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Di Maio Salvini

Vi racconto autogol e giochetti di M5S contro Salvini sul caso Diciotti

Che cosa succede davvero tra Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio e Lega di Matteo Salvini? I Graffi di Damato

 

In uno scenario politico più da vignette che da commenti, più da sottintesi che da proclami, più da doppiezze che da chiarezze, più da riserve che da convinzioni, l’annuncio è stato affidato -forse solo per valutarne gli effetti- al Fatto Quotidiano con un titolo di prima pagina. Che dice: “Di Maio compatta i suoi: ok all’autorizzazione a procedere per sequestro” contro il collega di governo Matteo Salvini. Al quale lo stesso Di Maio, come si legge nelle cronache di altri giornali, avrebbe personalmente e amichevolmente esposto l’aggravamento del solito marasma fra i parlamentari e i militanti webeti -direbbe Enrico Mentana- del movimento delle 5 stelle di fronte alla sola ipotesi di concedere la tanto bistrattata “immunità parlamentare” ad un alleato, per giunta del calibro di Salvini. Che dalla nascita del governo si è presa tutta la scena politica, mette costantemente in imbarazzo i grillini su tutti i temi, e non solo quelli della sicurezza, ma soprattutto li fa arretrare elettoralmente ad ogni sondaggio o appuntamento concreto con le urne.

In verità, con la richiesta del cosiddetto tribunale dei ministri di Catania di processare Salvini, nonostante l’archiviazione proposta dall’accusa, per il presunto sequestro di 170 migranti e rotti nella scorsa estate sul pattugliatore Diciotti, della Guardia Costiera, che peraltro li aveva soccorsi in mare salvandoli dall’ennesimo e tragico naufragio, non è in gioco l’immunità parlamentare prevista e disciplinata, per quel che ne è rimasto dopo le amputazioni apportate negli anni di Tangentopoli, dall’articolo 68 della Costituzione. Che mette ora deputati e senatori al riparo non dai processi, ma solo dall’arresto, dalle perquisizioni e dalle intercettazioni senza una preventiva autorizzazione delle Camere di appartenenza.

Questa in gioco con Salvini, contemplata dall’articolo 96 della Costituzione con modifiche apportate nel 1989, è una immunità -se vogliamo ancora chiamarla così- di governo. I cui esponenti, più in particolare “il presidente del Consiglio dei Ministri e i ministri, anche se cessati dalla carica”, sino a 30 anni fa destinati al giudizio della Corte Costituzionale, sono ora “sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale”.

Appartengono alla “giurisdizione ordinaria” i cosiddetti tribunali dei ministri, composti per sorteggio in ogni distretto da tre giudici. Che debbono chiedere l’autorizzazione al Parlamento per processare i loro imputati anche se questi non sono né deputati né senatori. In tal caso la Camera di competenza per l’autorizzazione è il Senato, dove Salvini peraltro è di casa facendone parte. Ma egli è arrivato al vaglio della sua Camera di appartenenza non come senatore, ripeto, provvisto di una immunità da proteggere da eventuali fumi persecutori dei magistrati che se ne occupano, ma come ministro cui una legge costituzionale, non il capriccio suo o di chi gli sta accanto o sopra, conferisce il diritto di derogare ad una norma, pur contestatagli dalla magistratura, di fronte alla necessità di tutelare “un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante” o “un interesse pubblico”. Lo ha letto e ne ha scritto sul Fatto Quotidiano che dirige persino Marco Travaglio, per cui credo che si possa ripeterlo senza paura di offendere la sensibilità dei grillini che non vedono l’ora invece di vedere processare Salvini, e magari anche unirsi a certe opposizioni di sinistra nel sognarlo fra le grate di una cella, come nella vignetta di Giannelli sul Corriere della Sera.

Il dramma politico per i grillini convinti, per la loro scarsa cultura istituzionale e giuridica, di avere a che fare con una edizione qualsiasi della vecchia e odiata immunità parlamentare, e smaniosi quindi di trascinare Salvini sul banco degli imputati e magari poi anche in cella, è che non è per niente scontata la resistenza del leader leghista al processo, pur disponendo lui al Senato di una sicura maggioranza a suo favore. I grillini del sì alla richiesta della magistratura potrebbero essere sostituiti con i più numerosi parlamentari del centrodestra che ha portato Salvini al Parlamento: quelli dei partiti di Silvio Berlusconi e di Giorgia Meloni, già pronti a farlo.

I tempi peraltro giocano terribilmente -almeno per gli interessi e i punti di vista dei grillini- a favore di Salvini. I novanta giorni necessari al passaggio della vicenda Diciotti, chiamiamola così, fra la giunta competente e l’assemblea del Senato coincidono con la campagna elettorale per le europee di maggio, e con quelle regionali ancora più vicine dell’Abruzzo, della Basilicata e della Sardegna, in ordine alfabetico.

A Salvini, barricatosi intanto al Viminale nella gestione della sua linea dura contro sbarchi d’immigrati sulle coste italiane e nel trattamento di quelli approdati negli anni scorsi, conviene affrontare le scadenze elettorali sia con l’elmo di Scipio, e le solite felpe della Polizia o corpi affini, sia con la corona di spine della vittima, e persino del martire. Vedano un po’, i grillini, sia quelli di Di Maio sia quelli di Roberto Fico, come fare meglio autorete.

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