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Vi racconto la partita a scacchi sull’Ucraina

Cosa succede nel dossier Ucraina. Il taccuino di Guiglia

Il triangolo no, non l’avevano considerato. Sfuma ancor prima di cominciare l’incontro a tre – Russia, Usa, Ucraina – che le autorità statunitensi credevano di poter coordinare a Miami per la prima volta dall’inizio della guerra.

“Non è in preparazione alcun trilaterale”, è stata la fulminante bocciatura da parte di Mosca, che rifiuta pure il coinvolgimento degli europei richiesto dal presidente ucraino, Volodymyr Zelensky.

In compenso per non restare col cerino in mano e guadagnare, intanto, altro tempo secondo una consolidata strategia, il Cremlino, nel sottolineare che non è nemmeno prevista una telefonata tra Vladimir Putin e Donald Trump, rilancia: lo Zar sarebbe invece disposto a un colloquio con il presidente francese, Emmanuel Macron. Che subito accetta, memore dell’ultimo e inutile appuntamento a due alla vigilia dell’invasione russa nel febbraio 2022. Un faccia a faccia separato dai sei metri di un lungo tavolo bianco agli estremi del quale sedevano Putin e Macron. La metafora di un dialogo tra sordi fin dall’inizio.

Dunque, la partita a scacchi continua e le ultime mosse degli americani in corso a Miami con delegazioni divise -di qua gli ucraini, di là i russi- per arrivare almeno all’interruzione del conflitto, sono definite “costruttive”. Che corrisponde al celebre “cauto ottimismo” con cui i politici amano definire con belle e vacue parole l’assenza di risultati.

Invece qualcosa di concreto è successo. Dopo una lunga notte di interminabile dibattito – com’è sano costume nei Paesi democratici –, l’Europa dei 27 giovedì scorso ha approvato all’unanimità un prestito di 90 miliardi per Kiev, indispensabile per consentire al Paese di resistere almeno per un anno all’offensiva russa (anche se l’Ue ipotizza due anni).

Nel contempo i beni russi “parcheggiati” in Europa – altri 210 miliardi – non saranno utilizzati, come chiedevano la Germania e le nazioni più esposte ai rischi della guerra alla frontiera europea, però resteranno congelati.

Di fatto l’Ue ha evitato intricate questioni di diritto sui fondi russi, ma il segnale politico è inequivocabile: gli europei continueranno a sostenere, pagando di tasca loro, la valorosa difesa degli ucraini.

Un segnale rivolto all’aggressore russo (l’Europa vuole la pace, non la resa dell’Ucraina), e al mediatore statunitense: il plateale disimpegno occidentale di Trump non scoraggia, anzi, spinge gli europei a fare la loro parte. A costo di contrarre un debito comune di 90 miliardi: seconda volta che accade dopo quello a suo tempo concordato per affrontare l’emergenza Covid. La scelta testimonia quanto l’Ue consideri decisiva la posta in gioco. Nonostante la diffidenza dei tedeschi e dei cosiddetti Paesi frugali – che poi frugali non sono – a indebitarsi per far fronte tutti insieme alle gravi minacce.

Aumentare la pressione su Mosca per indurla alla tregua, chiede Zelensky, mentre il suo esercito denuncia il rapimento di 50 civili ucraini (compresa una novantenne) da parte dei russi.

Ma intanto nella partita a scacchi fra Putin e Trump l’Europa c’è.

 

(Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova)

www.federicoguiglia.com  

 

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