I paesi candidati all’ingresso dell’Ue sono Albania, Bosnia-Erzegovina, Georgia, Macedonia del Nord, Moldavia, Montenegro, Serbia, Turchia e Ucraina. Il Montenegro è il più avanzato e potrebbe entrare già nel 2027. L’Albania con il premier Edi Rama sta facendo uno sprint di riforme e vorrebbe unirsi all’Ue nel 2028. Nei Balcani occidentali, la Serbia e la Macedonia del Nord sono i due candidati più problematici. Tra i nuovi candidati, l’Ucraina e la Moldavia hanno fatto sufficienti riforme per aprire una serie di capitoli negoziali, ma il loro cammino è bloccato dal veto dell’Ungheria di Viktor Orban. Il processo di fatto è sospeso con la Turchia e praticamente fermo con Bosnia-Erzegovina e Georgia (il governo filo russo a Tblisi sta allontanando il suo paese dall’Ue). Dopo la guerra di aggressione della Russia e il ritorno di Donald Ttrump alla Casa Bianca, non è escluso che Norvegia e Islanda possano chiedere nuovamente di entrare.
I tentativi fatti da Antonio Costa per superare il veto dell’Ungheria sul processo di adesione dell’Ucraina – passare dal voto all’unanimità a quello a maggioranza per aprire i capitoli negoziali, conservando l’unanimità per il via libera finale – sono falliti, dimostrando quanto l’allargamento è ancora politicamente esplosivo. Sulle riforme interne dell’Ue, nemmeno i paesi più favorevoli all’integrazione europea sono disponibili a discutere. Costa ha registrato un accoglienza molto fredda, quando ha proposto di passare al voto a maggioranza in alcuni settori attraverso le clausole passerella. “E’ assurdo che Emmanuel Macron e Friedrich Merz parlino di Europa potenza e poi non siano disposti a fare le riforme interne indispensabili per realizzarle”, ci ha detto una fonte europea.
L’Ue può funzionare con 35 Stati membri con diritto di veto, una Commissione di 35 commissari e più di mille europarlamentari? Con il suo rapporto, Sandro Gozi indica diverse soluzioni: le clausole passerella, modifiche mirate ai trattati (per esempio per sanzionare le violazioni sistematiche allo stato di diritto), cooperazioni rafforzate nel settore della politica estera e di difesa per permettere a un gruppo di paesi di andare avanti, senza aspettare quelli più lenti o che non condividono le scelte. “Per avviare un dibattito sule riforme istituzionali, basta la maggioranza semplice. Basta che 14 leader al Consiglio europeo decidano che è arrivato il momento di discutere di riforme istituzionale e il processo formale viene avviato”, ricorda Gozi. Solo per un accordo finale “ci vuole l’unanimità”. Ma “finché non si avvia un dibattito non si potrà mai sapere se c’è un accordo minimo su alcune riforme esistenziali, indispensabili e inevitabili”, avverte Gozi.
Il pericolo non riguarda solo il funzionamento dell’Ue. La credibilità geopolitica dipende dal rispetto della parola data. Trovarsi nel 2030 a dire “no” all’Ucraina, alla Moldavia e agli altri candidati, perché l’Ue non è pronta ad accoglierla sarebbe il modo peggiore di spingerli nelle braccia degli avversari geopolitici dell’Europa.
(Estratto dal Mattinale Europeo)






