Un americano è dunque diventato Papa davvero, e per la prima volta. Non per scherzo, come si era proposto il presidente Donald Trump travestendosi da Pontefice, convinto di fare lo spiritoso, ma sul serio, ripeto. Nei panni di uno entrato veramente e solamente in Conclave come un cardinale, Robert Francis Prevost, e uscitone col nome di Leone XIV. Non come l’italiano Pietro Parolin, entrato in Conclave come presidente e il Papa più probabile e uscitone come cardinale. Ora si vedrà se col nuovo Pontefice egli continuerà, o riprenderà, a fare il Segretario di Stato del Vaticano. O dovrà o potrà fare altro.
Fra le probabilità avute da Parolin di uscire Papa dal Conclave, sopravvissute per un’oretta alla fumata bianca della votazione, ci sono stati anche i tempi brevi dell’elezione del successore di Francesco: brevi come furono quelli degli altri Segretari di Stato arrivati al vertice della Chiesa. Moltissimi, a cominciare dai fedeli corregionali veneti presenti in piazza e raggiunti da microfoni e telecamere, già esultavano prima che i tempi delle procedure del Conclave potessero consentire l’annuncio del nome del nuovo Papa e il suo arrivo sulla Loggia delle Benedizioni della Basilica di San Pietro per l’esordio in pubblico e la sua prima benedizione ai fedeli dopo avere invocato una pace “disarmante e disarmata” in un mondo purtroppo di guerre.
C’è qualcosa sempre di intensa emozione in queste occasioni, riprovata a casa vedendo le immagini televisive e ormai lontane degli ultimi predecessori di Leone XIV. Ma questa volta l’intensità è stata forse maggiore, almeno per chi ha potuto vedere le immagini di Papa Prevost e ascoltarne le parole davvero in diretta. Non parliamo poi del pubblico accorso in piazza per godersi meglio lo spettacolo.
Per le dimensioni dei Paesi e delle aree di provenienza il primo Papa americano può aver fatto notizia, ed esserlo ancora, più del primo Papa polacco, o del primo Papa tedesco, o del primo Papa argentino. Anche, ripeto, del primo Papa polacco, giunto a Roma non solo da “un paese lontano”, come disse lo stesso Giovanni Paolo II la sera dell’elezione, ma da un paese a regime comunista, con tutto quello che significava allora il comunismo sovietico. Che crollò anche per effetto di quell’evento, per quanto Stalin a suo tempo avesse irriso alla forza della Chiesa chiedendo di quante truppe militari disponesse.
Ho già sentito esultare nei soliti salotti televisivi per l’elezione di un Papa americano che non si può confondere col presidente Trump. Il quale tuttavia è stato il primo a compiacersi dell’elezione di Pivot e di fatto a chiedergli di incontrarlo felicemente. Richiesta che non credo proprio verrà lasciata cadere da Leone XIV.