skip to Main Content

Cina Ia

Che cosa si dice a Wall Street dei vortici protezionistici fra Stati Uniti e Cina

Il commento giornaliero ai mercati finanziari di Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia Capital Partners Sgr, sulla guerra commerciale fra Usa e Cina con i riflessi su Wall Street Brutto inizio settimana per i mercati globali. Troppi eventi dall’esito incerto offuscano la visibilità degli investitori. Il pre-Summit europeo sull’immigrazione si è concluso senza risultati definitivi, come…

Brutto inizio settimana per i mercati globali. Troppi eventi dall’esito incerto offuscano la visibilità degli investitori.

Il pre-Summit europeo sull’immigrazione si è concluso senza risultati definitivi, come era nelle previsioni. Come noto, la Merkel preme per un accordo per evitare uno showdown in patria col ministro degli interni Seehofer, che ha minacciato di fermare in frontiera gli immigrati già registrati in altri paesi EU.

In verità, le news non sono cosi brutte. Da un lato, il clima nel meeting è stato costruttivo, e la possibilità di accordi bi/trilaterali al summit di giovedì-venerdì non è cosi remota. Resta da vedere se basteranno alla CSU per evitare uno scontro che imporrebbe alla Merkel la scelta se adeguarsi ( e sospendere Shengen), o licenziare il Ministro e rischiare di vedersi staccare la spina.

La seconda good news è che negli ultimi sondaggi la CSU in Baviera è scesa, e il peggior avversario della Merkel, Soeder, è calato vistosamente, finendo dietro Angela. Ciò potrebbe rendere più malleabile Seehofer. Ma il tempo stringe.

Riguardo le frizioni commerciali, il WSJ ha riportato che la Casa Bianca sta predisponendo norme che vietano ad aziende con oltre un 25% di capitale cinese di acquistare aziende US titolari di “tecnologie industrialmente significative” (la notizia ha ricevuto una sorta di smentita in giornata nientemeno che da Mnuchin).

Nel frattempo, le notizie di aziende alle prese con le incertezze imposte dai dazi si moltiplicano (vedi Harley Davidson). E’ evidente che gli investitori cominciano a valutare un impatto su crescita e utili di queste frizioni, per non parlare di un escalation.

In tema, la Cina ha annunciato nel week end un taglio di 50 bps della riserva obbligatoria, a decorrere dal 5 luglio, tanto per sottolinearne la funzione di supporto dell’economia a fronte dello stress derivante dai Dazi US, che partono il giorno dopo.

Due funzionari cinesi rimasti anonimi hanno dichiarato che il Governo cinese non ha intenzione di colpire i business USA in Cina per rappresaglia contro i dazi. Mi ricorda il vecchio aforisma sul diplomatico (se dice no, intende forse….).

Il citato clima è comunque valso una seduta negativa in Asia, coi principali indici in calo, e solo Seul in grado di chiudere in pari. Parimenti, l’apertura europea ha visto gli indici in calo sostanziale fin dai primi scambi, i rendimenti core in contrazione e lo spread in allargamento. D’altronde un eventuale crisi politica tedesca costituisce un evento “disaggregante” (concedetemi il termine) per l’euro, essendovi il rischio, in caso di nuove elezioni, che forze nazionaliste come AFD guadagnino ulteriore terreno. E allora addio integrazione.

L’indice è partito in negativo ed ha passato la prima metà di seduta a incrementare il passivo, trainato al ribasso dai settori più ciclici (IT, Consumer discretionary, Enegy & materials), mentre i difensivi, come utilitiers, telecom e consumer staples, tengono. La matrice da “growth scare” è evidente. Su alcune aziende tech impatta anche forse la nuova linea di difesa di Trump.

Anche le precisazioni di Mnuchin che le misure non sono dirette specificamente contro la Cina non sono risultate di alcun aiuto al sentiment.

Back To Top