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Pace Giusta Ucraina

Vi spiego quale può essere una pace giusta fra Russia e Ucraina

Come può finire la guerra in Ucraina? E quale può essere una pace giusta evocato dal cardinale Zuppi? L'analisi del generale Carlo Jean

 

Nel suo apprezzatissimo intervento al convegno di Rimini, il cardinale Matteo Zuppi, inviato speciale della Santa Sede per la pace in Ucraina – o, quanto meno per promuovere iniziative umanitarie, prima fra le quali il ritorno alle loro famiglie dei bambini rapiti dai russi o, almeno, di “porre una pezza” ai guai provocati precedentemente dal Vaticano – ha affermato la necessità che qualsiasi pace sia “giusta” e “sicura”. Il termine “sicura” è chiaro. Si tratta di predisporre un sistema di dissuasione che garantisca Kiev da nuove aggressioni. Esso dovrà necessariamente essere definito in negoziati e garantire che la Russia, riorganizzate le sue forze e la sua industria degli armamenti, non aggredisca nuovamente l’Ucraina.

Inevitabilmente, in esso dovranno essere coinvolti gli Usa e prevedere meccanismi sufficientemente affidabili da attivare in caso non solo d’impiego, ma anche di minacce nucleari del Cremlino. Queste ultime costituiscono una violazione del Trattato di Non-Proliferazione, ma sono entrate a far parte del repertorio della strategia dichiaratoria del Cremlino, specie delle dichiarazioni di quella specie di “trombone suonato” che è Dmitri Medvedev. Per una seria garanzia per l’Ucraina non sarebbero sufficienti impegni nucleari francesi e britannici, né un futuro programma nucleare dell’Ue, peraltro indispensabile perché l’autonomia europea della sicurezza non continui ad essere solo un pio desiderio, sempre più risibile.

Ben più complesso è il problema della “pace giusta”, anche se dalla distinzione fra “aggressore e aggredito” ricordata dal cardinale appare evidente quale significato egli attribuisca al termine. Una pace può essere completamente giusta solo se restaura la situazione esistente prima di un’aggressione. Nel caso particolare, può esserlo non solo se le truppe russe si ritirano dai territori ucraini occupati, ma anche se la Russia paga le riparazioni dei danni provocati e se consegna al tribunale internazionale i criminali di guerra. Inoltre, dovrebbe essere restaurata l’integrità territoriale dell’Ucraina del 1991. Una “pace giusta” sarebbe cioè sostanzialmente la “pace del progetto Zelensky”. Ma essa richiederebbe la sconfitta militare di Putin. Per non perdere il potere e forse la vita si batterebbe fino all’estremo. Come al solito “il meglio è nemico del bene”. Occorrerebbe accontentarsi di qualcosa di meno del “giusto assoluto”. Riparazioni e consegna dei criminali di guerra potrebbero essere accantonate. Per i territori annessi o sotto controllo russo prima del 2022 potrebbero essere concordate dilazioni temporali e referendum, frenando le tendenze alla vendetta percepibili non solo in Ucraina, ma anche in altri paesi ex-satelliti dell’URSS. L’Occidente ha tutta la forza necessaria per imporlo ai propri membri più riottosi. È consapevole che la Russia non può essere umiliata oltre un certo limite, per evitare il caos interno e di alimentare uno spirito di rivincita. Generose misure per l’integrazione nell’Occidente dovrebbero essere previste anche per aumentare, per quanto possibile, la legittimazione e il consenso verso la nuova classe dirigente del Cremlino. Verosimilmente sarà una dittatura militare, unica alternativa possibile all’attuale autocrazia personale di Putin, sempre più autoritaria. Un governo di esuli filo-occidentali non potrebbe reggere in una situazione tanto difficile. In tale quadro, il Vaticano potrebbe svolgere un ruolo importante, soprattutto per frenare le tendenze più radicali della Chiesa Ortodossa, tradizionalmente, assieme all’esercito, pilastro del potere del Cremlino.

