Quello scagliato da Israele contro l’Iran è un attacco destinato a durare parecchi giorni e a concludersi solo quando Tel Aviv avrà raggiunto il suo supremo obiettivo, ossia l’annichilimento irreversibile del programma nucleare di Teheran. Ne è convinto l’ambasciatore Stefano Stefanini, già consigliere diplomatico del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ed ex rappresentante permanente d’Italia presso la Nato, che in questa conversazione con Start Magazine spiega perché l’esercito di Tel Aviv non si fermerà fino a che l’obiettivo sarà raggiunto.
Quali sono gli obiettivi che si prefigge Israele con questo attacco?
Israele intende demolire le capacità nucleari iraniane. Si tratta di un obiettivo semplice da definire ma in realtà complesso in termini di capacità militari richieste.
Israele dispone di tali capacità?
Evidentemente pensa di averle, ma pensa anche che le munizioni di cui avrà bisogno per colpire a fondo le strutture nucleari iraniane le verranno messe a disposizione dagli Usa.
A tal proposito, ci risulta che Israele non sia dotata di quella munizione chiamata GBU-57 MOP (Massive Ordnance Penetrator), che è una bomba guidata anti-bunker sviluppata per l’aviazione Usa, che sarebbe indispensabile per penetrare nelle strutture sotterranee iraniane come quella di Fordow. Gliele darà Trump?
O Israele pensa di poterne fare a meno, e di riuscire comunque a degradare tutte le infrastrutture che sorgono intorno a Fordow, distruggendo o rendendo inservibili in particolare le centrifughe, o ritiene che a un certo punto gli americani le metteranno a disposizione proprio le GBU-57.
Questo confermerebbe quanto dichiarato da Israele, ossia che l’attacco durerà diversi giorni, è vero?
Il “quanto necessario” dichiarato da Netanyahu mi sembra in questo senso molto chiaro. D’altra parte Israele sembra proprio puntare sulla completa demolizione delle strutture del programma nucleare iraniano, che sono numerose oltre che distribuite su tutto il territorio. Quindi sì, l’attacco sarà prolungato.
Nel frattempo Israele ha anche decapitato i vertici militari iraniani. Ciò non sembra suggerire che Tel Aviv si prefigga anche altro, ossia un cambio di regime a Teheran?
Quello è un corollario, e a questo proposito va detto che c’è sempre stato da parte di Israele il desiderio o l’aspettativa che, dando una spallata al regime, rispunti quella che Tel Aviv chiama spesso la nazione persiana, che storicamente non è mai stata nemica degli ebrei e del loro Stato. A Israele del resto non sfugge che la società iraniana, e specialmente i giovani, non nutre particolari simpatie verso l’attuale regime islamico. Ribadisco però che il cambio di regime è solo un corollario, perché il vero obiettivo è la distruzione del programma nucleare iraniano, di cui la stessa IAEA ha recentemente riconosciuto la significativa accelerazione.
E invece l’apposito negoziato che era in corso tra Iran e Usa non aveva davvero nessuna chance?
Le chances c’erano sicuramente, e lo stesso Trump lo aveva dichiarato, malgrado le sue parole vadano sempre prese con beneficio d’inventario. In questo senso l’Iran avrebbe fatto meglio a dare retta alle esortazioni del presidente Usa che invitavanoTeheran a concludere presto un accordo. Chissà dunque cosa sarebbe successo se nei giorni scorsi in Oman l’Iran si fosse presentato con delle condizioni accettabili.
Però Israele non ha mai gradito tale negoziato.
Questo è senz’altro vero, e infatti, piuttosto che aspettare, Israele ha preso in mano la situazione prima che fosse siglato un eventuale accordo, che certamente non avrebbe incontrato il suo gradimento proprio come non aveva gradito il famoso accordo del 2015 passato alla storia come JCPOA negoziato sotto l’amministrazione Obama che fu poi cestinato da Trump durante il suo primo mandato.