skip to Main Content

Discorso Von Der Leyen

Vita, opere e pensieri di Ursula von der Leyen (vista dalla Germania)

L'approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino sul prossimo presidente della Commissione europea

 

A sentire Martin Schulz, è stato scelto “il ministro più debole del governo tedesco” ed è uno scandalo che “una tale performance sia evidentemente sufficiente per diventare presidente della Commissione europea”. Risentimenti personali a parte (e Schulz, da quando ha bruciato il suo potenziale politico, ne è un portatore sano) le più forti delusioni per la scelta di Ursula von der Leyen alla maggiore carica dell’Unione Europea arrivano proprio dalla Germania. Talvolta la politica è bizzarra: proprio quando tutto sembrava indicare all’ambiziosa nobile tedesca una neppure troppo onorevole via del tramonto, ecco che dal cilindro delle indecisioni europee è uscito il coniglio della rinascita, l’inatteso balzo verso un eccitante proscenio europeo.

Una famiglia di nobili, medici e commercianti. Ma Ursula segue le orme del papà politico

Famiglia ed Europa nel suo destino. Con il probabile incarico europeo la ministra corona di fatto un ritorno a casa. È nata a Ixelles nel 1958, comune dell’immediato hinterland bruxellese e nella capitale belga vive fino al 1971, imparando il francese e inglese. Prende la maturità in Germania, poi avvia un percorso universitario irrequieto che la porta dall’archeologia all’economia (e dalla Germania all’Inghilterra) fino ad approdare a medicina ad Hannover, dove conclude gli studi.

Nata Albrecht, di professione medico, di sangue blu, Ursula von der Leyen è erede di una famiglia che ha già lasciato tracce nella storia della Germania: dall’antenato barone di Brema, che a fine ottocento pose le solide basi economiche della famiglia attraverso il commercio tessile con la Russia, al padre Ernst, politico, di cui Ursula può ritenersi vera e propria figlia d’arte. Scomparso cinque anni fa, fu presidente della Bassa Sassonia initerrottamente per 14 anni, dal 1976 al 1990 (è ancor oggi il record nella regione), prima di cedere lo scettro al futuro cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder. Nella famiglia Albrecht si contano poi medici, finanzieri come il fratello Donatus a capo della società d’investimenti Aurelius, capi d’azienda (l’altro fratello Hans-Holger è Ceo del servizio di streaming musicale Deezer) e dirigenti d’orchestra come lo zio George Alexander e il cugino Marc.

Anche la musica è in qualche modo nel destino familiare: su YouTube è ancora rintracciabile il video in cui una giovanissima Ursula si esibisce assieme a mamma e fratelli in un’imbarazzante performance televisiva per beneficienza, cantando una canzone popolare religiosa. La futura presidente della Commissione è luterana, come Merkel. Per chi fosse appassionato di collezionismo, il vinile realizzato dalla famiglia Albrecht è ancora acquistabile usato su Amazon: al momento bastano ancora 34 euro.

Di suo Ursula ha aggiunto il legame matrimoniale con il medico e professore Heiko von der Leyen, dirigente di un sofisticato laboratorio di ricerca in biotecnologia che collabora con l’Università di Hannover e a sua volta erede di una ricca famiglia di imprenditori della seta di Krefeld, premiata alla fine del Settecento con il titolo nobiliare prussiano. Se nella famiglia di origine la ministra poteva contare su cinque fratelli, quella da lei creata non è da meno: sette figli, partoriti fra il 1987 e il 1999.

Dopo i sette figli l’impegno in politica e l’ascesa al fianco di Angela Merkel

La carriera materna di von der Leyen ne spiega anche i successivi passi professionali. La cura dei figli ne impedisce negli anni Novanta la carriera professionale medica e anche quella politica deve attendere la fine delle maternità. Pur possedendo dal 1990 la tessera della Cdu, si deve aspettare il 2001 per vederla assumere una carica locale nel consiglio della città di Sehnde. Poi è una rapida ascesa sulle orme paterne. Entra nel consiglio regionale della Bassa Sassonia e occupa subito la carica di ministra della Famiglia cancellando come prima cosa il contributo assistenziale per disabili, attirandosi l’ira di sindacati e associazioni. Sono ancora gli anni della Germania malato d’Europa e della Cdu liberista, che incalza il cancelliere Schröder sulle riforme. Angela Merkel si appresta a succedergli e nella campagna elettorale del 2005 imbarca uno staff di quarantenni rampanti. Fra di essi c’è Ursula von der Leyen. Il distacco alla partenza fra Merkel e Schröder è di quasi 20 punti, il socialdemocratico soffre anche la rabbia del suo elettorato per le riforme nel frattempo adottate, ma la futura cancelliera si mangia quasi tutto il vantaggio incespicando sulla proposta di flat tax del professore Paul Kirchhoff, un giurista un po’ naif che Merkel lancia incautamente come futuro ministro delle Finanze e che Schröder si divora accusandolo di voler favorire i ricchi. La macchina della Cdu sbanda ma mantiene quel decimale di vantaggio sufficiente a vincere di un soffio le elezioni. Merkel e von der Leyen non dimenticheranno mai la lezione di Kirchhoff.