Tutte le confessioni religiose hanno proprie dottrine della “guerra giusta”, che conciliano il loro pacifismo di fondo e l’appello all’amore e alla pace con la realtà delle guerre. Se la maledizione della guerra è antica come la guerra, il proprio Dio è sempre sceso in campo a fianco dei reggimenti. Ma nessuna religione ha una propria dottrina della “pace giusta”. Tutte, più o meno esplicitamente almeno dopo la pace di Vestfalia, delegano il compito di definirla al diritto internazionale, che prevede il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale degli Stati, ecc. La spiegazione sta nel fatto che, se per fare la guerra basta uno, per la pace occorre essere in due e i termini della pace sono stabiliti dal vincitore sul campo di battaglia. Nessuno Stato ammette di combattere una guerra ingiusta. L’ha fatto solo la Germania con i-Belgio nel 1914. Generalmente, i governi si sforzano di affermare che combattono non solo una guerra giusta, ma una inevitabile e cercano di arruolare Dio sotto le loro bandiere.

La dottrina agostiniano-tomistica” della guerra  giusta, esposta con precisione teutonica dall’allora cardinale Ratzinger nel “Catechismo della Chiesa cattolica”, collega il concetto di giustizia del ricorso alle armi non solo con la legittima difesa, cioè con l’esistenza di una “giusta causa”, ma anche con l’esistenza di un’“autorità legittima”, con la “retta intenzione” (che cioè la guerra non venga condotta per vendetta né per cupidigia di conquista), oltre che rispettare i principi dello jus in bello, cioè del diritto umanitario (proporzionalità e, nel limite del possibile, discriminazione fra combattenti e popolazione civile). Come dimostrato dall’insuperato saggio del 1977 di Padre O’Brien della Compagnia di Gesù, docente della Georgetown University (The Conduct of Just and Limited War), la dottrina cattolica della guerra giusta, a cui fa sicuramente riferimento il cardinale Zuppi, presenta stupefacenti analogie con la dottrina clausewitziana della guerra limitata.

Dalle parole del cardinale si può desumere che il suo concetto di “pace giusta” nella particolare situazione ucraina, ricalca – come si è prima accennato – la proposta di pace di Zelensky, mentre è agli antipodi di quanto hanno in testa sia Putin, sia il Patriarca Ortodosso di Mosca Kirill. Entrambi hanno una visione non solo imperiale, ma mistica della missione della “Grande Madre Russa”: quella di salvare il mondo dai degenerati valori occidentali che starebbero corrompendo la società russa, contrastando i suoi valori tradizionali che ne costituiscono la forza e che ne rendono possibile non solo la missione quasi divina, ma la stessa sopravvivenza. Senza di essi la Russia verrebbe frammentata, rapinata delle sue ricchezze naturali e asservita all’egemonia dell’Occidente e del dollaro.

Non so se Putin condivida appieno tale impostazione mistica o, almeno, culturale. Comunque la considera essenziale sia nella “Politica di Sicurezza della Russia” (2021), che pone la “sicurezza culturale” al centro dei valori essenziali da salvaguardare e dei programmi del Cremlino, inclusa la “narrativa” dei motivi dell’aggressione all’Ucraina.  Di certo è che, con l’attivo supporto del Patriarca Kirill, ha trasformato l’aggressione all’Ucraina in una specie di crociata, quasi in una specie di “jihad ortodossa”, in cui i combattenti sono assolti dai peccati, i caduti vanno in paradiso e lo scopo dell’aggressione è quello di salvare l’Ucraina dal peccato, non tanto del nazismo, quanto del consumismo e del permissivismo verso i gay, che la stanno allontanando dai valori della “cultura slava”, identici a quelli della Santa Madre Russia.

Insomma, auguri al cardinale! Pur con le notevoli capacità diplomatiche che possiede, non potendo “convertire” gli Ortodossi radicali, è realisticamente ripiegato sulla diminuzione delle sofferenze della popolazione della martoriata Ucraina. Sono comunque persuaso che egli sia realisticamente convinto che senza la “guerra giusta” combattuta dalla gioventù ucraina non sarà possibile pervenire a una “giusta pace” e tanto meno a una “pace sicura” non solo per l’Ucraina ma anche per l’Europa.

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