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Azionario

Che cosa pensa Wall Street della politica fiscale annunciata da Biden

L'analisi di Alessandro Fugnoli, capo strategist dei fondi Kairos

 

Gli investitori istituzionali hanno comprato molta protezione per le settimane immediatamente successive al voto. Lo dimostrano il numero di posizioni aperte su opzioni e il prezzo particolarmente elevato delle scadenze di novembre. Molti temono un forte aumento di volatilità legato prima di tutto alle incertezze sullo scrutinio. Quest’anno si voterà molto per posta e ogni stato ha regole diverse sullo spoglio delle schede pervenute, che in alcuni casi verranno conteggiate fino a due settimane dopo il 3 novembre. Il voto postale aumenta la possibilità di brogli e sono prevedibili contestazioni, ricorsi e riconteggi. I tentativi di delegittimazione del vincitore si tradurranno verosimilmente in manifestazioni di strada in un clima infuocato.

La democrazia americana non è nuova a situazioni di scontro duro. Nelle elezioni del 1876, caratterizzate da brogli vistosi e tre mesi di contestazioni e colpi di mano , si raggiunse un compromesso solo a fine gennaio e non sulla base di un riconteggio dei voti ma con uno scambio politico (la Casa Bianca ai repubblicani antischiavisti in cambio della possibilità per i democratici del Sud di togliere i diritti politici ai neri appena emancipati).

Detto questo, i rischi immediati del dopo voto non sono così ampi come si potrebbe pensare proprio perché sono incognite conosciute per le quali tutti avranno avuto il tempo di organizzarsi. La grande volatilità si verifica infatti quando un evento è imprevisto e nessuno ha avuto il tempo di prepararsi. Quanto all’incertezza sull’esito degli scrutini dopo il voto, non si tratterà di un’incertezza diversa da quella che abbiamo oggi e con la quale conviviamo.

Se i rischi legati alla fase immediatamente successiva al voto sono dunque sopravvalutati, i mercati tendono a sottovalutare la portata dei cambiamenti cui potremmo assistere nei prossimi quattro anni.

Se Trump e il Congresso repubblicano hanno tagliato le tasse per un trilione di dollari nel 2018 (una cifra considerata da molti abnorme), Biden alzerà le tasse di 4 trilioni (sono cifre della campagna Biden, non gonfiate dagli avversari), colpendo in particolare le imprese e i redditi alti. In compenso Biden ha in programma spese aggiuntive ancora più ampie e pari a 8 trilioni, con un effetto netto espansivo di 4 trilioni, il quadruplo di quello di Trump.

Per chi investe le conseguenze saranno su quattro fronti.

Il primo sarà un dollaro più debole, per effetto del maggiore disavanzo delle partite correnti generato dal deficit pubblico e per la politica ancora più espansiva da parte della Fed. Per l’economia e per le borse europee l’effetto espansivo al traino dell’America sarà più che compensato dalla perdita di competitività, a meno che l’Europa non decida di varare altre misure espansive oltre a quelle già approvate.

Il secondo effetto sarà un aumento dei ricavi di molte imprese che trarranno benefici dalla spesa pubblica compensato da una riduzione dei margini di profitto (più tasse, reregulation, aumento del costo del lavoro per effetto della risindacalizzazione che Biden si impegna a favorire). Molto lavoro per gli analisti, che dovranno valutare ogni singola società alla luce del nuovo scenario.

Il terzo effetto sarà un aumento della pressione fiscale sul mercato stesso, con una possibile introduzione di un’imposta sulle transazioni finanziarie e un aumento dell’imposta sui capital gain, che indurrà a vendite prima della revisione chi ha oggi ampie plusvalenze.

Il quarto effetto sarà una rotazione dai settori colpiti dalle nuove tasse e dalle nuove regole verso i settori che godranno di ampi sussidi e finanziamenti pubblici, in particolare le energie rinnovabili.

Questi cambiamenti saranno molto impegnativi da metabolizzare. Non andrà però mai dimenticato che tutto si svolgerà con, sullo sfondo, una politica monetaria ultraespansiva che promette tassi a zero fino al 2023 e, con ogni probabilità, altre dosi di Quantitative easing oltre ai 120 miliardi al mese che la Fed acquista già oggi.

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