A meno che non lo si voglia considerare un masochista o scimunito, il presidente ucraino Zelensky con la sua missione ieri a Roma e, più in particolare con il suo lungo ed “eccellente incontro” – parole sue – con la premier Giorgia Meloni ha voluto smentire rappresentazioni, voci, retroscena e quant’altro di un disimpegno italiano dall’appoggio all’Ucraina da quasi quattro anni sotto aggressione della Russia di Putin.
Sempre a meno che non lo si voglia considerare, ripeto, un masochista o scimunito, il presidente ucraino ha voluto “ringraziare” l’Italia per l’aiuto ricevuto e per il contributo che vorrà dare, non considerandola evidentemente esclusa, alle trattative visibili. e soprattutto invisibili, come vedremo, per una soluzione del conflitto che salvaguardi la sicurezza di un paese che la sola disgrazia di confinare con la Russia e di sentirsi europeo, tanto da avere chiesto l’adesione all’Unione. “Di lei mi fido”, ha detto Zelensky della premier italiana.
Il calendario e l’orologio parlano da soli. Zelensky ha voluto venire a Roma dopo essersi incontrato a Londra col presidente francese Macron e i premier inglese e tedesco e a Bruxelles con altri vertici comunitari e atlantici. Assente di certo la Meloni, come si è sottolineato politicamente e mediaticamente alludendo a una pretesa “marginalità” dell’Italia, ma perché – si è visto – la premier italiana sarebbe stata raggiunta a Palazzo Chigi. E dopo – altra circostanza non credo casuale – un’udienza del Papa a Zelensky, anch’essa di solidarietà, a Castel Gandolfo. Un Papa – Leone XIV – reduce da un viaggio e da colloqui, fra gli altri col presidente turco Erdogan, non proprio estraneo – direi – alla questione ucraina e al traffico diplomatico che la riguarda.
È stato proprio di ritorno da questo viaggio che il Papa conversando con i giornalisti ha parlato del ruolo che può avere il governo italiano sulla strada di una soluzione della guerra in Ucraina.
Mettete, per cortesia, tutte queste cose insieme e lasciatevi prendere dal sospetto, credo ragionevole, che nella diplomazia e, più in generale, nei confronti internazionali, il sommerso è generalmente più importante dell’emerso. A meno che non stiano tutti correndo sulla strada del suicidio di una terza guerra mondiale.






