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Cosa cambia con il voto dell’Onu sul piano di Trump per Gaza

Conversazione con il professor Marco Mayer, docente al Master in Cybersecurity della Luiss, sull'approvazione del piano di pace per pace dal Consiglio di sicurezza dell'Onu.

Stanotte il piano Trump per Gaza è stato approvato dal Consiglio di sicurezza dell’Onu con tredici sì e due astenuti, Russia e Cina. Cosa ne pensa?

Finalmente una buona notizia: si è accesa una luce in fondo al tunnel. Confermo quanto ho già dichiarato il 9 ottobre scorso a Startmag: il piano di pace è formulato in modo intelligente ed equilibrato. Ora si passa all’attuazione, e il diavolo si può nascondere nei dettagli.

Perché sente la necessità di ripetere questa valutazione?

Perché alcuni politici – soprattutto a sinistra – nonché alcuni autorevoli commentatori hanno parlato di “finto” piano di pace senza neppure averlo letto, soltanto perché era presentato da Trump.

Che significato politico attribuisce al voto del Consiglio di sicurezza?

Il primo aspetto è il buon rapporto che si è stabilito tra gli Stati Uniti e i paesi arabi e islamici. Il secondo è che la Russia non ha voluto esercitare il diritto di veto: il presidente Vladimir Putin non ha avuto il coraggio di mandare tutto a monte anche se sino alle ultime ore c’erano motivi di preoccupazione. Meno male.

L’astensione di Russia e Cina quali implicazioni ha?

Rappresenta un sostanziale disco verde. Naturalmente, di per sé non è garanzia di di successo. Nessuno lo ricorda mai e tutti danno la colpa all’Occidente, ma senza l’astensione di Russia e Cina il fallimentare intervento un Libia non sarebbe stato possibile. Speriamo che non si ripetano gli stessi errori. Trump ha sulle spalle una grande responsabilità come guida e garante della seconda fase del piano di pace.

A questo punto cosa succede?

La cosa più difficile da realizzare è il disarmo di Hamas: per questo occorre pianificare la presenza a Gaza di una forza militare multinazionale con obiettivi e regole di ingaggio molto chiare. L’esperienza ventennale del Libano è da evitare perché Unifil II non aveva e non ha tuttora il mandato e la possibilità di disarmare direttamente i miliziani di Hezbollah.

Che ruolo avrà l’Unione europea a Gaza?

Giovedì 20 i ministri degli Esteri decideranno un piano complessivo per Gaza al cui interno dovrebbe essere previsto l’addestramento di tremila nuovi poliziotti palestinesi.

Cosa prevede che accadrà in Israele?

Siamo già in un clima pre-elettorale e mi sembrano molto probabili elezioni anticipate. Un tema che già emerge è quello sulle responsabilità politiche e militari del 7 ottobre. In un articolo su Limes ho cercato di ricostruire le ragioni della sottovalutazione di Hamas nonché l’uso politico di questo gruppo terroristico da parte del Likud.

Sono stato a visitare Gaza nel marzo del 2008. Hamas c’era già in quegli anni, ma non mi sarei mai aspettato che in quindici anni avrebbe avuto la possibilità di trasformare Gaza in un arsenale militare così vasto e potente. L’indagine affronterà anche questo tema. È una questione delicata, ma le responsabilità di chi ha governato Israele non possono essere taciute.

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