Da icona del nuovo conservatorismo alle politiche di stampo sociale

Diventa subito ministra (della Famiglia) e la stampa l’incorona come mamma della Germania, icona del nuovo conservatorismo, capace di coniugare l’educazione di sette figli e un’intensa carriera lavorativa. Facile, con le collaboratrici domestiche che può permettersi, chiosò lo Spiegel. Nel 2005 vince anche il Premio europeo Capo Circeo, una statuetta raffigurante la maga Circe per il suo impegno a favore dell’Europa e dell’amicizia italo-tedesca. È un riconoscimento che spesso (non sempre) è andato a personalità politiche e intellettuali di destra, oggi si potrebbe tranquillamente dire un premio che non dispiacerebbe ai sovranisti. Quell’anno lo riceve assieme a Marcello Pera (che pubblicava libri con Papa Ratzinger), a Igor Mann e Joaquin Navarro-Valls. Ma poi diventa subito alfiera del nuovo merkelismo, contribuisce a imprimere la svolta modernista alla Cdu che finalmente può iniziare la stagione del dopo Kohl. Mentre altrove i conservatori si lanciano in battaglie ideologiche su vita e sacralità della famiglia, von der Leyen inaugura politiche familiari in nome del pragmatismo. Il primo progetto della ministra è finanziare e potenziare asili nido e strutture di accoglienza per i bambini, fin dal loro primo anno di età. Si becca l’accusa di “socialdemocraticismo” da un vescovo di Augusta ma socialdemocratici si sentono scippare il terreno sotto i piedi. La tipica politica merkeliana di togliere l’acqua al mulino dei suoi concorrenti troverà nella von der Leyen una delle più tenaci interpreti. Poi introduce l’Elternzeit, il congedo parentale per i padri e si lancia in una guerra a tutto campo sul fronte della pornografia online.

Nella crisi dell’euro la contestata decisione di assorbire in Germania i disoccupati del sud

Nel 2009 passa al ministero del Lavoro. Mantiene posizioni pragmatiche su temi come il salario minimo e i sussidi Hartz IV, facendo attenzione a non scivolare sul terreno dell’assistenzialismo di Stato ma poi si muove a testa bassa contro Amazon nello scandalo sollevato da un servizio di Ard sullo sfruttamento dei lavoratori stagionali arruolati da Spagna, Romania, Bulgaria e Polonia. Durante la crisi dell’Eurozona elabora assieme a Schäuble un piano di intervento per alleviare la disoccupazione giovanile nel Sud Europa, in parte da delegare a Bruxelles, in parte da gestire autonomamente. Nel mazzo ci sono anche gli accordi bilaterali per l’assorbimento nelle aziende tedesche di giovani disoccupati europei, un modo per coprire la mancanza di manodopera delle aziende tedesche e sfiatare la pressione sui mercati saturi del sud. All’accusa di favorire la fuga dei cervelli dalle nazioni mediterranee von der Leyen contrappone le virtù della mobilità interna all’Ue dei lavoratori e dice: “Preferisco che i giovani restino a lavorare in Europa, piuttosto che emigrare in altri continenti”. Chiuderà accordi con Spagna e Portogallo, dall’Italia (allora guidata da Letta e poi da Renzi) nessuna notizia.

Al ministero della Difesa più spine che rose

Con il terzo governo Merkel c’è il salto al ministero della Difesa. Von der Leyen è da tempo considerata fra i probabili successori della cancelliera ma il passaggio alla Difesa sembra il segnale che fra Merkel e lei i rapporti non siano più quelli idilliaci di un tempo. Le Forze armate sono un osso duro, in quel ministero si sono bruciati quasi tutti gli ultimi titolari, da Franz Josef Jung a Theodor zu Guttenberg. E in effetti anche l’astro di von der Leyen si appanna nella ragnatela delle stellette. Porta nelle caserme una ventata di innovazione, introducendo gli asili nido, poi predica la modernizzazione dell’apparato, dagli armamenti ai sistemi di addestramento. Chiede più risorse (non sempre ottenute) per superare il ritardo strutturale della Bundeswehr, poi si scontra con i vertici sul tema delle infiltrazioni di militari di estrema destra. Apre le porte dell’esercito ai cittadini dell’Ue, è meno rigida della sua cancelliera nello scontro con Trump sulla quota tedesca al bilancio Nato ma non ottiene da Scholz i soldi necessari per far seguire le parole ai fatti. Il suo ultimo progetto guarda a una più stretta collaborazione fra le forze armate tedesche e francesi come embrione di un prossimo, necessario esercito europeo. Da ultimo le polemiche sulle spese per i consulenti del ministero, un presunto scandalo ancora aperto su cui i Verdi non intendono mollare. Proprio quei Verdi che, assieme ai socialdemocratici tedeschi, potrebbero ancora impedirle di ritornare a Bruxelles dalla porta principale. La battaglia di von der Leyen non è ancora decisa, il parlamento europeo potrebbe rivelarsi un ostacolo insidioso. Ma in quell’arena l’ex astro ascendente della politica tedesca proverà a incassare il suo maggior successo: lasciare il ministero della Difesa tedesco indenne e sfuggire alla fine di una carriera annunciata. Si vedrà se sarà un bene per l’Europa.

Back To Top