Skip to content

Giorgetti

Vincitori e vinti del bis di Mattarella

Chi ha vinto e chi ha perso con la rielezione di Mattarella alla presidenza della Repubblica? Che cosa si evince dalle (bizzarre) ricostruzioni dei quotidiani nazionali. I Graffi di Damato

Grande è la confusione nei partiti, si potrebbe dire parafrasando in qualche modo Mao. Ma altrettanto grande è la confusione nei giornali, a cominciare – vedo – da quello più diffuso, che è il Corriere della Sera. Il cui direttore Luciano Fontana aveva prudentemente corretto ieri Emilio Giannelli avvertendo che “le macerie” fra le quali era appena avvenuta la rielezione di Sergio Mattarella a presidente della Repubblica non erano quelle del Parlamento, rappresentate dal suo vignettista in prima pagina, ma dei partiti. appunto. Non però di tutti o un po’ tutti i partiti, come appunto Fontana mostrava di ritenere: solo di alcuni, ha ottimisticamente precisato – se non corretto – oggi sullo stesso giornale l’ex direttore Paolo Mieli. Che scrive e parla – in televisione – sempre su quel crinale fra il cronista e lo storico che ne ingrandisce le stesse sembianze fisiche da Hitchcock e gli consente licenze che forse i suoi successori in via Solferino non permetterebbero ad altri.

“A ben guardare – ha scritto il mio amico Paolo – i partiti sono usciti meno malconci di quanto ci è potuto apparire in presa diretta. Due di loro, Pd e Fratelli d’Italia, sono addirittura in uno stato di discreta euforia”, pur avendo anch’essi mancato l’obiettivo comune dell’elezione di Mario Draghi, perseguito dall’uno – il Pd – per evitarne il logoramento alla guida del governo nell’ultimo anno di questa legislatura più pazza del mondo, e dall’altro scommettendo sul suo coraggio di sciogliere le Camere prima dello loro scadenza, al primo intoppo. Ma già questa curiosa convergenza e al tempo stesso divergenza fra Enrico Letta e Giorgia Meloni francamente dovrebbe dare all’uno e all’altra ben poche ragioni di una pur “discreta” euforia, ripeto.

L’editorialista ed ex direttore del Corriere della Sera si è spinto tuttavia anche oltre, riconoscendo qualche ragione di compiacimento pure a Silvio Berlusconi nel campo del centrodestra, che Giorgia Meloni vorrebbe addirittura rifondare dopo lo sfascio al quale l’avrebbero portato lo stesso Berlusconi e Matteo Salvini schierandosi alla fine per la conferma di Mattarella. Il pur vecchio e non molto bene in salute Cavaliere potrebbe invece riprendere in mano la guida dell’alleanza per la sua maggiore esperienza e notorietà internazionale.

Anche Matteo Renzi, secondo Paolo Mieli, sarebbe uscito dall’infernale giostra del Quirinale con qualche soddisfazione che potrebbe risultargli utile nel cantiere in corso, per quanto confuso anch’esso, della cosiddetta area di centro. In fondo il senatore di Scandicci, pur essendo annoverabile fra gli sconfitti – secondo la logica di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano – per la mancata elezione di Draghi al Quirinale, avrebbe più diritto di tutti di compiacersi della conferma di Mattarella per averlo lui mandato la prima volta al Quirinale, nel 2015, quando era contemporaneamente segretario del Pd e presidente del Consiglio e dimostrò quindi eccellenti capacità di regista, o kingmaker. Renzi può inoltre ben vantarsi dell’offensiva condotta e vinta contro il tentativo di Conte e Salvini di mandare al Quirinale persino la regina degli 007 Elisabetta Belloni.

Dicevo della logica di Travaglio sugli sconfitti individuabili nella mancata elezione di Draghi al Quirinale, per cui in testa ai vincitori starebbe Giuseppe Conte: talmente vincitore da potere respingere e rovesciare, con l’aiuto esterno di Alessandro Di Battista, il processo che all’interno del MoVimento 5 Stelle gli ha aperto Luigi Di Maio. Il quale era tra i “draghiani infiltrati”, sempre secondo Travaglio, nei vari partiti di maggioranza e opposizione. Ma già questa curiosamente compiaciuta rappresentazione dei fatti dà la misura – felicemente sottolineata dal manifesto con quel titolo copertina Litership – della confusione o della polvere di stelle cui praticamente è ridotto l’omonimo movimento presuntuosamente “centrale” della legislatura uscita dalle urne dell’ormai lontanissimo 2018.

Torna su