Dopo oltre 15 anni di attesa e quasi 8 dall’introduzione della figura del Caregiver Familiare nella Legge di Bilancio 2018, siamo di fronte a una svolta. Nel corso degli anni, il fondo dedicato ai Caregiver Familiari è stato modificato, incrementato, accorpato ad altri fondi ma oltre 140 milioni di euro sono stati destinati alle Regioni per sostenere questa categoria. Tuttavia, l’applicazione è stata disomogenea a livello nazionale e una regola univoca va assolutamente ricercata.
L’Articolo 53 della Legge di Bilancio 2026 ri-propone l’istituzione di un “Fondo per le iniziative legislative a sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare”. Sebbene la Ministra per le Disabilità, Alessandra Locatelli, abbia annunciato (Avvenire del 16 novembre) una dotazione di 250 milioni di euro annui a partire dal 2027, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio evidenzia uno stanziamento di 207 milioni, generando un divario di 43 milioni di euro. L’Espresso (edizione del 14 novembre) ha sollevato dubbi sulla provenienza di questi fondi, suggerendo che potrebbero derivare da tagli al “Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità”.
Per il 2026, l’Articolo 53 prevede uno stanziamento di soli 1,15 milioni di euro destinati, secondo i due articoli citati, all’INPS per la creazione di una piattaforma digitale per il censimento dei beneficiari. Ciò significa che l’erogazione effettiva dei contributi ai caregiver familiari inizierà solo e se tutto va bene, nel 2027. Questa tempistica solleva interrogativi, considerando che i fondi sono stati erogati alle Regioni dal 2018 al 2024 senza una piattaforma centrale. L’istituzione di questa piattaforma apre poi ad un altro problema e cioè se le risorse le gestirà solo l’INPS, tutti i servizi territoriali implementati dalle Regioni e dagli Enti locali in favore dei Caregiver familiari e sostenuti con iniziative finanziate dai trasferimenti operati in passato e derivanti dal precedente fondo per i caregiver familiari, che fine faranno? Attendiamo, fiduciosi, chiarimenti.
La proposta di legge governativa che sarà esaminata dal Parlamento nel 2026 (come annunciato dalla Ministro Locatelli) e finanziata con l’articolo 53 citato, ma solo dal 2027, sebbene non ancora pubblicata ufficialmente, delinea criteri di accesso molto stringenti per il sussidio economico diretto. Un contributo massimo di 1.200 euro trimestrali sarebbe riservato al “caregiver familiare convivente prevalente” con almeno 91 ore settimanali di assistenza, un ISEE familiare non superiore a 15.000 euro e un reddito da lavoro non superiore a 3.000 euro annui. Praticamente 1,01 euro/ora per un impegno usurante 13 ore al giorno 7 giorni su 7. Questi parametri limiterebbero la platea dei beneficiari a circa 52.000 persone come fa notare Avvenire in un articolo del 16 novembre, un numero esiguo rispetto ai 2,2 milioni di caregiver familiari stimati in Italia da ISTAT. In ogni caso la platea censita sarà ripartita in 4 fasce ma solo alla prima è destinato il sostegno economico. I sostegni non economici che saranno destinati alle altre tre categorie restano incerti, sia nel “cosa” sarà erogato, come nel da “chi” sarà erogato. Attendiamo, fiduciosi, chiarimenti.
Questa impostazione, che fissa un tetto di spesa e restringe la platea, sembra in contrasto con il principio della Corte Costituzionale (Sentenza n. 275 del 2016), che stabilisce che i diritti incomprimibili devono incidere sul bilancio, e non viceversa. Subordinare un diritto fondamentale come l’assistenza al congiunto con disabilità da parte del proprio caregiver familiare, alla disponibilità di risorse predeterminate, anziché adeguare le risorse al fabbisogno reale, inverte la logica costituzionale. Attendiamo, fiduciosi, chiarimenti.
L’Articolo 53 e la proposta di legge rappresentano un tentativo di riforma che, pur fortemente atteso, presenta criticità strutturali. La discrepanza tra fondi annunciati e stanziati, il presunto taglio ad altri fondi per la disabilità che rischia di comprimere i servizi già erogati, la tempistica che rinvia i benefici al 2027 e la definizione di una platea estremamente ristretta basata su criteri di povertà, richiedono un attento esame parlamentare (con conseguente assunzione di una responsabilità politica dinanzi agli elettori caregiver familiari). L’obiettivo dovrebbe essere quello di garantire diritti esigibili e universali, basati sulla valutazione multidimensionale del bisogno e del carico di cura correlato alle condizioni di gravità dell’assistito, anziché su meccanismi di selezione finanziaria che rischiano di trasformare un diritto in una “lotteria”.
Spero vivamente che il testo definitivo della Legge Locatelli possa essere diverso da quanto annunciato. Me lo auguro io ma credo anche se lo augurino anche i milioni di caregiver familiari che da anni sperano in un cambio della loro qualità di vita. Lasciare il testo della proposta di Legge come ci è stato rappresentato, comporta una enorme responsabilità prima che politica, morale verso i milioni di caregiver familiari che, oltre il 52.000 esimo, resteranno esclusi da ogni beneficio e sostegno economico, pur versando in pari condizioni di quelli ammessi attraverso un sistema a domanda ( l’inevitabile click-day ) dovuto ai fondi stanziati già insufficienti e ad esaurimento, rispetto ai bisogni di un Paese che invecchia e che vedrà, inevitabilmente, aumentare il bisogno delle persone con disabilità e degli anziani non autosufficienti, di assistenza da parte dei loro caregiver familiari. Restiamo fiduciosi, lasciamo lavorare il Parlamento, giudicheremo poi.




