Per Giorgia Meloni è dunque tempo di fioretti come quello dell’astemia che pratica ogni anno in dicembre, sino a Natale, per guadagnarsi ulteriore fortuna, non essendole evidentemente bastata quella che l’ha portata dov’è: combattuta di certo dalle opposizioni politiche e togate in Italia ma apprezzata all’estero quanto meno per la sua “stabilità”, cioè durata.
Solerti cronisti si sono affrettati a raccogliere e rilanciare la notizia della sospensione alcolica della premier, pur con tutte le tentazioni che avrà a casa e fuori.
Per Elly Schlein, la segretaria del Pd antagonista della premier nella prospettiva pur non ancora concreta, per ammissione di molti anche a sinistra, dell’alternativa al centrodestra è tempo piuttosto di trappole. Come quella tentata da lei stessa nei giorni scorsi ai danni di Giuseppe Conte reclamando un confronto a due con la Meloni alla festa nazionale della destra, e costretta poi a rinunciarvi per l’allargamento del duello all’ex premier, e tuttora presidente del movimento 5 Stelle, posto come condizione dalla presidente del Consiglio per apparente questione di cortesia. In realtà, con una perfidia politica da vecchi tempi della Dc, o anche del Pci. La partita fra i due -Schlein e Conte, appunto- per la leadership dell’opposizione e dell’alternativa è infatti apertissima. E la Meloni ha declinato con astuzia il fischietto che la segretaria del Pd aveva cercato di infilarle fra le labbra per mandare in qualche modo Conte negli spogliatoi.
Dopo essersi sottratta alla trappola rovesciata della partecipazione alla festa nazionale della destra meloniana, la Schlein non ha potuto sottrarsi, quanto meno per dovere di ufficio, a quella tesale sotto traccia a Montepulciano da un bel po’ di correnti e sottocorrenti del Pd, peraltro invitandola a concludere il loro convegno. E lei lo ha fatto togliendosi il gusto di ritardarne il pranzo.
La segreteria, più ancora della segretaria, del Pd è ormai più sotto assedio che sotto esame. Solo il buon Pier Luigi Bersani, fra le sue metafore e battute di una simpatia umana indiscussa, scommette ancora, come ha fatto di recente parlandone a Repubblica, sulla “generosità” in politica, fra amici di partito, concorrenti e addirittura rivali. In realtà, la politica è fra tutte la professione forse più dura, più logorante, più rischiosa, anche perché sempre più esposta a infiltrazioni. Quelle della magistratura sono ormai diventate frequenti anche per la sinistra, nonostante questa finga di non accorgersene, voltando per esempio la testa altrove quando vi si sono imbattuti il sindaco e la giunta di Milano ancora sotto schiaffo, per quanto con alcuni imputati la Procura della Repubblica sia già incorsa in clamorose smentite di giudici a carriera ancora unica.
La Schlein anche o soprattutto dopo Montepulciano rischia di avere più problemi nel suo partito di quanto non gliene procuri Conte nel cosiddetto campo largo, o come diavolo finirà di chiamarsi come ha suggerito per ragioni forse scaramantiche il già citato simpaticissimo Bersani.






