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Natale

Vi racconto il mio Natale senza chef stellati e schifezze globalizzate

Lettera-diario a Gesù Bambino. Il Cameo natalizio di Riccardo Ruggeri

 

Il Cameo di Natale per me è sempre stato una rimpatriata sull’anno appena trascorso, una specie di lettera-diario a Gesù Bambino, non per chiedere privilegi, ma per lasciarmi andare, parlare in libertà davanti al putagè, con ciocchi e ovuli di carbone che bruciano felici.

Una buona notizia: mia moglie ed io possiamo finalmente fregiarci del titolo di Grande Vecchio, assegnatoci da sociologi perditempo a chi è nelle adiacenze dei novant’anni. Negli anni Settanta GV aveva un altro significato.

Purtroppo mi tocca assistere, senza poter far nulla, se non rimanere attonito, alle oscene follie delle attuali classi dominanti euro-americane, ridottesi a giustificare ogni sconcezza dei loro adepti, con l’indecente locuzione harvardiana: “dipende dal contesto”. Che tristezza! La mia America, nella quale ho lavorato e vissuto, era la stessa per la quale si batteva l’immenso Allan Bloom nei Settanta, che tutto aveva intuito con il suo imperdibile La chiusura della mente americana. Oggi l’America mi appare ai suoi vertici come un intreccio di orrendi disvalori spacciati per nuovi valori, terreno di scontro fra i dem esaltati di Joe Biden e i rep esaltati di Donald Trump. Poveri americani, presto costretti a scegliere fra due oscenità. Auguriamoci che l’America si riprenda, non precipiti in una guerra civile, anche se certi presupposti della sua spaccatura culturale incominciano ad essere evidenti e profondi.

Ripercorrendo il passato, non ho ricordi di cenoni, di aver aspettato la mezzanotte per mangiare schifezze globalizzate cucinate da chef stellati, di paillettes e cotillons, di regali idioti, dell’ascolto di discorsi finto-buonisti di fine anno. La mia fortuna è stata quella di passare dalla povertà all’indipendenza economica senza diventare un altoborghese. Un mondo orrendo che sta diventando sempre più difficile per i vecchi e per i poveri. L’anno trascorso è stato particolarmente significativo nel tentativo di rendere invisibili sia i vecchi che la povertà e di tenerli lontani dalle mitiche ZTL. Che le solite archistar stanno trasformando in un mondo finto, pieno di giardini lussureggianti (copyright di Josep Borrell), boschi verticali, piste ciclabili, palestre, dove persino il sudore deve sapere di rosolio.

Come siamo arrivati a questo? Un banale seppur imbarazzante ricordo personale. Durante il folle e orrendo periodo della pandemia, il razzismo farmaceutico chic di alcuni nostri coinquilini li portò a confondere Montgomery (Alabama) con Bordighera (Liguria), la giovane nera Rosa Parks con due vecchi bianco-pallidi come noi, il 1955 con il 2020, un bus con un ascensore. Così fummo respinti, appiedati, trattati come paria, solo perché pseudo medici, dal “H Index” da infermieri e dall’eloquio da piazzisti del Folletto, esaltati sui media di regime come scienziati, ci avevano bollati come appestati solo perché vecchi. Scopriamo ora dai documenti che aveva ragione il vecchio bardo: “C’è del metodo in questa follia”.

Raggiunto da poco quota “89” per me inizia ora l’anno che mi deve (pardon, dovrebbe) portare a quota “90”. Uno dei miei più cari amici, ebreo di stretta osservanza, schierato senza se e ma con Israele, uomo di grande spessore umano, mi ha fatto gli auguri con la locuzione ebraica Ad Meah Veesrim: “Che tu possa arrivare a 120 anni in salute, gioia, benedizione”. Auguri che mi tengo ben stretti.

Ho davanti dodici mesi per raggiungere i mitici “90”. Avevo messo in cantiere un libro, titolo provvisorio “Editoria di regime. Saga Agnelli/Elkann-De Benedetti”, l’indice era stato già definito, stavo per cominciare a scrivere, ma dopo l’interessante intervista di CDB al Foglio, ho abbandonato il progetto. Meglio cedere a lui la tastiera, se volesse farlo è di certo più qualificato di me.

Mi dedicherò invece a un progetto di comunicazione-informazione che metta al centro dello scenario la parola, sia sotto forma di suono, di scritto, di recita teatrale. Mi pare che una massa di idioti sempre maggiore sgomiti per entrare in quella che Luca Ricolfi chiama “società signorile di massa” che altro non sarebbe, a configurazione completata, che una società di stampo orwelliano. Sarà a quel punto che per difendere le nostre residue libertà occorrerà padroneggiare tutte queste (antiche) strumentazioni di comunicazione (testi scritti, testi orali, testi teatrali).

In questa rimpatriata, proiettandomi al 2024 non potevo non chiedermi due cose: 1. Finirà la Guerra in Ucraina? (Quella fra Hamas-Palestina-Israele ha carattere endemico, quindi ha tempi imprevedibili). 2. Cosa succederà a noi europei dopo le prossime elezioni? Sul punto 1. penso lo decideranno gli elettori americani a novembre, visto che pagano a piè di lista la maggior parte dei costi della guerra (di quelli umani, a carico dei soli ucraini, da tempo tutti preferiscono glissare). Sul punto 2, penso non cambierà nulla, non essendoci una costituzione europea ma contratti scritti in un certo modo, saranno ancora gli attuali establishment a deciderlo, attraverso le loro tre protesi devote, la BCE, la Corte, i 27 Premier (che tutto possono, ma poco contano).

Per chi può, come me, meglio buttarsi sulla Poesia, meglio riflettere sui versi della Decima Elegia di Rainer Maria Rilke del 1912, concepita poco prima della Prima Guerra mondiale. Al verso 31 c’è un’immagine potente “der Geschlechtsteil des Geld”, l’organo sessuale del Denaro in erezione perpetua, che insemina, genera e tutto fa germogliare, fra le baracche, le miserie, le banche. Geld è onnipotente e sfrenato, tutto ruota intorno a lui, dove c’è lui la luce penetra a stento o non passa affatto. Che anno sarà il 2024? Sarà un altro anno di guerra e di tenebre, dominato dal solito Geld?

Alla luce di queste prospettive, tornando terra a terra vi chiederete: come sarà il pranzo di Natale di una coppia di Grandi Vecchi bianco-pallidi che cercano di barcamenarsi in un contesto virale-guerresco di tal fatta? Assicuro che rispetteremo le tradizioni laiche e religiose di quello spicchio di terra ligure-piemontese dall’orografia antica, dove ancora albergano il cuore e la saggezza del popolo occitano, da difendere e consegnare tal quale alla Gen Z.

Ho sposato l’idea di un giovane amico “cuciniere doc” Federico Lanteri dell’Osteria Martini di Pigna (se definissi “chef” un grande personaggio come lui, dominus in cucina, nell’orto, a far spesa nelle due valli piemontesi-liguri sovrastate dal Colle di Tenda, l’offenderei). Il suo menu di Natale, qualità valligiana altissima-semplicità assoluta, ha una decina di portate, un prezzo di 75 €, mentre per i suoi clienti anziani come noi, si è inventato una versione speculare ma in formato ridotto, stile amuse bouche per intenderci, da consumare a casa a 50 €. Un rosso da meditazione e anche le feste del Natale 2023 le abbiamo sistemate. Prosit!

Buon Natale a tutti, e di tutto cuore!

Zafferano.news

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