La Cina è diventata, insieme agli Stati Uniti, il più grande player sullo scacchiere geopolitico. Tanto che c’è chi non esita a parlare di una nuova guerra fredda in atto tra la potenza occidentale e il gigante asiatico. In questa partita cerca di trovare un suo posto anche il Vecchio Continente, in affanno per via di un’economia stagnante e in cerca di nuove strade verso la competitività. Di tutto questo ne abbiamo parlato con Francesco Sisci, professore all’Istituto di Studi Europei all’Università del Popolo della Cina e consigliere scientifico di Limes.
Eiste un allineamento tra Cina, Russia, Iran e Nord Corea destinato a durare nel tempo? Recentemente Richard Hass (The New Gang of Four) ha sostenuto questa tesi.
Durante la prima guerra fredda c’erano due blocchi con due chiari leader e altri paesi più o meno allineati ai due blocchi. Oggi siamo, secondo me, in una seconda guerra fredda ma non ci sono due blocchi chiaramente identificabili anche se ci sono due poli di aggregazione, USA e Cina. Ma mentre gli Usa hanno alleati organici, come in guerra fredda, organizzati con la NATO o il QUAD, la Cina non ha alleati organici. Inoltre si stanno combattendo due guerre sostenute dagli USA contro Russia e (via proxy) contro Iran. La Cina appoggia Russia e Iran ma non in modo sistematico e organico come fa gli Usa con Ucraina e Israele.
Non solo: il commercio cinese con USA e suoi alleati (il G7 allargato) fornisce alla Cina tutto il surplus con cui oggi manda avanti la sua economia. Così il sostegno cinese agli altri tre lati di questo quadrilatero (Russia, Iran, Nord Corea) non è costante e, per esempio, nei due anni di guerra in Ucraina, è cambiato più volte. Certo senza la Cina la Russia avrebbe già finito di combattere in Ucraina e l’Iran lo stesso. Ma nemmeno la Cina ha messo a disposizione dei suoi ‘amici’ il suo arsenale militare. Cioè è un quadro molto diverso da un allineamento semplice. Forse è anche più preoccupante perché non si può identificare facilmente con una linea, e richiede agli USA e noi un’attenzione importante.
Come valuta la clamorosa incrinatura del gruppo BRICS allargato che si é realizzata nei giorni scorsi a New York?
Io non credo che Brics siano mai stati un’alleanza politica anti occidentale. Il tentativo di spingerla in questa direzione da parte di alcuni membri mette in mostra tutte le divisioni profonde. I Brics possono continuare a esistere come club informale di buoni propositi per organizzare chi non è nel G7. Può essere usata per la propaganda interna di alcuni paesi come una specie di paravento anti Americano. Ma Se la Cina, o la Russia vogliono altro, una vera organizzazione anti americana, devono organizzare altro, e non so quanto successo raccoglierebbero. Infatti il G7 si sta già allargando con il G20 che forse è più organico al suo interno dei Brics. Lo sappiamo noi e lo sanno loro e per questo si asterranno, almeno per il momento, dallo spingere oltre i Brics.
Perché non si é realizzata la tregua olimpica in Ucraina di cui hanno parlato con il Presidente Emanuel Macron e il Presidente Xi Jinping nel corso dei loro incontri a Parigi?
Sì è rotto il rapporto di fiducia con la Russia. Inoltre se Mosca avesse accettato una tregua avrebbe ammesso una guerra che ufficialmente non è stata proclamata. Del resto si sono svolte Olimpiadi durante la Guerra fredda con l’assenza di tizio o caio, di volta in volta. Lo stesso è accaduto a Parigi e accadrà forse fra quattro anni, anche se finirà il conflitto in Ucraina. Anche senza guerra è possibile, infatti, che tra quattro anni la tensione continuerà a essere molto pesante.
È una questione complessa. Di certo cercherei di capire le posizioni cinesi rispetto al rapporto Draghi, che lei ha voluto e che dovrebbe ispirare i prossimi anni della UE. Di certo una vera fact finding mission va al cuore delle politiche industriali, tecnologiche europee.
Le misure adottate in questi giorni da Pechino At last, China pulls the trigger on a bold stimulus package per stimolare una economia stagnante avranno effetti positivi di medio periodo o la crisi immobiliare potrebbe aggravarsi con effetti domino sull’economia mondiale come accadde negli USA nel 2007/8?
Credo che la risposta complessiva del breve periodo sarà positiva. Nel medio bisognerà vedere se riuscirà a mettere e tenere in moto una importante domanda interna che attivi finalmente un ottimismo dei consumi in Cina. I consumi privati interni dovrebbero crescere più delle esportazioni e rendere le esportazioni meno importanti per i conti complessivi del paese. I prossimi mesi saranno cruciali per vedere se lo stimolo va solo alle aziende o arriva davvero ai consumatori e se convince i privati a spendere davvero.
Numerosi analisti accostano l’attuale rivalità bipolare tra Cina e USA alla guerra fredda. Esiste, però, una differenza rilevante: l’interdipendenza economica, commerciale e finanziaria che non c’era con l’ URSS. In che misura una differenza rilevante?
Penso che questa guerra fredda sia diversa dalla prima, ma lo scontro esiste e non riesco a trovare una definizione migliore di “guerra fredda”. Del resto nessuno nega lo scontro e la diversità. Ma forse sarebbe fuorviante affibbiargli un altro nome come se fosse qualcosa di totalmente nuovo. Nuovo lo è solo in parte. Al di là della semantica bisogna capire se ci sono margini per una composizione ragionevole dello scontro. Io ci spero ancora, anche se è molto difficile.
Come é stato commentato in Asia il rapporto Draghi?
Ci sono state molte differenze tra vari paesi, e certamente per la Cina si tratta di una sfida molto importante.
Sempre sul rapporto Draghi ritiene che il governo italiano (e in particolare il Ministro Giorgetti) porterà le proposte dell’ex Presidente della BCE all’Ecofin e più in generale nelle sedi decisionali della UE?
Non lo so. Spero che il governo appoggi il rapporto Draghi.
Tornando alla Cina, come spiega da un lato la partecipazione ad un UNIFIL (che avrebbe tra i suoi compiti quello di smilitarizzare l’area a sud del Leonte per restituirla all’esercito libanese) dall’altro la legittimazione di organizzazioni come Hamas e Hezbollah da parte di Pechino?
Sono figli di storie diverse e la Cina tradizionalmente tiene insieme tutti i fili delle sue storie. Così farà anche ora.
Quali potrebbero essere a suo avviso le reali differenze tra Harris e Trump in politica estera, in particolare verso la Cina?
Direi prima vediamo chi viene eletto e poi pensiamoci. Oggi la Harris è in testa nei sondaggi complessivi. Ma alcuni repubblicani dicono che basta vincere in poche contee e conquisteranno la presidenza. Sono convinti di avere un margine insormontabile nelle contee chiave e Stati in bilico. Poche contee che determinerebbero la scelta di alcuni stati e quindi dell’Unione. Cioè poche migliaia di voti in pochi posti cruciali conterebbero più di milioni da altre parti.
Forse è così, forse no. Siamo al rush finale, tutto potrebbe cambiare e fino al 6 novembre non sappiamo chi sarà il presidente degli Stati Uniti. In ogni caso la Cina è il singolo tema su cui ci sono meno diversità tra i due candidati presidenziali, quindi non mi aspetto in ogni caso grandi differenze.