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Viaggiatori

Gli italiani? Un popolo di viaggiatori straordinari

"Viaggiatori straordinari" di Marco Valle letto da Tullio Fazzolari.

Con rammarico bisogna farsene una ragione. Viaggiare non è più come una volta. Ormai non esiste angolo della Terra che non sia stato già scoperto e raccontato. E questo toglie al viaggio quasi tutto il fascino dell’avventura. Non a caso, negli ultimi anni chi vuole provare questa ebbrezza di fa lanciare nello spazio come Jeff Bezos oppure paga cifre esorbitanti per esplorare le profondità degli oceani. Saranno pure sensazioni estreme ma, al di là della soddisfazione individuale, sono anche abbastanza inutili. Nulla a che vedere con i viaggi del passato, avventurosi  e romantici, che richiedevano grande coraggio ma portavano quasi sempre conoscenza di nuovi mondi e nuove opportunità. Basterebbe citare Marco Polo a cui si deve di fatto la “scoperta” della Cina. O i grandi navigatori dei secoli successivi, da Colombo a Vespucci. Guarda caso tre italiani ma ce ne sono stati molti altri.

Marco Valle con “Viaggiatori straordinari. Storie, avventure e follie degli esploratori italiani” (Neri Pozza, 320 pagine, 20 euro) racconta tutti i protagonisti di una epopea di imprese spettacolari durata circa cinquecento anni. E in molti casi, grazie al libro di Valle, si riacquista memoria di vicende che rischiavano d’essere dimenticate. Per esempio, si sa abbastanza della missione di padre Matteo Ricci in Cina ma non si può dire altrettanto del viaggio in Tibet di un altro gesuita, il pistoiese Ippolito Desideri che appena ordinato sacerdote nel 1712 riceve l’incarico di recarsi a Lhasa. Per arrivare a destinazione impiega quattro anni circumnavigando l’Africa e attraversando l’India e l’Himalaya. Riesce a incontrare il re e dice con sincerità che lo scopo del suo viaggio è convertire i tibetani al cattolicesimo. La risposta del sovrano è tutt’altro che ostile ed è un invito a studiare cultura e religione buddhista prima di fare apostolato. Desideri lo prende in parola e diventa uno dei maggiori conoscitori del Tibet e del buddhismo ma non ha il tempo di convertire nessuno. E a impedirglielo è proprio la Chiesa cattolica all’interno della quale le iniziative dei gesuiti sono malviste. Riceve così l’ordine di rientrare in Italia. La missione è fallita ma il viaggio resta grandioso.

Di storie così affascinanti Marco Valle ne racconta un’infinità. Quasi inedito è che a scoprire le sorgenti del Mississippi non sia stato un americano come Kit Carson bensì un bergamasco di nome Giacomo Beltrami. Il ruolo di italiani “viaggiatori straordinari” diventa sempre più intenso con l’esplorazione del continente africano. Il missionario Giuseppe Massaja finisce per diventare un consigliere di Menelik in Abissinia. Vittorio Bottego muore tragicamente cercando un fiume navigabile in Somalia. Pietro Savorgnan di Brazzà raggiunge le regioni del Congo che poi diventeranno colonia francese. Leggendo il libro di Valle si ha anche la conferma che l’opera degli esploratori italiani non era minimamente collegata ai disegni imperialisti di Crispi, Giolitti e Mussolini. Alla base di tutto c’era l’amore per la conoscenza. Lo stesso che spinge Umberto Nobile al Polo Nord la cui avventura conclude emblematicamente “Viaggiatori straordinari”.

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