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Draghi Berlusconi Quirinale

Vi racconto i grandi risentimenti dei Grandi elettori

L’elezione dei presidenti della Repubblica fra storia e cronaca.

Non so quanto carbone la Befana abbia messo nella calza destinata a Massimo D’Alema. Ne immagino molto per la posizione che egli si à guadagnato di segretario, o giù di lì, del partito dei risentimenti che il buon Antonio Polito ha evocato sul Corriere della Sera scrivendo del ritorno di “Baffino” sulle prime pagine dei giornali.

Polito non a torto ha rinfacciato a D’Alema il fiasco elettorale del partito improvvisato con Pier Luigi Bersani ed altri compagni uscendo nel 2017 dal Pd che Matteo Renzi si ostinava a voler guidare pur avendo perduto, o proprio per avere perduto il referendum sulla riforma costituzionale con un il 40 per cento dei sì contro il 60 dei no. Che fu un risultato ancora traducibile discretamente, e da solo, in seggi parlamentari se Sergio Mattarella, peraltro giunto nel 2015 al Quirinale proprio su spinta di Renzi, gli avesse concesso le elezioni anticipate. D’altronde, la bocciatura della riforma esauriva una legislatura pericolante sin dall’inizio ma protetta in funzione di quella riforma. Tuttavia non ci fu verso. Mattarella non ne volle sapere, e tanto meno Paolo Gentiloni spinto anche lui a Palazzo Chigi proprio da Renzi. Che pertanto qualche ragione di risentimenti ce li avrebbe, e non solo contro D’Alema che a sua volta, da rottamato, potrebbe giustificarne nei riguardi sempre di Renzi.

Come vedete, è una somma o un incrocio di risentimenti, ripeto, che può ben essere evocato, e non solo da e nei termini in fondo contenuti di Polito, più di quanto abbia appena fatto io raccogliendo la palla. Dove l’editorialista del Corriere sbaglia, secondo me, è nella raccomandazione di “secolarizzare” i risentimenti nelle elezioni presidenziali, come seppero fare Nenni ritirandosi nel 1964 dalla corsa al Quirinale per far passare Saragat, che pure nel 1947 gli aveva spaccato il partito socialista, o Craxi e Natta nel 1985 votando per Cossiga.

A quest’ultimo il leader socialista poteva ancora rimproverare, secondo Polito, la gestione dura e luttuosa come ministro dell’Interno del sequestro Moro, e il leader comunista invece la vicenda del figlio terrorista di Carlo Donat-Cattin, per la quale Enrico Berlinguer aveva cercato di mandarlo sotto processo, per quanto cugino, davanti alla Corte Costituzionale come presidente del Consiglio.

Tutto vero, o parzialmente vero, per carità. Parzialmente almeno per il rapporto fra Craxi e Cossiga perché i rapporti fra i due erano migliorati già prima delle elezioni presidenziali del 1985, avendo potuto Cossiga formare fra il 1979 e il 1980 ben due governi grazie anche ai socialisti.

Le elezioni presidenziali programmate dal 24 gennaio hanno la sfortuna non tanto di svolgersi come in una fiera di risentimenti, cui D’Alema ha aggiunto i suoi per un Draghi che vorrebbe addirittura “autoeleggersi” al Quirinale e farsi rappresentare a Palazzo Chigi dal “funzionario” che sarebbe l’attuale ministro dell’economia, quanto di essere diventate appannaggio di un Parlamento di fatto scaduto o delegittimato.

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