Dopo le solide performance dei mercati azionari negli ultimi sei mesi, gli annunci sulle tariffe Usa di inizio aprile non sono più al centro delle preoccupazioni degli investitori. Tuttavia, il loro impatto economico resta rilevante: si stanno già manifestando segnali di cambiamento nelle dinamiche del commercio globale, una tendenza che, con ogni probabilità, è destinata a proseguire nei prossimi mesi.
Partiamo dai dati: se nel 2022 le tariffe medie sulle importazioni negli Stati Uniti erano stimate intorno all’1,5%, oggi sono aumentate al 17% circa, con oltre 30 miliardi di dollari di dazi doganali pagati su base mensile. Un conto salato che qualcuno, tra esportatori, importatori e consumatori finali, deve sicuramente saldare. E le conseguenze sono già visibili: se si confronta il totale delle esportazioni cinesi con quelle verso gli Stati Uniti, si nota già come, mentre le prime hanno continuato a crescere, le seconde sono diminuite, segno che le imprese cinesi hanno già trovato nuovi mercati (spesso “emergenti”) per colmare il divario.

Crediamo che il commercio internazionale debba contribuire alla crescita globale, a prescindere dai vincitori e dai vinti che si celano dietro ai dati aggregati, e l’incremento delle esportazioni nei mercati emergenti è storicamente correlato con la crescita degli utili delle aziende di queste aree (vedi grafico sotto). Tariffe più elevate potrebbero frenare l’aumento delle esportazioni dei mercati emergenti in futuro, ma finora le aziende di questi Paesi sembrano aver retto piuttosto bene.
Ad oggi le implicazioni dei dazi su economia e inflazione nel lungo periodo devono ancora chiarirsi, soprattutto negli Stati Uniti, dove gli investimenti in Intelligenza Artificiale contribuiscono a sostenere l’economia. È in corso una vera e propria ristrutturazione delle catene del commercio globale, in particolare nei rapporti tra Pechino e Washington: è un processo che richiederà anni per manifestare a pieno i suoi effetti, ma finora i mercati emergenti sembrano tenere, mentre l’Europa, in particolare alcuni settori, come quello automobilistico, potrebbe risentire di più della situazione.






