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Perché l’austerità rottamata dalla Germania favorirà l’economia europea

Il cambio di paradigma ideologico del governo tedesco può essere l’innesco di una nuova pagina della storia europea. L'analisi di Carlo Benetti, Market Specialist di GAM

La Germania ha buone possibilità di ritrovare stabilità e di tornare a trainare l’economia europea.

Il totem dello “schwarze null”, il bilancio in pareggio, ha comportato sottoinvestimenti e gravi ritardi competitivi ma, perlomeno, i conti in ordine danno oggi alla Germania la possibilità di una politica fiscale espansiva per innescare una nuova fase di crescita, nel Paese e nell’intera Unione. La forza della manifattura tedesca, l’elevata specializzazione della sua forza lavoro, la qualità della ricerca e il posizionamento competitivo restano elementi chiave che possono continuare a sostenere il suo ruolo di leadership.

LA SVOLTA IMPRESSA DAL GOVERNO MERZ

Nell’insediamento del suo governo nello scorso maggio, Friedrich Merz aveva annunciato un piano di investimenti di 500 miliardi di euro in dieci anni per rilanciare la crescita della maggiore economia europea. Il fondo per investimenti e debito speciale è destinato alle infrastrutture, alla riforma energetica e decarbonizzazione, ai trasporti. È stata modificata una norma costituzionale per consentire alla spesa per la difesa di salire sopra l’1% del PIL.

Le scelte del governo Merz rappresentano una svolta ideologica rispetto all’ordoliberismo della prudente gestione fiscale: la Cancelliera Angela Merkel e il Ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble preferivano una bassa crescita senza debiti a una espansione finanziata con denaro pubblico, opzione non prevista dal modello renano dell’economia sociale di mercato. L’attuale Ministro delle Finanze Lars Klingbeil dichiara serenamente che “la nuova coalizione ha la responsabilità storica di riportare l’economia tedesca alla crescita”.

SULLA SCIA DEL “MOMENTO DRAGHI”

Il “momento Draghi” sembra aver contagiato il cancelliere tedesco: di fronte alle minacce alla libertà e alla pace nel continente europeo, Merz ha dichiarato che lo stesso principio del “whatever it takes” deve ora valere anche per la difesa: “a qualsiasi costo”.

Il compito che lo attende, però, è tutt’altro che semplice: dovrà bilanciare l’impulso espansivo con la sostenibilità di bilancio, convincendo i nostalgici del rigore fiscale, in primis all’interno del suo stesso partito, che tempi straordinari richiedono risposte straordinarie.

Solo attraverso una politica di spesa pubblica mirata alla modernizzazione delle infrastrutture, alla riduzione del divario tecnologico e allo stimolo della domanda interna, la Germania potrà liberarsi dall’immobilismo in cui l’aveva confinata il culto del pareggio di bilancio.

BENEFICIARE DALLA “FUGA DA NEW YORK” DEI CAPITALI

Nel frattempo, nella “fuga da New York” dei capitali in cerca di diversificazione al di fuori degli Stati Uniti, l’Europa emerge come una delle destinazioni più attraenti. Gli investitori guardano con favore agli stimoli fiscali e all’aumento della spesa europea per la difesa: segnali di una nuova fase di fiducia e di ambizione continentale.

La ripresa economica dell’area euro e la stabilizzazione dell’inflazione hanno sostenuto il recente rialzo dei mercati. Ma ciò che colpisce è che, nella corsa alla diversificazione, sono stati i listini dell’Europa del Sud a brillare di più. I Paesi un tempo bollati come debitori inaffidabili sono diventati i nuovi protagonisti: gli indici azionari di Grecia, Italia e Spagna hanno superato quelli di Germania e Francia.

I dati della prima metà dell’anno lo confermano: la Grecia è cresciuta dell’1,7% su base annua, la Spagna di oltre il 3% e con Italia e Portogallo portano avanti politiche di bilancio prudenti. All’opposto, emergono con chiarezza le difficoltà economiche e politiche della Francia.

GLI EFFETTI DELLA VOLATILITÀ

La volatilità dei listini racconta un doppio fenomeno: da un lato l’incertezza sui possibili effetti dei dazi sulle imprese europee, dall’altro la crescente presenza di investitori individuali, spesso orientati al breve termine. Tra i settori, si distinguono per solidità e performance i finanziari e gli industriali.

Guardando avanti, la volatilità non è destinata a scomparire. Le fasi di mercato cambiano, ma i principi della gestione attiva efficace restano gli stessi: crescita degli utili, rendimento del capitale, valutazioni coerenti. Regole semplici ma, come spesso accade in finanza, sono quelle che raramente tradiscono.

Ogni medaglia, tuttavia, ha il suo rovescio. Gli investimenti pubblici annunciati dovranno essere accompagnati da riforme strutturali di lungo respiro, saranno necessari tempo e determinazione politica. Le debolezze infrastrutturali accumulate negli anni non scompariranno dall’oggi al domani, mentre continua ad avanzare la concorrenza di Cina e Stati Uniti.

LA SFIDA DEL DEBITO PER LA GERMANIA

La Germania, come il resto d’Europa, deve anche fare i conti con l’invecchiamento della popolazione e con le conseguenze di una forza lavoro sempre più ridotta, difficile da rinnovare e qualificare. Nel breve periodo, però, la minaccia più immediata alla crescita europea resta il rischio del rallentamento economico, potenziale effetto collaterale delle politiche commerciali restrittive, e ancora imprevedibili, degli Stati Uniti.

Dopo anni di rigore e bilanci in ordine, Berlino sceglie la via del debito per sostenere la crescita, svolta ideologica e pragmatica presa d’atto di una nuova realtà: in un mondo che corre, anche la prudente Germania deve accelerare.

Se il governo tedesco saprà trasformare il debito in leva per l’innovazione, potrà non solo rilanciare la propria economia, ma anche ridare fiato a quell’idea d’Europa come progetto comune, come comunità di destino capace di credere ancora nel proprio futuro e incidere nella definizione dei nuovi equilibri globali.

 

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