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Il lavoro spagnolo ultimo nella Ue per redditi e qualità. Report El Mundo

Fatti e numeri sul mercato del lavoro in Spagna che non si leggono in Italia. L'articolo del quotidiano El Mundo tratto dalla rassegna di Liturri.

(El Mundo, Alejandra Olcese, 9 dicembre 2025)

Nonostante la crescita occupazionale, la Spagna resta ultima in Ue per qualità del lavoro (26% sotto la media) e per redditi e stabilità. Il rapporto FOESSA-Caritas evidenzia che la precarietà colpisce il 47,5% della popolazione attiva (11,5 milioni di persone) ed è diventata la nuova normalità, alimentando disuguaglianza e povertà. L’esclusione grave è oggi il 52% sopra i livelli del 2007.

1. Sul persistere della precarietà nonostante la crescita occupazionale:

“La precarietà lavorativa si è trasformata nella nuova normalità, colpendo quasi la metà (47,5%) della popolazione attiva, ovvero 11,5 milioni di persone intrappolate in varie forme di insicurezza lavorativa.”

2. Sul legame tra precarietà e aumento della disuguaglianza e della povertà:

“La precarietà lavorativa è uno degli elementi fondamentali della disuguaglianza e della situazione di povertà di molte famiglie. Più di un terzo della popolazione in esclusione moderata o grave lavora.”

3. Sull’erosione della classe media e l’aumento dell’esclusione grave:

“Dopo due decenni di crisi concatenate, le fasi di ripresa non hanno chiuso la breccia e l’esclusione grave rimane molto al di sopra dei livelli del 2007, con un aumento del 52% nel 2024.”

4. Sulle dimensioni che determinano la bassa qualità del lavoro spagnolo:

“La precarietà è determinata non solo dai salari, ma anche dalla stabilità e prospettive future, dall’orario di lavoro e conciliazione, dalle condizioni, dalla formazione e dalla partecipazione. Questi sei elementi formano l’Indice di Qualità del Lavoro, che in Spagna è un 26% inferiore alla media Ue.”

5. Sulla posizione della Spagna rispetto agli altri Paesi Ue:

“La Spagna ha una posizione prossima alla media in tutte le dimensioni tranne redditi e, soprattutto, stabilità, dove presenta il valore minimo dell’Unione Europea, anche se gli effetti della riforma del lavoro del 2022 potrebbero migliorare questi risultati a medio-lungo termine.”

(Estratto dalla newsletter di Giuseppe Liturri)

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