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Ecco come OpenAI, Microsoft, Google e Meta fanno affari con l’India

L'India sta rapidamente diventando un hub strategico per l’intelligenza artificiale. Ecco come secondo il settimanale The Economist

Si è recentemente moltiplicato – scrive l’Economist nel suo ultimo numero – l’interesse delle grandi aziende tecnologiche come OpenAI, Microsoft, Google e Meta per il mercato indiano dell’intelligenza artificiale (IA).

L’India, con i suoi 900 milioni di utenti internet, un’infrastruttura digitale avanzata e un quadro normativo favorevole, si configura come un terreno fertile per l’espansione dell’IA. Le aziende vedono nel paese un’opportunità unica per raggiungere un pubblico vastissimo e raccogliere dati preziosi per migliorare i loro modelli. Tuttavia, emergono timori sulla dipendenza da piattaforme straniere e sull’impatto sulle aziende tecnologiche locali.

L’India si trova a un bivio: diventare un leader globale dell’IA sfruttando la sua base di utenti o investire per sviluppare tecnologie proprie, evitando di restare un semplice mercato di consumo.

L’INDIA COME EPICENTRO DELL’IA GLOBALE

L’India, scrive l’Economist, sta rapidamente diventando un hub strategico per l’intelligenza artificiale, come sottolineato da Sam Altman, co-fondatore di OpenAI, che ne loda l’adozione “senza pari” a livello globale. Con il secondo mercato per numero di utenti, l’India potrebbe presto superare ogni altro Paese. OpenAI ha introdotto una versione economica di ChatGPT per il pubblico indiano e pianifica di aprire un ufficio a Nuova Delhi entro la fine dell’anno. Secondo Bloomberg, Altman potrebbe annunciare durante la sua visita in India un progetto per un grande data center.

Altre aziende tecnologiche non sono da meno: Microsoft ha promesso 3 miliardi di dollari per espandere le sue infrastrutture IA in India, mentre Google e Meta hanno siglato partnership con Reliance Industries, il conglomerato di Mukesh Ambani, per sviluppare data center e promuovere l’IA nelle imprese indiane. Anche la startup Perplexity ha fatto un ingresso deciso nel Paese, offrendo il suo servizio gratuitamente per un anno ai 360 milioni di clienti di Bharti Airtel, con un aumento dei download dell’800% in un mese.

OPPORTUNITÀ PER GLI UTENTI E SFIDE ECONOMICHE

Con circa 900 milioni di utenti internet, sottolinea il settimanale britannico, l’India è seconda solo alla Cina, ma a differenza di quest’ultima, è aperta alle aziende tecnologiche americane. Piattaforme come Android di Google, che alimenta il 90% degli smartphone indiani, e WhatsApp di Meta, con oltre 500 milioni di utenti attivi, offrono un vantaggio competitivo per l’introduzione di servizi IA.

Gli utenti indiani possono accedere a strumenti avanzati a prezzi estremamente bassi, come dimostrato da Netflix, che in India costa solo 1,69 dollari al mese contro i 7,99 dollari negli Stati Uniti. Tuttavia, generare profitti in India è complesso: i costi di elaborazione delle query IA, che si aggirano intorno a 0,07 dollari per milione di “token”, sono elevati e uniformi a livello globale. Perplexity, ad esempio, ammette che offrire il servizio gratis è costoso, ma punta a convertire gli utenti in clienti paganti, sfruttando l’alto livello di coinvolgimento registrato in India.

IL VALORE STRATEGICO DEI DATI INDIANI

L’India rappresenta una miniera d’oro di dati diversificati, essenziali per affinare i modelli di IA. La sua popolazione, che include molteplici gruppi linguistici e fasce economiche, offre un terreno di prova ideale per testare nuovi prodotti. Molti utenti preferiscono interagire con l’IA tramite comandi vocali, riflettendo il basso tasso di alfabetizzazione in alcune fasce della popolazione.

L’“India Stack”, un’infrastruttura digitale che integra servizi come l’identificazione biometrica e i pagamenti digitali, ha permesso a centinaia di milioni di persone di accedere a internet, generando dati unici. Questi dati, raccolti da utenti con background diversi, sono preziosi per le aziende che hanno già sfruttato i principali set di dati pubblici disponibili e cercano nuove fonti per migliorare i loro modelli.

UN QUADRO NORMATIVO FAVOREVOLE

Il contesto regolamentare indiano è un ulteriore punto di forza. Secondo Konark Bhandari del Carnegie Endowment, non esistono restrizioni al trasferimento transfrontaliero dei dati, consentendo alle aziende di utilizzare i dati raccolti in India per addestrare modelli all’estero. Questo rende il paese una risorsa strategica in un momento in cui le fonti di dati freschi scarseggiano.

Tuttavia, l’apertura dell’India alle aziende straniere solleva preoccupazioni. Le tensioni commerciali, come i recenti dazi imposti dagli Stati Uniti, alimentano il timore che le grandi aziende americane, con risorse superiori, possano dominare il mercato, soffocando l’innovazione locale e relegando le aziende indiane a ruoli marginali, come già accaduto in passato durante altre rivoluzioni tecnologiche.

IL FUTURO DELL’INDIA NELL’IA: LEADER O FOLLOWER?

Sam Altman è ottimista sul potenziale dell’India come “uno dei leader della rivoluzione IA”. Tuttavia, il paese deve decidere che tipo di leader vuole essere.

La sua vasta base di utenti offre un’opportunità unica per dominare il mercato, ma la scarsità di ricercatori IA rispetto al gran numero di sviluppatori rappresenta una sfida. Gli esperti temono che l’India rischi di diventare un mercato di consumo per tecnologie straniere, piuttosto che un centro di innovazione. Le aziende locali, come quelle del settore IT, potrebbero soffrire della competizione con i giganti americani, che dispongono di capitali e infrastrutture superiori.

Per evitare di ripetere gli errori del passato, l’India dovrà investire in ricerca e sviluppo per creare tecnologie proprie, bilanciando l’attrattiva per gli investimenti stranieri con la necessità di promuovere l’innovazione locale.

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