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UNICREDIT BANCO BPM

Tutti i dubbi sul golden share su Unicredit-Banco Bpm

Natura e rilievi del golden power del governo su Unicredit-Banco Bpm

 

Ritenere UniCredit, una public company senza soci di controllo, straniera solo perché vi è una forte presenza di investitori internazionali, significa non cogliere la portata delle società con azionariato diffuso: la sede legale di UniCredit è in Italia; la legge che la regola è italiana; il registro delle imprese in cui è costituita e registrata è italiano; in Italia vi è anche la sede amministrativa; è quotata tra le altre nella Borsa italiana; il consiglio di amministrazione, tra cui l’amministratore delegato e il presidente, è a larga maggioranza italiana. Se il problema è il 5-7% di BlackRock, non è diversa la composizione di Banco Bpm, che ha come primo socio i francesi di Credit Agricole (con un potenziale 19%), seguiti proprio da BlackRock al 5%, oltre che da Deutsche Bank e JP Morgan. Non può poi essere considerata come minaccia alla sicurezza l’esposizione in Russia: non si tratta qui di eventuali soci russi in grado di interferire con le decisioni dell’impresa, bensì della presenza in Russia di controllate (al 100%) di UniCredit, che possono rilevare tuttalpiù dal punto di vista economico – come potenziale asset morto e svalutazione in bilancio – circostanza questa già oggetto di valutazione da parte della autorità di vigilanza europea.

LE PRESCRIZIONI IMPOSTE, TRA INGERENZA NELL’ATTIVITÀ DI IMPRESA E SOVRAPPOSIZIONE CON LE ALTRE AUTORITÀ

Opinabile non è solo l’attivazione in sé, ma anche il contenuto delle prescrizioni. Il dpcm non è pubblico, ma diversi giornali l’hanno visionato e la stessa UniCredit ha elencato in via sintetica i contenuti principali delle prescrizioni. In sostanza, vi è da un lato il tema dell’uscita di UniCredit dalla Russia, dall’altro alcuni vincoli di portafoglio e alla libertà di impresa per quanto concerne il rapporto impieghi-depositi e la sottoscrizione di titoli italiani da parte di Anima. Ebbene, sulla Russia il tema è complesso e si interseca con il diritto russo secondo cui sono regolate le controllate di Unicredit, tra cui AO UniCredit Bank, e il decreto del Cremlino dell’agosto 2022 che impone una autorizzazione alla cessione – circostanza che Putin usa per rallentare l’uscita o forzare a svendere l’asset. Ma soprattutto trattasi di una tematica già gestita dalla BCE, che ha assunto anche una decisione in merito, prescrivendo alle banche europee di ridurre i rischi da tale esposizione. Decisione impugnata da UniCredit innanzi al Tribunale dell’UE – perché poco chiara e che non tiene conto dei vincoli del diritto russo – con esito negativo (rigetto). Insomma, è una partita già aperta gestita dall’organo di vigilanza europeo.

LE PERPLESSITA’ SUL GOLDEN POWER PER UNICREDIT

Cosa c’entra e che senso ha aprirla anche sul fronte Golden Power, imponendo scadenze temporali per un processo delicato che comunque Orcel ha già avviato nell’ottica di una graduale riduzione dell’esposizione? Circostanza che va a rafforzare peraltro le perplessità delle istituzioni europee di recente sfociate nell’interlocuzione informale su risiko bancario e Golden Power: a riprova di come, da un lato, non convince l’utilizzo dello strumento in un settore già regolamentato, in particolare dall’organo di vigilanza unico (BCE); dall’altro, forse non convince nemmeno più tanto l’escamotage di avere ricompreso nell’ambito di applicazione del Golden Power anche le operazioni meramente domestiche, così da non essere accusati di discriminazione verso gli operatori europei, circostanza che si traduce in un formale rispetto del principio di non discriminazione, ma a completo sacrifico dei limiti alle restrizioni nella circolazione dei capitali. Ancora, piuttosto problematiche sono le prescrizioni sul rapporto impieghi-depositi, per un tempo arbitrario fissato in 5 anni e che integrano una vera e propria ingerenza nell’attività di impresa, che non tiene conto delle esigenze dettate dai cicli di mercato.

