Con la riconferma del presidente Francesco Acquaroli (Fdi) candidato del centrodestra, che batte con circa 8 punti di scarto Matteo Ricci, ex sindaco di Pesaro, europarlamentare del Pd, le Marche fugano il ricordo della bruciante sconfitta nella limitrofa Umbria, il vero fortino profondo rosso espugnato dal centrodestra trainato da Matteo Salvini nel 2019.
La vittoria di Acquaroli nelle Marche conferma il radicamento territoriale di FdI, il partito del premier, Giorgia Meloni, ricompatta sul territorio la coalizione di governo, il cui valore aggiunto dell’unità fu messo a dura prova fino alla sconfitta di quasi un anno fa in Umbria, avvenuta come in una antica lotta tra Guelfi e Ghibellini di dantiana memoria a spese della governatrice leghista Donatella Tesei.
La vittoria del centrodestra nelle Marche con la riconferma di Acquaroli pone fine a certi tafazzismi del centrodestra. Ma conferma anche che nella coalizione nessuno può fare a meno dell’altro. Domina FdI, che esprime il governatore riconfermato, ma non sfonda al 30 per cento, premia FI di Antonio Tajani, oltre il 9, la Lega di Matteo Salvini poco sotto, a più dell’8 per cento segue a stretto giro. Dati registrati fino a notte, a spoglio ancora in corso.
Arianna Meloni, capo della segreteria politica di FdI, dedica la vittoria alla sorella premier, “Giorgia”. E sottolinea con orgoglio: “È la smentita che FdI non ha classe dirigente locale”. Il premier Meloni, presidente di FdI: “È stato premiato il lavoro fatto da Acquaroli al servizio della Regione”. Salvini si stringe ad Acquaroli e in un post scrive: “Agli insulti e alle polemiche della sinistra i marchigiani hanno dato una risposta chiara”. Tajani, che ieri 29 settembre, giorno del compleanno di Silvio Berlusconi, ha celebrato il primo presidente FI della storia della provincia di Gallura, e FI come primo partito a Aosta, sottolinea che “non hanno vinto i profeti di sventura, è stato premiato il buon governo”. Ed elogia il risultato azzurro che registra di nuovo il sorpasso di FI sulla Lega, seppur di un punto.
Di fronte alla compattezza riconquistata dalla coalizione di governo, dove l’uno ha bisogno dell’altro e non c’è una sovrapposizione meccanica tra voto nazionale e voto regionale, dove entrano in gioco altri e più complicati meccanismi, risalta lo sfacelo del “campo largo”. Il Pd scende di 2 punti, dal 25 al 23 per cento, pur restando il principale partito dell’opposizione, e il capo pentastellato, Giuseppe Conte, si blocca a poco oltre il 5 per cento. Non si vedono neppure i presupposti per fare un vero fronte alternativo. In tutto questo, riecheggiano in testa le parole di Ricci, che prima ancora di trasformare le Marche e la sua campagna elettorale in una sorta di seconda Flotilla per Gaza, si era lanciato nel luglio scorso persino in un attacco a Roberto Mancini, ex Ct della Nazionale azzurra di calcio, accusato di “aver preso soldi dalla Regione per far pubblicità alle sue Marche in tv”. Il “Mancio”, ancora un mito per milioni di Italiani dopo la coppa agli Europei, si disse a favore di Acquaroli.
Mancini è tuttora un mito non solo per i marchigiani suoi conterranei ma per milioni di Italiani dopo la Coppa agli Europei. L’ultima volta che gli Azzurri ci fecero sognare e i tifosi accolsero a Fiumicino la Nazionale azzurra e Mancini con “daje, Roberto. Alza la Coppa”. Era anche l’ultimo volo dell’Alitalia. Quando la sinistra fa davvero di tutto per sconnettersi dalla realtà e dal sentiment dell’intero Paese, oltre alle Marche riconfermate al centrodestra.