni di euro per gli Organi di gestione, precisando che se la mozione avesse ottenuto la maggioranza dei voti non sarebbe stata posta in votazione alcuna altra mozione o proposta.
Dei 172 colleghi presenti aventi diritto al voto, 148 si sono espressi a favore, 15 contro e 9 si sono astenuti.
Non è stata quindi posta in votazione la mozione presentata dagli Ordini di Ascoli Piceno, Campobasso, Ferrara e Piacenza che proponeva una riduzione dei compensi del 60% circa e ad un risparmio annuo di 1.580.000 euro da destinare ad attività di welfare ed al contenimento delle quote contributive.
Così sono andate le cose, ed è per questo che il presidente Oliveti può dire anche oggi che l’Assemblea ha stabilito democraticamente i compensi degli Organi di gestione e non all’unanimità.
Insomma solo 15/172 presenti (8,7% dei partecipanti) hanno votato contro e 9 si sono astenuti (“che senso aveva”?). Possiamo tranquillamente dire che noi stiamo dalla parte di chi ha fatto opposizione e non dalla parte di quanti (la maggioranza dei Presidenti FNOMCeO e i MMG, più alcuni altri).
Chi scrive è convinto che i compensi del Presidente, del CdA e del Collegio dei Revisori siano eccessivi e che in un periodo di così grave crisi economica ed etica una maggiore sensibilità verso i Colleghi e verso i giovani sarebbe stato un bel segnale.
Se Oliveti pensa di “aver dato un segnale alla categoria” nell’aver fatto approvare una riduzione del 10% dei compensi degli amministratori, con la la giustificazione che “si tratta di amministratori di una fondazione ad alta capitalizzazione e i compensi sono in linea con quelli degli amministratori di altri Enti di analoghe dimensioni” (questo il succo del suo discorso, a quanto ci hanno riferito), teoricamente può aver ragione.
Teoricamente ma non fattualmente.
Il punto non era quello di ridurre un costo già esoso, ma il dovere morale di ricondurre quel costo in termini accettabili, razionalmente ed eticamente, senza paragonarlo al patrimonio amministrato e tenendo soprattutto conto della funzione istituzionale della Fondazione Enpam.
Ancora una volta ci chiediamo perché non venga riorganizzato il settore assistenziale dell’Enpam, soprattutto relativamente ai sopravvissuti/e, e all’obbligo morale di garantire una Ltc (long term care) a tutti gli iscritti, inclusi i vecchi oggi esclusi.
Non siamo economisti né attuariali, ma continuiamo a chiederci (e a chiedere a Oliveti) se sia realmente dimostrato (conti alla mano) che il limite del 5% al fondo generale — destinato al Welfare — sia un limite giustificato da calcoli attuariali basati sulla sostenibilità, visto il bilancio e soprattutto il patrimonio dell’Enpam è notevolmente cresciuto. Più sinteticamente, dati i quasi 23 miliardi di patrimonio e i bilanci annuali costantemente positivi (grazie, Oliveti &Co) sembra incredibile che non si possa portare la spesa assistenziale ad almeno l’8% del fondo generale.
Oliveti dirà: “Il limite del 5% ci è imposto dal ministero del Lavoro”. Risposta nostra: “Cosa ha fatto Oliveti, in questi suoi anni presidenziali, per rimuovere questo assurdo vincolo del 5%?”.
Ancora, perché non ha mai fatto una indagine (utilizzando i suoi Presidenti di Ordine) sul numero dei medici italiani bisognosi di Ltc, quantificando così i possibili costi per l’Enpam e andando quindi a combattere con il ministero del Lavoro, a favore di questi medici “sfortunati”?
Ah, saperlo.
Due sono le cose certe. La prima, che su questo tema i pensionati FEDERSPeV (10.000) non staranno zitti. La seconda che, anche all’Enpam, c’è bisogno di rivedere le regole statutarie e regolamentari.
Dopo il Covid, nulla sarà più come prima. Anche in Sanità e anche (speriamo) nella FNOMCeO e nell’Enpam.
Quanti amici mi sono fatto, oggi?
Stefano Biasioli
Presidente FEDERSPeV Provincia di Vicenza
Pensionato pubblico ma Libero professionista in attività
Consigliere Cnel (funzione svolta in modo gratuito)