Sarà un sintomo di intolleranza ma è diventato insopportabile sentir parlare di guerra da chi la vive da lontano. Ormai da tre anni si discute di geopolitica e soprattutto di armi mentre non si vede ancora un vero negoziato di pace. Ai conflitti in Ucraina e in Medio Oriente si aggiungono nuovi focolai di tensione come quello al confine fra India e Pakistan e ancora una volta ci si dilunga a descrivere gli arsenali dei due contendenti o l’efficienza di un aereo. Il vero volto di una guerra è invece quello che descrive Luca Steinmann con “Vite al fronte” (Rizzoli, 272 pagine, 18 euro) raccontando le vicende di tante persone che il conflitto l’hanno combattuto o, soprattutto, l’hanno subito. E finalmente emerge l’aspetto umano di chi è costretto a vivere gli orrori di un evento bellico.
Da inviato di guerra Steinmann è stato su tutti i fronti lavorando sia per i giornali sia per la televisione. Da cronista in prima linea ha visto gli effetti della guerra nel Donbass, in Israele, in Siria, in Libano, in Afghanistan e nel Nagorno Karabakh. E oltre ai rischi del mestiere ha dovuto affrontare anche qualche imprevisto. Steinmann è stato uno dei pochi giornalisti occidentali a raccontare l’aggressione all’Ucraina seguendo l’avanzata delle truppe russe. L’intervista a un rabbino nella città di Donetsk che rivela le vere condizioni degli ebrei nel Donbass diventa il pretesto per arrestarlo ed espellerlo per cinque anni dalla Russia dopo un processo tanto rapido quanto discutibile. La sentenza lo fa infuriare ma non lo scoraggia e Steinmann continua altrove a incontrare altre persone la cui storia è la testimonianza delle tragedie vissute a causa della guerra. C’è chi come Diana scappa dal conflitto in Ucraina pensando di trovare sicurezza in Israele e si ritrova nuovamente a vivere in tempo di guerra. C’è chi non ha aperto le ostilità ma finisce comunque per esserne coinvolto come i cristiani residenti nel Libano meridionale costretti a subire sia le bombe degli Hezbollah sia quelle degli israeliani.
Colpisce in “Vite al fronte” l’attenzione verso le conseguenze di tragedie del passato e anche per quelle guerre di cui nessuno parla più perché l’interesse si è spostato su più recenti e più pericolosi conflitti. Steinmann torna a visitare il campo palestinese di Sabra e Shatila e anche se dai massacri perpetrati dalle milizie maronite sono trascorsi quarant’anni la desolazione regna sovrana. E’ in qualche modo la conferma che le ferite non si rimarginano soprattutto se intorno continua a imperversare la guerra. Le storie umane che “Vite al fronte” racconta mettono in evidenza preoccupanti incognite per il futuro. Anni di guerra civile in Siria lasciano conseguenze che non si risolvono solo con la caduta del regime dittatoriale di Assad: quasi metà della popolazione ha trovato rifugio oltre confine o è sfollata in altre zone del paese e non basta proclamare la riconciliazione nazionale perché tutto torni alla normalità. Così come non basta invocare la pace perché la guerra finisca.