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Perché la Spagna fa marameo all’Europa sui prestiti per il Pnrr

La Spagna rinuncia a una fetta sostanziosa dei prestiti europei per il suo Pnrr perché non sono convenienti. L'analisi di Liturri.

Arriva dalla Spagna la notizia che avremmo voluto ascoltare in Italia: Madrid rinuncia a una fetta sostanziosa dei prestiti del (loro) Pnrr perché non sono convenienti e preferiscono finanziarsi autonomamente i loro investimenti, emettendo titoli di Stato.

Grande risalto è stato dato sulle pagine di El Pais di ieri al fatto che Madrid, nell’ultima revisione del suo piano, ha deciso di rinunciare a buona parte dei prestiti (ne chiederà soltanto 22 miliardi su 83 inizialmente accordati e disponibili), mentre conferma che spenderà per intero la parte dei sussidi, pari a circa 80 miliardi, poco più dell’Italia.

Il perché è presto spiegato. Perché – si sono chiesti a Madrid – indebitarsi con la Commissione a tassi all’incirca pari a quelli che la Spagna può spuntare sul mercato dei titoli governativi? Meglio fare da soli, e non impazzire con il ginepraio burocratico che è il piano di ripresa.

In particolare – riferisce El Pais – nei titoli a due anni la Spagna paga sui mercati il 2,06% e la Ue il 2,16%, mentre nei titoli a 10 anni paga il 3,22% contro il 3,13% della Commissione, facendo sì che alla Spagna costi quasi lo stesso ricorrere ai mercati che alla Ue. Una situazione non molto lontana da quella italiana, il cui titolo a due anni ieri pagava intorno al 2,20% e quello decennale intorno al 3,40%. Pochi centesimi di differenza che non alterano la valutazione di convenienza a favore del titolo nazionale, che consente di spendere liberamente senza l’assillo della burocrazia di Bruxelles.

Da qui discende l’ovvia conclusione che «grazie al buon andamento dell’economia e alla fiducia degli investitori, la Spagna mantiene un buon accesso ai mercati finanziari, eliminando in pratica totalmente il vantaggio di costo del finanziamento dei prestiti della Commissione Europea».

Stessa situazione anche per l’Italia che da mesi beneficia di un significativo vento in poppa sui mercati e di un favore degli investitori, testimoniato da ultimo dalle promozioni da parte delle agenzie di rating.

Conclusione: gli investimenti in Spagna si faranno ugualmente ma, anziché rivolgersi alla “banca” Ue, costosa e farraginosa, si emetteranno dei comodi titoli di Stato a tassi praticamente equivalenti.

A Madrid l’hanno capito. A Roma preferiscono aumentare il debito pubblico di 122 miliardi ed avere come creditore la Commissione, con tutti i costi espliciti ed occulti che ne derivano.

Una promessa: quando qualcuno farà i conti del costo dei prestiti della Commissione – tuttora avvolti da un alone di mistero – e scoppierà lo scandalo, per la loro almeno dubbia convenienza, promettiamo che non rivendicheremo alcuna primogenitura.

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