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Vi racconto sfide e baruffe delle elezioni di medio termine in Usa

L'articolo di Alberto Pasolini Zanelli, già inviato speciale di esteri e corrispondente dagli Stati Uniti, ora firma di Italia Oggi

Una campagna elettorale così non si era mai vista nella storia americana. Con l’eccezione, evidente, di quella del 1860, che aprirono la strada alla guerra fra Nord e Sud. Quella, però, era una elezione presidenziale. Questa volta siamo in una specie di serie B, che si chiama «di medio termine». Il 6 novembre, infatti, l’uomo della Casa Bianca non è tra i candidati. Si dovranno eleggere, però, un terzo dei senatori e l’intera camera e quest’anno la tensione politica e ideologica è particolarmente elevata.

Questa è una delle spiegazioni avanzate per le cose strane che stanno succedendo. Strane e senza precedenti. Continuano a partire missili incendiari all’indirizzo di uomini politici importanti e di altri quasi egualmente famosi.

In questo momento ne sono già atterrati nove, fra cui un ex presidente (Barack Obama), la moglie di un ex presidente (Hillary Clinton) che è stata anche segretario di stato, il famoso miliardario George Soros, uno dei massimi finanziatori del Partito democratico, alcuni deputati della stessa parte politica, un ex direttore della Cia, un ex ministro della giustizia.

Nessun obiettivo è stato finora colpito, ma attira la massima attenzione il fatto che tutti i destinatari degli attentati sono dell’area del Partito democratico, che è impegnato in una rovente fase finale della campagna elettorale, condotta o guidata personalmente (e anche questo è senza precedenti) dal presidente in carica Donald Trump, che fa discorsi un po’ in tutta l’America, contrassegnati da un linguaggio di un’aggressività senza precedenti da parte di un presidente in carica (ha definito i democratici «forze del male», affermando che per questo motivo «sono troppo pericolosi per governare». Ai suoi comizi gli ascoltatori accompagnano i cori di voci come «In galera!» dedicato a Hillary Clinton) e che quindi è bersagliato ora a sua volta, ma solo a parole, da tutti gli oratori in qualche modo legati all’opposizione.

Gli argomenti sarebbero tanti, ma gli attacchi (e quindi le sue risposte) si concentrano su temi «culturali» dalla politica estera alle tensioni razziali, in termini anche da questa parte senza precedenti ma non ancora all’altezza e con un lessico anch’esso senza precedenti dagli altoparlanti della Casa Bianca.

La polizia e gli uffici antispionaggio, naturalmente, ricercano i «lanciatori», che finora non hanno colpito il bersaglio e forse non hanno mai inteso farlo, almeno sul piano personale. È verosimile, invece, che un paio di estremisti non molto equilibrati di cervello intendano colpire rappresentanze illustri del Partito democratico e dell’area culturale «progressista», che anch’essa scarica accuse velenose contro Trump, ma finora esclusivamente verbali.

Il presidente è però impegnato su due fronti e la seconda «guerra» l’ha scatenata lui e ha un avversario straniero e non domestico. Si tratta niente meno che della Russia, sul tema niente meno che degli armamenti nucleari. In questo caso è stato Trump ad attaccare con una scelta sonora e grave: l’annuncio che gli Stati Uniti si apprestano a ritirarsi dal trattato che limita e in gran parte blocca la costruzione (oltre che l’uso) dei missili nucleari.

Uno dei momenti d’oro di queste relazioni fu probabilmente quando furono installati osservatori davanti ai cancelli delle fabbriche di missili nucleari, russi in America e americani in Russia.

L’atmosfera da allora è molto cambiata, soprattutto da parte dell’attuale presidente Usa, che ancora l’altro giorno si è definito «nazionalista» in un discorso pubblico e ha spedito a Mosca John Bolton, il più famoso «falco» d’America. Ma i repubblicani non dicevano sempre (anche se non sono mai riusciti a dimostrarlo) che Trump era un vassallo di Putin che stava svendendo gli Stati Uniti a Mosca?

Alle elezioni mancano meno di due settimane, estremamente impegnative per la Casa Bianca. Come se queste due crisi non bastassero, sono in arrivo a piedi dall’America Centrale delle carovane di emigranti, che in questo momento stanno attraversando a piedi il Messico.

Articolo pubblicato su ItaliaOggi

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