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Vi racconto che cosa è successo di poco fico alla Camera

Tutti i dettagli sui subbugli alla Camera dei deputati. I Graffi di Damato

Eh no. Non possono bastare le scuse, per quanto pubbliche, espresse dal presidente della Camera Roberto Fico ai deputati del Pd avendone salutato con sufficienza l’uscita dall’aula di Montecitorio per protesta contro la mancata espulsione del deputato grillino Giuseppe D’Ambrosio, che aveva mimato le manette contro il piddino Gennaro Migliore. Il quale altro non aveva osato fare che contestare, nella discussione sulla riforma dell’articolo 71 della Costituzione, il ricorso al referendum propositivo anche per le leggi penali. Che sarebbe un po’ come legittimare quella specie di referendum col quale Pilato, lavandosi le mani nel processo più famoso e infausto nella storia dell’umanità, lasciò decidere alla folla se mandare sulla croce Gesù o Barabba. E toccò a Gesù.

Sì, lo so bene. Il paragone è forzato. Può sembrare eccessivo. Nel testo della riforma proposta e sostenuta dai grillini è previsto un filtro della Corte Costituzionale prima di arrivare ad un referendum propositivo su una legge penale, ma sotto sotto la sostanza del ragionamento sotteso a quel paragone non cambia. Ed è valido. Lo sapete benissimo.

Con quelle manette mimate contro il suo avversario politico non un avvocato, per fortuna, né un magistrato in aspettativa, ma il fisioterapista pugliese Giuseppe d’Ambrosio ha riproposto quel vomitevole spettacolo giustizialista offerto nel 1993 nella stessa aula parlamentare dal deputato leghista Luca Leoni Orsenigo, che esibiva e reclamava un cappio al collo degli indagati, non condannati, per finanziamento illegale dei partiti, corruzione, concussione e tutti gli altri reati che i magistrati solevano contestare nell’uragano giudiziario della cosiddetta Tangentopoli. Fu uno spettacolo riproposto, sempre alla Camera, e prima ancora di D’Ambrosio, pur senza ricorrere al cappio, dal grillino Alessandro Di Battista nel 2013 e l’anno dopo dal suo compagno di partito Manlio Di Stefano, oggi felicemente -per lui- sottosegretario agli Esteri. E non dico altro se non che l’attuale alleanza di governo fra leghisti e grillini, pur fra i tanti e crescenti contrasti nella maggioranza, dalla Tav alle autonomie differenziate, dalla politica estera ora anche alla vertenza del latte approdata con i pastori sardi al Viminale, conferma un po’ il vecchio proverbio secondo cui Dio li fa e poi li accoppia.

Oltre o più ancora che scusarsi con i deputati del Pd, salutati con sollievo –“arrivederci!”- mentre si allontanavano dall’aula per protesta, salita a quel punto di tono e di metodo con lanci di carte contro il banco della presidenza, il presidente della Camera avrebbe dovuto scusarsi per la sottovalutazione del comportamento del suo collega di gruppo e di partito D’Ambrosio, responsabile della tensione esplosa a Montecitorio. E nei cui riguardi Fico aveva invece ritenuto che bastasse, e forse anche avanzasse, il solito, rituale, direi anche banale richiamo all’ordine. Che non si nega e non si risparmia a nessuno.

Qualsiasi cosa dovesse decidere e annunciare fra qualche giorno il presidente della Camera, visto che ha convocato il collegio dei questori, arriverebbe troppo tardi. E troppo male. Il clima del Paese è già troppo avvelenato per lasciarlo intossicare di più, persino in Parlamento, e per giunta nell’interminabile clima di campagna elettorale procurato dalle scadenze regionali ed europee.

TUTTI I GRAFFI DI DAMATO

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