“L’Italia ottiene una promozione da Fitch: la conferma che il percorso del governo è quello giusto. Conti in ordine, responsabilità nel bilancio, economia che si rafforza, aumento dell’occupazione: non sono slogan ma risultati concreti”. È stato questo il commento di Giorgia Meloni dopo l’annuncio dell’upgrade del rating dell’Italia.
Nel centrodestra si parla di “strike di promozioni per i conti in ordine”, visto che il miglioramento del giudizio arriva dopo quelli di S&P, che ha alzato il rating lo scorso aprile, e Moody’s, che ha rivisto al rialzo l’outlook a maggio. La soddisfazione e l’orgoglio manifestati dal premier e dai ministri sono pertanto legittimi.
Viene anzi da chiedersi se i segnali di fiducia dei mercati internazionali non possano essere maggiormente considerati e comunicati; se la narrativa su stabilità politica, politiche economiche e lavoro sia efficace; se e perché non si rivendichino meglio i frutti raccolti. Ci possono essere diverse risposte, considerando la capacità comunica di Meloni, che fa escludere la sottovalutazione di questa potenzialità.
La prima attiene a un elemento che non si considera quasi mai nel dibattito politico, l’onestà intellettuale. Il presidente del Consiglio è consapevole “delle sfide che ci attendono – crescita, debito, sostenibilità”. E anche di un elemento sottolineato dalle opposizioni nelle reazioni e nelle risposte al rating positivo ottenuto dall’Italia, la scarsità delle retribuzioni, che mette fortemente a rischio lo sviluppo del Paese nel prossimo futuro. Se però è giusto non cullarsi sugli allori, va considerato anche un aspetto speculare, che uscire dal clima di ansiosa depressione nel quale siamo immersi, soprattutto a causa delle crisi internazionali, aiuterebbe lo sviluppo e gli investimenti. La crescita non si ottiene solo con il buonumore, ma il malumore perenne non l’aiuta certo.
Il sospetto è che, al contrario di quanto si dice parlando di regime o di Telemeloni, i mass media siano condizionati più dalle critiche che dagli incoraggiamenti. Le dinamiche di semplificazione e polarizzazione che governano i dibattiti, sia mainstream sia social, portano a esasperare gli elementi critici e negativi. E questo non fa bene, né alle persone né all’economia.
Adesso si apre una fase diversa nella quale avremo, purtroppo, alcuni mesi di campagna elettorale: già cominciata per le prossime regionali, proseguirà con il referendum sulla Giustizia e con le elezioni politiche. Questo periodo porterà da un lato Meloni a evidenziare maggiormente gli aspetti positivi del suo governo, dall’altro anche ad acuire l’ostilità con il centrosinistra, quello che viene normalmente e un po’ esageratamente definito “clima d’odio”. C’è da temere pertanto che la sindrome ansiosa-depressiva nella quale siamo immersi non migliorerà granché.