SI TORNA AL VINCOLO DI PORTAFOGLIO?

Allo stesso tempo, il mantenimento di titoli italiani in Anima si presta ad essere, da un parte, una sorta di re-introduzione del vincolo di portafoglio, dall’altra una ingerenza incomprensibile se rapportata alle altre vicende del risiko bancario: perché niente è stato disposto sui titoli italiani di Anima nell’acquisizione della stessa da parte del Banco Bpm mentre invece nell’ipotesi di acquisizione tramite l’ops sul Banco da parte di UniCredit divengono necessarie le prescrizioni sul mantenimento di una quota di titoli italiani? Difficile individuare un razionale. Una discriminazione che la banca di piazza Gae Aulenti ha difatti sottolineato.

IRRIGIDIMENTO PER ANIMA

Senza considerare, anche qui, che l’ingerenza, per un tempo arbitrario e con vincoli quantitativi, si traduce in un irrigidimento del servizio offerto da Anima ai propri clienti, che può avere sviluppi diversi a seconda delle fasi di mercato (recessione; richieste di riscatto; diversificazione etc.). Non si capisce invece se sono state previste, come circolava in diverse indiscrezioni stampa, anche delle prescrizioni sugli sportelli: in ogni caso, si tratterebbe di un ambito di competenza eventuale dell’Antitrust, non della sicurezza nazionale, con il rischio di determinazioni contrastanti dell’autorità politica e quella tecnica.

LA POLITICA CHE RITIENE INSUFFICIENTI I CONTROLLI DELLE AUTORITÀ TECNICHE

Un intervento nel settore finanziario rappresenta un inedito anche perché simili operazioni sono già di per sé molto regolamentate. Un’offerta pubblica in campo creditizio passa per l’autorità di vigilanza bancaria (Banca d’Italia e Banca centrale europea), spesso per quella assicurativa (Ivass), la procedura in sé è controllata dalla Consob e vi è poi sul fronte concorrenziale l’eventuale intervento dell’Antitrust. Insomma, diverse autorità tecniche che provvedono a tutelare il mercato e il suo buon funzionamento. Eppure, in questa fase di consolidamento si è inserito un nuovo attore, sempre più presente: lo Stato Panottico tramite Golden Power. Si tratta di un quid pluris, tale da aggiungere alle valutazioni tecniche un potenziale indirizzo politico.

Dopotutto, qualcuno potrebbe chiedersi a cosa serva una autorizzazione politica quando la vigilanza sulla stabilità finanziaria, il risparmio, la trasparenza e il buon funzionamento dei mercati, dovrebbe essere già sufficiente ad evitare iniziative ardite e potenzialmente disastrose per la tenuta del sistema.

LE DIFFERENZE TRA ISTITUZIONI FINANZIARIE E POLITICHE

Qual è questo quid pluris? Prima di tutto, la nazionalità. Ad esempio, BI-BCE effettuano analisi tecniche anche con riferimento al risparmio, ma si disinteressano della distinzione tra risparmio italiano, tedesco o francese. Stessa cosa le altre autorità rispetto ai singoli profili. Per la politica la nazionalità di un investitore conta, anche se europea, per le autorità tecniche no. Ancora, per la politica contano presidi territoriali, filiali, investimenti in ambito domestico, mantenimenti della sede legale nel territorio, favor del credito verso le PMI locali, sottoscrizioni di Btp.

LA RINCORSA DELLA POLITICA SULLO STATO

Insomma, mai come oggi lo Stato regolatore appare agli occhi della politica insufficiente. E allora, anche in un settore come quello finanziario-assicurativo, che solo dal 2020 ha assunto connotazioni di carattere strategico, si è affiancato lo sguardo dello Stato Panottico, ad intercettare tutti quei profili trascurati dalle autorità tecniche. Con rischi di sovrapposizioni, ingerenze problematiche sul mercato, utilizzo dello strumento per ragioni di dirigismo economico che vanno al di là dell’interesse e della sicurezza nazionale.

(Estratto da Osservatorio Golden Power, qui la versione integrale)

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