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Vi racconto cosa sta combinando Kaja Kallas

L'isolamento non così splendido di Kallas. Estratto dal Mattinale Europeo.

Dato che non brilla, l’Alto rappresentante dell’Ue taglia le teste. L’estone Kaja Kallas vuole fare tabula rasa del passato e cancellare il suo predecessore, lo spagnolo Josep Borrell. Licenziamenti o esodo, i quadri del Servizio Europeo di Azione Esterna (SEAE) sono spinti verso l’uscita e le loro partenze priveranno l’istituzione che gestisce la politica estera dell’Ue di diplomatici esperti con competenze riconosciute, a favore di un rafforzamento del potere della Commissione. Ursula von der Leyen non avrebbe potuto sognare un’alleata migliore per affermare finalmente il suo controllo sulle relazioni esterne dell’Ue.

Il diplomatico italiano Stefano Sannino, ex ambasciatore italiano a Bruxelles, è stato “ringraziato” da Kaja Kallas e sostituito nella sua funzione di segretario generale del SEAE da una funzionaria spagnola, Belen Martinez Carbonell, ex direttrice delle risorse umane, poi direttrice generale per gli Affari globali. Sannino non è rimasto senza tetto. Ha semplicemente attraversato la strada per raggiungere il Berlaymont, sede della Commissione, dove è stato nominato a capo della nuova direzione generale per il Medio Oriente, l’Africa del Nord e il Golfo, una creazione di Ursula von der Leyen per togliere questa regione del globo al SEAE.

Un’altra figura del team Borrell, il diplomatico spagnolo Enrique Mora Benavente, numero due del SEAE, è stato sostituito nelle sue funzioni di vice segretario generale per gli affari politici (il direttore politico) da un diplomatico svedese, Olof Skoog, ex rappresentante speciale dell’Ue per i diritti umani. Mora è tornato in Spagna dove è stato promosso ministro plenipotenziario in attesa di un’ambasciata.

Quale sorte sarà riservata agli ultimi due membri del vertice del SEAE di Borrell, il diplomatico francese Charles Fries, vice segretario generale per la sicurezza e la difesa, e l’alto funzionario irlandese Simon Mordue, ex membro del gabinetto di Charles Michel nominato vice segretario generale incaricato degli affari economici e globali? Lasceranno anche loro la nave guidata da Kallas? Secondo le nostre informazioni, ottenute da diverse fonti, anche questi due funzionari sono in partenza.

Nel frattempo, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, rafforza il suo segretariato generale diretto dalla lettone Ilze Juhansone, raggruppando sotto la sua direzione le leve della sua azione esterna: programmi finanziari, commercio, politica dei visti, energia. L’iniziativa è ritenuta “logica per organizzare la coerenza di questi strumenti che vanno un po’ in tutte le direzioni”, ci ha detto una fonte. Ma è soprattutto la conferma che la presidente non cederà questi strumenti a Kaja Kallas. Ursula von der Leyen intende pilotare dal suo ufficio la politica economica estera dell’Ue, richiesta da Mario Draghi nel suo rapporto sulla competitività.

Kallas è una stella la cui luce ha iniziato a sbiadire. La sua aura, quando era primo ministro dell’Estonia, si è rapidamente affievolita dopo la sua nomina al posto di Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, uno dei quattro “top job” dell’Ue. È sempre più apertamente criticata per le sue scelte sbagliate, la sua cattiva gestione, la sua ossessione per la Russia e la sua mancanza di conoscenza del mondo reale, ci hanno confidato molti dei nostri interlocutori.

A sua difesa va detto che la funzione non è per nulla semplice. L’Alto Rappresentante è il volto dell’Ue per la politica estera, ma non ha gli strumenti del potere. Kaja Kallas sapeva cosa l’aspettava. Come primo ministro, quando era un membro del Consiglio europeo, ha visto la rivalità e l’antagonismo tra Josep Borrell e Ursula von der Leyen. Ma “si rifiuta di ascoltare i consigli e fa l’opposto”, si lamenta un alto funzionario europeo.

