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Vi racconto il giornalismo alla De Benedetti

Come i quotidiani di Carlo De Benedetti negli anni hanno influenzato la politica e la giustizia. Il corsivo di Paola Sacchi

 

Non c’erano i sofisticati sistemi informatici di ora. Ma il metodo della guerra a suon di devastazione di qualsiasi forma dello stato di diritto nacque nel ’92-’93 con ‘mani pulite’.

La “falsa rivoluzione” (cit. Bettino Craxi, la vittima numero uno) che si avvalse del circuito mediatico per far fuori un’intera classe dirigente che ricostruì l’Italia del Dopoguerra. Che negli ’80 con lo stesso Craxi fece il secondo miracolo economico e divenne quarta potenza mondiale superiore all’Inghilterra per Pil.

Ecco, tutto questo fu raso al suolo, chirurgicamente distrutti il Psi e il suo leader, insieme con la destra della Dc. Chirurgicamente salvati post-comunisti e sinistra democristiana. Ovvero il futuro Ulivo prodiano e poi il Pd. Fatte a pezzetti le nostre grandi aziende di Stato su cui c’erano da tempo occhiute attenzioni e grandi appetiti dei mercati esteri.

Ecco, questo è l’antefatto e che antefatto di quel “verminaio” e che “verminaio” di cui parla il procuratore di Perugia Raffaele Cantone. Questo è l’antefatto dello sputtanamento di certo giornalismo investigativo dei miei stivali, con veline e telefonate dalle stesse Procure, con inchieste che partivano dai tre o quattro giornali di sinistra amici i cui direttori di sera si facevano telefonate per coordinarsi su come colpire meglio Craxi condannato a suon di “non poteva non sapere”. Da “mani pulite” uscirono tantissimi innocenti cui però fu troncata per sempre reputazione e carriera politica.

Hanno ragione il premier Giorgia Meloni a denunciare con forza l’inaudita gravità del caso “dossieraggio” e il leader della Lega, il vicepremier e ministro Infrastrutture-Trasporti, Matteo Salvini che, sulla base di precise affermazioni del dottor Cantone, denuncia il particolare accanimento nei confronti della suo partito. Meloni, giustamente e molto lucidamente, mette nel mirino la figura di Carlo De Benedetti, “tessera numero 1 del Pd” ed editore del quotidiano Domani al centro del gravissimo caso di dossieraggio, prevalentemente rivolto contro il centrodestra. In particolare finora contro figure di primo piano come Salvini e il ministro della Difesa Guido Crosetto. L’inchiesta di Perugia parte da una sua denuncia.

Ma CDB e i suoi media (ovvero quello che Craxi chiamava il gruppo Scalfari-Caracciolo-De Benedetti) è da quel dì che operano contro chi di sinistra post-comunista non è. La Repubblica è il quotidiano dei famosi “rubinetti d’oro” di Hammamet, cui però ormai solo una minoranza di allocchi crede ancora, La Repubblica è il giornale principe del successivo massacro giudiziario di Silvio Berlusconi.

Senza per carità togliere colpe a Il Corriere della sera con l’altra storiella no comment della fontana rubata di Piazza Castello dal solito Craxi. Il punto è che solo Berlusconi nel centrodestra ha osato usare la parola “golpe” su “mani pulite”, sulla devastazione dello stato di diritto e del primato della politica.

Al centrodestra va dato però atto di aver fatto grandi passi in avanti per il rispetto della figura di Bettino Craxi. Va dato atto in particolare a Salvini, proprio perché leader di un partito con punte del passato forcaiole (nonostante la dura condanna di Umberto Bossi del cappio di Orsenigo), di aver pronunciato, dopo Berlusconi, Antonio Tajani e tutta FI, per primo nel centrodestra il nome Craxi in parlamento. Quest’anno lo statista socialista è stato ricordato anche dalla seconda e terza carica dello Stato, Ignazio La Russa (cofondatore di FdI) e il leghista Lorenzo Fontana.

Ora però visto che il “caso C” non è e non è mai stato solo un caso personale ma il più simbolico della tragedia che ha devastato un ex potente Paese, la destra abbia più coraggio, abbandoni ogni residuo di giustizialismo, poiché il garantismo non è innocentismo, e affronti “il golpe” del ’92-’93 che richiede una rapida vera riforma della giustizia. Se non la fa il centrodestra non lo farà nessun altro. Figuriamoci partiti come Pd e Cinque Stelle, figli e nipoti di quel golpe e della barbarie del processo di piazza del Raphael.

E, per favore, nelle tante ricorrenze, ricordate con grande attenzione nell’agenda dei Palazzi, a cominciare da Chigi, non ci si dimentichi più magari di anniversari come il quarantennale del governo Craxi, il più longevo e foriero di riforme (tra queste la revisione del Concordato) della tanto deprecata, cosiddetta “Prima Repubblica”.

Non è questione solo di rendere giustizia a uno statista, ma di renderla all’intero Paese così martoriato da scandali e ” golpe” contro il primato della politica. Se non si affronta per bene e senza timori quanto accadde 30 anni fa si rischia di essere come un malato che non va mai all’origine della sua vera malattia: la politica che rischia di essere messa sotto schiaffo ancora una volta da settori sempre più fuori controllo che nulla hanno a che fare con la volontà popolare. Forse non molti ricordano o sanno che il Psi di Craxi aveva ancora più del 14 per cento quando fu liquidato per via giudiziaria.

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