Il 7 ottobre dunque è trascorso senza che nessuno abbia saputo o voluto portare in piazza non dico milioni, come i tre contati fra Roma e altre cento città nei giorni scorsi per solidarizzare con la popolazione di Gaza, ma qualche migliaia o solo centinaia di volenterosi, come si dice in questi tempi, per ricordare i 1200 morti e i 250 sequestrati nel pogrom di due anni fa in terra israeliana. Dove i terroristi di Hamas giunsero da Gaza condannandone la popolazione a subire gli effetti della guerra che sarebbe conseguita.
Di piazze rievocatrici se n’è avuta una sola a Bologna, ma alla rovescia, per manifestare a favore dei palestinesi, e nel solito trambusto di violenze e disordini.
Per fortuna i palazzi sono stati più sensibili delle piazze. Le vittime israeliane di quel pogrom “turpe”, come lo ha definito il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sono state ricordate alla Camera dei deputati e al Senato.
Ne hanno parlato anche conduttrice e ospiti del salotto televisivo di Otto e mezzo, su La7, pur profittando dell’occasione per rinnovare attacchi alla premier Giorgia Meloni troppo indulgente, se non complice, del governo israeliano nella sua pur riconosciuta reazione “sproporzionata” al pogrom. Moltiplicando per 60 in due anni a Gaza – ha detto, per esempio, Marco Travaglio – i 1200 ammazzati in poche ore in Israele. Il sottinteso di questi numeri è il confronto fra la ferocia di Netanyahu e quella minore di Hitler, che nella seconda guerra mondiale ordinava rappresaglie solo contro dieci per ogni soldato tedesco ucciso.
La premier, dal canto suo, ha rivelato di essere stata denunciata alla Corte Penale internazionale dell’Aja con i ministri degli Esteri e della Difesa, Antonio Tajani e Guido Crosetto, e con Roberto Cingolani, amministratore di Leonardo, per concorso in genocidio con Israele.
Ricordare all’inverso il “turpe” 7 ottobre – ripeto con Mattarella – come in piazza a Bologna è stato peggio che non ricordarlo, come altrove.