Passare dal tavolo del Consiglio europeo all’arena delle riunioni dei ministri degli Affari esteri è stato uno shock. Kallas ha pubblicamente riconosciuto la difficoltà della sua missione. L’Unione europea non ha una politica estera comune, si decide all’unanimità e le sue proposte raramente sono state ben accolte finora. La sua iniziativa di mobilitare 40 miliardi di euro per fornire armamenti e capacità militari all’Ucraina è stata un fallimento. L’importo corrisponde agli aiuti militari cumulati degli europei, degli americani e degli altri sostenitori dell’Ucraina nel 2024. Kaja Kallas voleva fare in modo che Kyiv potesse far fronte a una mancanza di finanziamenti o armi in caso di arresto del sostegno americano. Ha preso alla lettera gli impegni dei leader europei di aiutare l’Ucraina “whatever it takes”. Ma la chiave di ripartizione tra gli Stati membri è stata respinta. I 40 miliardi sono stati ridotti a 5 miliardi per l’acquisto di munizioni. Kaja Kallas è rimasta l’ultima responsabile europea a parlare della necessità di aiutare l’Ucraina “fino alla vittoria”. Gli leader europei, invece, sono entrati in una nuova dimensione: i negoziati per un accordo di pace.

L’Alto Rappresentante ha difficoltà a maneggiare il linguaggio diplomatico e dimentica che non è più capo di governo. Scioccata dall’aggressione alla Casa Bianca del presidente americano, Donald Trump, contro quello ucraino, Volodymyr Zelensky, ha messo in discussione la leadership americana in Occidente con un attacco pungente. “Oggi è diventato chiaro che il mondo libero ha bisogno di un nuovo leader”, ha scritto Kallas su X. Il linguaggio della verità è stato giudicato inopportuno ed è considerato un errore diplomatico. Il primo ministro slovacco, Robert Fico, filorusso, le ha inviato una lettera dura per richiamarla all’ordine dopo essere stato esortato a rinunciare a recarsi a Mosca per il 9 maggio. “Signora Kallas, vorrei informarla che sono il primo ministro legittimo della Slovacchia, un paese sovrano. Nessuno mi può ordinare dove andare o non andare”.

Le prese di posizione di Kaja Kallas la onorano, ma i governi europei non le perdonano il fatto di seminare discordia e di complicare le difficili decisioni su cui è richiesta l’unanimità a causa dell’animosità che suscita. È stata smentita martedì dal presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, quando quest’ultimo ha incontrato a Belgrado il presidente serbo Aleksandar Vucic, filorusso, appena tornato da Mosca, dove aveva assistito alla parata del 9 maggio organizzata da Vladimir Putin. Kaja Kallas aveva inviato un avvertimento a Vucic. “Abbiamo detto molto chiaramente che non volevamo che un paese candidato partecipasse a questi eventi il 9 maggio a Mosca”.

“Molte persone mi hanno chiesto di non venire” a Belgrado, ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo. Antonio Costa ha spiegato di aver fatto il viaggio per “chiarire” la visita di Vucic a Mosca. “Dobbiamo avere un allineamento completo nella nostra politica estera e di sicurezza comune”, ha insistito. “La Serbia è pienamente impegnata nel processo di adesione all’Unione europea”. Il tono è molto più diplomatico di quello usato da Kaja Kallas. Antonio Costa e i leader dell’Ue incontreranno i loro omologhi dei paesi dei Balcani occidentali durante il vertice della Comunità politica europea del 16 maggio a Tirana, in Albania, e nessuno vuole tensioni.

L’Alto Rappresentante è in guerra contro la Russia, è in relazioni pessime con gli Stati Uniti, ed è ignorata dalla Cina. La sua intransigenza e il suo parlare franco la marginalizzano all’interno dell’Ue. I suoi rapporti conflittuali con gli Stati e la sua gestione giudicata “dissuasiva” del SEAE le valgono numerose critiche. Kaja Kallas è sulla strada di uno splendido isolamento. “Se l’è ben meritato”, ci ha confidato un ex responsabile europeo.

(Estratto dal Mattinale europeo)

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